CRONACA

Mucche e metano, il cambiamento climatico che non ti aspetti

OLYMPUS DIGITAL CAMERACRONACA – Una nuova ricerca ha indagato le possibilità di rivedere ogni aspetto nella filiera dell’allevamento di bestiame, e selezionare i vari processi in modo da ridurre al minimo possibile le emissioni di gas serra.

Potreste infatti pensare che il cambiamento climatico sia da attribuire solamente alla combustione di petrolio, carbone e gas, ma non dimenticate che l’emissione di metano da parte del bestiame è un fattore sorprendentemente importante. Quello prodotto dalle mucche, per esempio, è un gas serra 25 volte più potente dell’anidride carbonica, e costituisce il 20% delle emissioni provenienti da attività agricole e di allevamento, e l’1% di tutti i gas serra di origine antropogenica.

Lo ha spiegato Phil Garnsworthy dell’Università di Nottingham, il fondatore di un progetto finanziato dall’Ue che prende il nome di Ruminomics e ha come obiettivo utilizzare tecniche innovative e all’avanguardia per ridurre le emissioni di gas serra del bestiame. La chiave del progetto, come spiega Garnsworthy, è che il metano prodotto dal bestiame potrebbe essere dimezzato o ridotto a un terzo sfruttando determinati elementi, come la genetica oppure la dieta con cui vengono alimentati gli animali. È perciò possibile immaginare una mandria di mucche che produca lo stesso volume di latte attuale, ma con minori emissioni.

Come spiega Garnsworthy, infatti, il metano prodotto si potrebbe ridurre fino ad arrivare addirittura a 1/5 di quello attuale, sfruttando un approccio combinato in cui vengono non solo selezionati per la riproduzione gli animali che producono meno emissioni, ma viene anche pensata per loro una dieta modificata.

Diversi ceppi genetici di mucche emettono infatti diversi quantitativi di metano. “Ci sono tre punti importanti: la dieta, la genetica e la microbiologia del rumine. Pensiamo che la genetica influenzi direttamente la microbiologia dell’apparato digestivo, ma questa connessione non è ancora stata provata e siamo ancora in una fase di raccolta dei dati” spiega Lorenzo Morelli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza.

Finora, l’industria europea del bestiame era principalmente interessata a migliorare aspetti come la fertilità degli animali e le loro condizioni fisiche in generale. Secondo Morelli, tuttavia, non dovremo aspettare ancora a lungo prima che il mercato aggiunga la “bassa produzione di metano” alla lista delle caratteristiche ricercate nel bestiame. Una mandria che produce meno metano è infatti più produttiva, perché “il metano è energia che viene sprecata, quando potrebbe essere investita nella produzione di latte. Perciò dobbiamo cercare il giusto mix genetico, e trovare animali meno inquinanti, più produttivi e che portino più guadagno agli agricoltori”, commenta Morelli.

Altri esperti convengono sul fatto che la riduzione delle emissioni di metano sia una priorità, da realizzare principalmente tramite la selezione degli animali. “Il problema è significativo, ma credo che la produzione di metano da questa fonte potrebbe essere ridotta di circa il 10% in 10-15 anni” commenta Yvette de Haas della Wageningen University and Research Centre. “Modificare la dieta degli animali si rifletterebbe direttamente sulla produzione di metano, ma associarvi anche dei genotipi migliori sarebbe ancora preferibile”. Sul lungo termine, genotipi scelti ad hoc significheranno infatti un abbassamento dei costi soprattutto se non sarà richiesta, in parallelo, anche una dieta speciale per gli animali.

Garnsworthy, tuttavia, fa notare che il progetto non è affatto semplice. “Le mucche hanno sia uno stomaco che un rumine, il loro sistema digestivo è molto più complesso e difficile da capire rispetto al nostro”. Le prossime fasi dello studio, secondo De Haas, dovranno infatti comprendere la raccolta di campioni dai rumini degli animali, per osservare la correlazione con la produzione di metano. Nel tempo, questo potrebbe migliorare le pratiche di allevamento di mandrie da latte ma anche da carne, non solo con i bovini ma anche lavorando su altri animali come pecore, cervi e capre.

Crediti immagine: Ian Mannion, Flickr

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".