IL PARCO DELLE BUFALE

Carta canta?

IL PARCO DELLE BUFALE – Dopo più di 13 anni il “metodo Di Bella” continua a essere tenuto a galla dai media. Recentemente Il Giornale ha dedicato addirittura uno speciale a questa presunta terapia, e vale la pena di spendere qualche parola in proposito visto che, mentre da una parte si ventila il (solito) complotto della medicina/scienza “ufficiale” che si contrappone agli “eretici”, dall’altra si citano delle vere e proprie pubblicazioni (che in qualche modo, evidentemente, non farebbero parte della scienza “mainstream”, tanto per variare il vocabolario) a supporto di questo “metodo”, mai riconosciuto come la rivoluzionaria e definitiva terapia anti-tumore descritta da alcuni giornalisti. Mentre  l’illogicità del complotto è difficile da contrastare, dal momento che per definizione si auto protegge religiosamente da ogni critica (fino ad accusare chi cerca di informare di essere senza rispetto per i malati, come è già capitato nel nostro dossier su CCSVI e sclerosi multipla), è almeno possibile in questo caso rompere l’incantesimo, sempre efficace (almeno superficialmente), del “pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica xyz”.

Il 28 novembre sul sito web di Il Giornale, in una sezione riservata, compare un articolo dal titolo Vi ricordate il metodo Di Bella? Ecco perché ne riparliamo… Nella presentazione si legge:

Chi vive con una diagnosi di cancro è come un naufrago in cerca di un approdo sicuro le strade per raggiungere il quale sono più di una. Così nasce l’idea di questo dibattito. Vogliamo invitare i lettori a farsi un’idea, i malati a studiarsi le pubblicazioni affinchè possano trovare il loro approdo…

Il dibattito in realtà ha pochi appigli, dal momento che il materiale messo a disposizione è costituito in massima parte da testimonianze di ex-pazienti, interviste a supporter della cura come quella a Giuseppe di Bella (figlio di Luigi di Bella morto nel 2003) che riferisce a una TV locale di lavori del Nobel Andrew Schally che, con 40 anni di ritardo, confermerebbero il metodo, il tutto accompagnato da un banner che invita a contattare lo Staff di www.metododibella.it. Fanno eccezione i pareri dell’oncologo Stefano Iacobelli, che lungi dal avallare la “cura” Di Bella e a invitare i pazienti ad abbandonare chemio e interventi chirurgici, riconosce l’attività antitumorale (già ben nota prima dell’avvento alle cronache del Professore) di alcuni principi attivi usati su alcuni tipi di tumore mentre più deciso è il suo collega Umberto Tirelli: non esistono risultati che certifichino i risultati miracolosi dei Dibelliani.

Il cuore della sezione è occupato da un’intervista a una donna di Ferrara che, secondo il parere dei medici, avrebbe dovuto sottoporsi a chemio e intervento, ma che decise di rifiutare.

Cosa successe poi?

“Seguii le prescrizioni di Di Bella. Per 4 anni. Facevo i controllo periodici: Pet, mammografia, ricerca dei marcatori nel sangue, andavo sempre in centri diversi. Ogni volta i medici si informavano sulle medicine che prendevo, ogni volta restavano di stucco: il mio cancro rimpiccioliva progressivamente, a un certo punto è scomparso del tutto. La mia non è una guarigione spontanea, ho preso farmaci potenti che riducono su più fronti la proliferazione cellulare e provocano l’apoptosi (la distruzione) delle cellule maligne, c’era anche un chemioterapico classico, a bassi dosaggi, non ho mai perso capelli, non ho mai avuto nausee e vomito.

Ora la signora sta bene e segue una terapia di mantenimento.

La sua storia clinica secondo l’articolo sarebbe finita su due vere e proprie pubblicazioni scientifiche datate 2011, apparse sulle riviste Neuroendocrinology Lecter (immaginiamo si intendesse Letters) e International Journal of Gynecological Cancer, discusse poi in vari convegni internazionaliSe non altro per il numero di sillabe, due pubblicazioni di questo tipo sembrerebbero parecchio importanti e autorevoli, e soprattutto sono molto recenti. Umberto Tirelli liquida la cosa in questo modo: “Sono riviste di livello medio basso e sono congressi a cui tutti possono partecipare…”

In realtà si tratta di un’analisi riduttiva: se si controllano le pubblicazioni citate, il dibattito promesso scompare totalmente. Per quanto riguarda International Journal of Gynecological Cancer la pubblicazione citata è (vol 21, sup. 3 October 2011). Cercando nell’archivio della rivista è subito chiaro che non è in alcun modo un articolo sottoposto a peer-review: il supplemento è la raccolta degli abstract presentati al diciassettesimo International Meeting of the European Society of Gynaecological Oncology. L’abstract in questione è:

THE BIOLOGICAL TREATMENT [DI BELLA METHOD] HAS IMPROVED SURVIVAL, OBJECTIVE RESPONSE AND PERFORMANCE STATUS IN 121 CASES OF MAMMARY CARCINOMA

G. Di Bella

Di Bella Foundation, Bologna, Italy

Nel caso del multiforme Neuroendocrinology Letters (A peer-reviewed transdisciplinary Journal covering Neuroendocrinology, Neuroscience, Neurophysiology, Neuropsychopharmacology, Psychoneuroimmunology, Reproductive Medicine, Chronobiology and Human Ethology) Giuseppe Di Bella, oltre che come autore, è presente nel board editoriale.

Cercando poi su pubmed, la banca dati che Giuseppe di Bella invita a usare nell’intervista di cui sopra, cercando appunto “Giuseppe Di Bella” (aka Fondazione Di Bella) le pubblicazioni risultano tutte su Neuroendocrinology Letters.

Scrive Il Giornale:

Tuttavia esistono fior di richieste di rimborso ordinate dai giudici . Com’è possibile? Sono centinaia i ricorsi presentati dai pazienti – guariti con la cura Di Bella e non con le chemioterapie, i trapianti di midollo o gli anticorpi monoclonali – e vinti. Carta canta come si sul dire, e infatti, i periti dei tribunali, dopo aver esaminato le cartelle mediche di questo esercito di persone hanno “condannato” lo Stato a pagar loro la cura dibelliana. Un assurdo? Giudicate voi…

Difficile.

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Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, mi sono formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrivo abitualmente sull’Aula di Scienze Zanichelli, Wired.it, OggiScienza e collaboro con Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione. Ho scritto col pilota di rover marziani Paolo Bellutta il libro di divulgazione "Autisti marziani" (Zanichelli, 2014). Su twitter sono @Radioprozac