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Publish or perish

In questi giorni sulle pagine di Oggi Scienza vi abbiamo parlato di esperimenti manipolati e di scienziati narcisi, ma cosa sta accadendo nel mondo della scienza e nei laboratori di mezzo mondo?

IL PARCO DELLE BUFALE – L’editoriale comparso sul numero scorso di Nature ha solamente messo nero su bianco quello che era già ben noto, soprattutto nel mondo della ricerca. Gli errori fatti in buona fede ci sono, non costituiscono una novità e sono inevitabili, ma quello che è grave è che talvolta gli errori si trasformano in vere e proprie frodi, a danno non solo della comunità scientifica. La pubblicazione di dati falsi infatti può portare a una progressiva perdita di credibilità della scienza e anche, come nel caso della ricerca biomedica, alla definizione di terapie sbagliate, come nel caso descritto più avanti.

I episodi sono tanti. Quello forse più clamoroso è lo scandalo dello scienziato sudcoreano Hwang Woo-Suk che nel 2004 riuscì a pubblicare su Science dati falsi che millantavano una mai avvenuta clonazione di embrioni umani per ottenere cellule staminali.

I dati pubblicati nel 2007 da Anil Potti della Duke University sono, invece, alla base di una sperimentazione clinica in cui sono stati arruolati 111 pazienti malati di cancro. Proprio ieri il Journal of Clinical Oncology ha ufficializzato il ritiro dell’articolo a causa della irriproducibilità dei dati. Attualmente il ricercatore è stato sospeso e le indagini sono ancora in corso, mentre la sperimentazione è stata bloccata.

Ma anche la fisica ha i suoi esempi clamorosi. Come il tedesco Jan Hendrik Schön, che dopo aver pubblicato diversi articoli sulla fisica dello stato solido e l’elettronica molecolare, vincendo prestigiosi premi, fu smascherato e fu costretto a ritrattare ben otto articoli, sette pubblicati su Nature e uno su Science.

La lista comprende anche il premio Nobel per la medicina Linda Buck, che ha recentemente ritrattato due articoli pubblicati nel 2005 e nel 2006, rispettivamente sulle pagine di PNAS e di Science. Ma questi non sono gli unici. Nel 2008 la Buck aveva già ritrattato una ricerca pubblicata su Nature nel 2001.

 

La dichiarazione apparsa su PNAS dice:

Retraction for “Odor maps in the olfactory cortex,” by Zhihua Zou, Fusheng Li, and Linda B. Buck, which appeared in issue 21, May 24, 2005, of Proc Natl Acad Sci USA (102:7724–7729; first published May 23, 2005; 10.1073/pnas.0503027102). The undersigned authors wish to note the following: “This article described patterns of c-Fos labeling in anterior piriform cortex following exposure of mice to odorants. In efforts to replicate this work, we have observed c-Fos in sparsely distributed neurons, as reported, but we have found no evidence for the reported finding that odorants induce related patterns of c-Fos labeling in the two hemispheres and in different individuals. Inconsistencies have also been found between several images shown in the paper and the original data. Because of these discrepancies, the undersigned authors are retracting the article. We sincerely apologize for any confusion it has caused.”
Fusheng Li
Linda B. Buck

Come spiega l’editoriale di Nature, negli ultimi anni abbiamo assistito ad un incremento di questo fenomeno. Ci sono anche esempi tra i ricercatori italiani. Recentemente Francesca Messa, una studentessa del laboratorio di ematologia di Giuseppe Saglio dell’Università di Torino ha dichiarato di aver pubblicato delle immagini false di cellule viste al microscopio, sostituendole con quelle di un altro esperimento. L’articolo pubblicato sulla rivista Leukemia è stato ovviamente ritirato.

Da un’analisi condotta su 788 articoli ritrattati tra il 2000 e il 2010 si vede che i ricercatori fraudolenti tendono a essere recidivi e avere più di un articolo ritrattato. Quello che Grant Steen ha pubblicato sul Journal of Medical Ethics dimostra che il fenomeno è maggiormente frequente su riviste ad alto impact factor (come a dire “chi imbroglia almeno lo fa per bene”).

Sul sito Retraction Watch, curato da Adam Marcus, caporedattore di una rivista di anestesia e giornalista freelance, e Ivan Oransky, redattore di Reuters Health, si possono trovare continui aggiornamenti sulla validità  delle ricerche.

Ma quali sono i motivi che portano alla pubblicazione di dati falsi? Le ragioni sono diverse. Ci sono innanzitutto le pressioni a pubblicare  a tutti i costi a cui i ricercatori sono sempre più esposti. I finanziamenti vengono assegnati a un ricercatore non solo se ha una buona idea e un progetto realizzabile, ma anche se ha un buon curriculum: più pubblicazioni si hanno e maggiore è la probabilità di ricevere fondi.

La competizione sempre maggiore è quindi la causa principale, ma parte della colpa forse è anche delle riviste, che non sempre verificano accuratamente la veridicità delle ricerche. Nel 2009 la rivista The Open Information Science Journal aveva accettato per la pubblicazione un articolo inventato. Philip Davis, studente di dottorato in comunicazione scientifica alla Cornell University, e Kent Anderson, della Massachussetts Medical Society, inviarono alla rivista un articolo scritto da un programma al computer, SCIgen, in grado di generare articoli mescolando parole in modo casuale. I due hanno generato l’articolo e l’hanno inviato alla rivista che, secondo le modalità della peer review, avrebbe dovuto far verificare i contenuti da altri ricercatori del campo. L’articolo invece venne accettato senza problemi.

Anche noi ci siamo divertiti a scrivere il nostro articolo fasullo con SCIgen, lo potete scaricare qui: Articolo fasullo generato con il programma SCIgen.

Episodi come quelli appena descritti dimostrano la necessità di sviluppare sistemi più efficaci per identificare le frodi scientifiche e impongono una riflessione sul fenomeno del publish or perish che spinge gli scienziati a pubblicare risultati a tutti i costi.

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