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TRON: legacy, ovvero del Nerdvana

Il 29 dicembre esce nelle sale italiane TRON: Legacy, il sequel di un simbolo geek degli anni ’80. Saranno solo effetti speciali, oppure qualcosa di quello che vedremo ci attende nei prossimi decenni?

FUTURO – Prima di Matrix, Wargames e Toy Story c’è stato un film che, usando l’animazione digitale, raccontava di uomini che diventavano programmi, di programmi che si comportavano come persone e di super computer con (s)mania del controllo. Era il lontano 1982 e il film era TRON, una produzione Disney che nonostante gli incassi contenuti (almeno rispetto al budget) si è trasformata in un cult grazie al franchising, cominciato con l’omonimo videogioco uscito nello stesso anno.

Anche tenendo conto delle pressioni del fandom, farne il primo sequel dopo quasi trent’anni potrebbe sembrare una mossa quanto meno singolare e al momento gli incassi in USA di TRON: Legacy non sono all’altezza delle aspettative, ma quello che qui importa è che nella produzione sono stati coinvolti due fisici, con il compito di fornire almeno un qualche plausibilità alle tecnologie che vedremo in azione.

Non ci interessava fare un film sulla tecnologia,  abbiamo fatto in modo che se ne parlasse attraverso il rapporto tra i personaggi […] Volevamo che ci fossero solide basi scientifiche nei momenti chiave dell’intreccio, quindi abbiamo chiamato le persone più brillanti che siamo riusciti a trovare perché ci fornissero le risposte di cui avevamo bisogno. La discussione ha perfezionato alcuni aspetti della storia ed è servita da trampolino per migliorare il film.

ha affermato Joe Kosinski, regista del film, durante il dibattito Science of  TRON che ha seguito una speciale proiezione della pellicola al Disney’s El Capitan Theater a Hollywood lo scorso 20 dicembre.

Le “persone più brillanti” in questione sono Sean Carroll (California Institute of Technology) e John Dick (Jet Propulsion Laboratory, ora in pensione) e il loro cruccio è stato dare plausibilità all’improbabile evento di un essere umano tradotto in pura informazione digitale e catapultato in un cyberuniverso di programmi senzienti, e non sempre socievoli.

Il primo deus ex machina fornito dai fisici è, lo si poteva immaginare, il teletrasporto quantistico assieme alla computazione quantistica.

Per quanto riguarda il cyberuniverso i fisici hanno invece proposto agli autori come giustificazione l’ emergenza unita agli algoritmi genetici: programmi che si organizzano e evolvono autonomamente dato un limitato standard di regole sono già una realtà. Per l’autocoscienza c’è ancora da aspettare un po’.

Sul suo blog Sean Carroll ridimensiona un po’ l’entusiasmo di Kosinski (lamentandosi anche di essere stato convocato dopo la prima bozza di sceneggiatura…): non è un film di fantascienza “dura” e se si è insegnanti, ci si scordi di farlo vedere ai ragazzi per avvicinarli alla scienza, ma non è nemmeno del tutto fantasy.

Un film come TRON non costringe di certo a pensare contro propria volontà: ci si può tranquillamente rilassare, spegnere il cervello e divertirsi. Ma se a pensare siamo già abituati, il piatto è ricco.

Un esperienza simile a quella di Carroll e Dick era capitata tre anni al professor James Kakalios, autore di La fisica dei Supereroi (Einaudi, 2007) che si ritrovò catapultato nel bel mezzo della lavorazione di Watchmen (2009), trasposizione cinematografica della leggendaria graphic novel di Alan Moore. Kakalios non solo fu consulente della produzione per quanto riguardava gli aspetti scientifici, ma poco prima dell’uscita nelle sale è stato protagonista di un breve documentario registrato nei locali della University of Minnesota dove il professore commentava la scienza di Watchmen sullo sfondo delle clip messe a disposizione della Warner Bros, un ruolo graziel al quale si è guadagnato un Emmy.

Tutto questo si deve al programma Science and Entertainment Exchange della National Academy of Science, la cui missione è creare un ponte tra l’industria dell’intrattenimento e gli ambienti scientifici, nella convinzione che lo spettacolo possa essere un grande alleato per presentare al pubblico come veramente funziona (e funzionerà) un mondo in cui la tecnologia è in furiosa evoluzione.

Per concludere, un’ultima chicca per i cinefili: è in cantiere il remake de Il buco nero (1979), un altro film Disney a sfondo fantascientifico e un’altra delusione al botteghino. Anche questa volta, il regista sarà Kosinski. C’è solo da sperare che quelli di Science and Entertainment Exchange riescano di nuovo a metterci lo zampino.

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Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, mi sono formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrivo abitualmente sull’Aula di Scienze Zanichelli, Wired.it, OggiScienza e collaboro con Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione. Ho scritto col pilota di rover marziani Paolo Bellutta il libro di divulgazione "Autisti marziani" (Zanichelli, 2014). Su twitter sono @Radioprozac