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Virus neandertaliani nel nostro DNA

239px-DNA_Overview_it_CRONACA – Alcuni di noi custodiscono nel proprio DNA tracce di virus che avevano infettato i nostri dimenticati cugini eurasiatici: l’uomo di Neandertal e l’uomo di Denisova.

I virus – secondo Robert Belshaw e il suo team, proveniente dalle Università di Oxford e Plymouth – si sarebbero originati all’incirca 500.000 anni fa, quando né i neandertaliani, né i denisoviani, né – tantomeno – i Sapiens erano ancora apparsi sulla Terra. Le particelle virali infettarono un imprecisato antenato comune tra le tre specie, che avrebbe poi tramandato il DNA virale nelle specie successive.

Come si spiega nel paper – pubblicato sulla rivista Current Biology – il DNA virale proviene da sequenze localizzate nel cosiddetto DNA spazzatura, il junk DNA. Le sequenze – 7 su 14 di quelle ritenute in precedenza appannaggio esclusivo dei nostri cugini estinti – sono state individuate nel genoma di 67 pazienti malati di cancro.

La scoperta è notevole e ha sorpreso molti addetti ai lavori, soprattutto il team di Jack Lenz dell’Albert Einstein College of Medicine, che in uno studio precedente aveva sequenziati i tratti di DNA virale nei nostri cugini, ma aveva escluso la loro presenza nel nostro DNA. Come si spiega questa contraddizione? I membri del team Lenz avevano utilizzato per la comparazione un genoma umano di riferimento ottenuto dalla combinazione di frammenti provenienti da diversi individui. Per motivi puramente casuali, nei frammenti che costituivano DNA di riferimento non erano presenti i tratti di DNA virale, che sono invece stati rilevati nei genomi dei pazienti indagati da Belshaw.

I risultati del lavoro di Belshaw e colleghi ci fanno sentire ancora più vicini ai nostri antichi cugini, ma ribadiscono nello stesso tempo che fra noi Sapiens ci sono notevoli differenze individuali, soprattutto a carico del DNA spazzatura. “Oggi possiamo trovare individui che condividono loci con i denisoviani o i neandertaliani, ma non con gli altri essere umani attuali”, puntualizza Gkikas Magiorkinis, tra gli autori dello studio.

La scoperta potrebbe avere anche importanti implicazioni biomediche. Potrebbe essere il punto di partenza per indagare in futuro se le sequenze di DNA virale possono scatenare in alcuni casi l’insorgenza di alcune malattie, come si è già osservato negli animali.

Crediti immagini: Mstroeck, Wikimedia Commons

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