SALUTE

A Trento un nuovo centro di protonterapia *

800px-Orsay_proton_therapy_dsc04460SALUTE – Curare i tumori sfruttando fasci di protoni: se in Europa ci sono solamente quattro centri che operano la protonterapia (Parigi, Monaco, Essen e Praga), in Italia è praticamente inedita. Entro l’estate il nuovo centro specializzato di Trento comincerà a operare con i primi pazienti.

Il progetto è nato agli inizi degli anni 2000, con l’istituzione di una specifica agenzia come ente della provincia autonoma di Trento (ATreP) che si è occupata della realizzazione e dell’attivazione del centro di protonterapia. “Il centro ora è stato accettato ed è in fase di commissioning, cioè di approntamento delle operazioni per renderlo una facility clinicamente utilizzabile sul paziente”, spiega Maurizio Amichetti, direttore della APSS di Trento (azienda provinciale per i servizi sanitari). “Visto che si tratta di un centro unico a livello nazionale, e che a tutt’oggi le sue prestazioni non sono inserite nei LEA nazionali, si pensa di poter attrarre pazienti non solo locali ma anche nazionali e da oltreconfine, sfruttando i vantaggi della Schengen sanitaria”.

La terapia

La protonterapia è un trattamento radiante di precisione, e appartiene alla stessa famiglia della radioterapia convenzionale.  Viene effettuato con particelle pesanti, i protoni appunto, per curare pazienti affetti da patologie tumorali. “La sua esecuzione richiede la presenza di una sofisticata e costosa apparecchiatura di produzione delle particelle, il ciclotrone, e di un sistema di trasporto del fascio e di rilascio sul paziente (gantry)”, spiega Amichetti. “I fasci di protoni rilasciano la dose nel paziente con estrema precisione, agendo specificamente sul bersaglio e risparmiando i tessuti sani circostanti. In questo modo viene incrementato il controllo sulla malattia e si riducono gli effetti collaterali specialmente in termini di tossicità”.

In Europa i centri di protonterapia sono pochi e hanno cominciato ad operare solo recentemente, per cui i dati ottenuti, anche se pubblicati, arrivano da sottogruppi selezionati di pazienti e non sono ancora maturi. “Pur essendo limitati, i risultati europei sono già molto promettenti”, commenta Amichetti. “Ad oggi, nel mondo sono stati trattati con adroni (nel 90% dei casi protoni) più di 100.000 pazienti con tumori oculari, della base cranica e della colonna vertebrale. Negli ultimi anni si sono aggiunti tumori pediatrici, sarcomi  e tumori della prostata.  Secondo i dati disponibili più recenti (PTCOG – Proton therapy cooperative oncology group, agosto 2013) ci sono già 42 centri nel mondo che utilizzano gli adroni, mentre 40 sono in costruzione o in fase di progettazione. Principalmente si trovano negli USA e in Asia”.

Trattamento di precisione

In linea di principio possono essere trattati con la protonterapia tutti i tumori che normalmente vengono trattati con la tradizionale radioterapia. Nel caso questa presenti livelli di tossicità troppo elevati, tuttavia, o come trattamento per neoplasie localizzate in prossimità di tessuti critici, la protonterapia risulta molto più adatta.

“I vantaggi sono dosimetrici e fisici: visto  l’impegno tecnologico ed economico che comporta un centro di protonterapia, tuttavia, il bersaglio principale è rappresentato in particolare modo da neoplasie complesse e di difficile irradiazione, o quelle che usualmente rispondono poco ai trattamenti con le tecniche tradizionali. O ancora, si usa la protonterapia quando è fondamentale il risparmio dei tessuti sani, ad esempio nel caso di neoplasie pediatriche”, spiega Amichetti. “L’effetto collaterale è quello della radioterapia sulla sede irradiata, ma è di ridotta portata vista la selettività dei fasci di terapia usata. In sostanza comporta dei rischi come la radioterapia, ma si tratta di rischi molto ridotti in frequenza ed entità soprattutto per quanto riguarda gli esiti a distanza, che sono i più pericolosi”.

Il percorso di un paziente che si sottopone alla protonterapia è analogo a quello che avviene in radioterapia. Prevede una attenta valutazione medica seguita dalla visita clinica, la simulazione del trattamento con TAC e RM, la pianificazione computerizzata della terapia e la sua esecuzione in più sedute giornaliere. Il tutto in base alla sede e allo stadio della malattia.

Prospettive

L’investimento sostenuto dalla provincia autonoma di Trento è tutt’altro che marginale, con una spesa di 104 milioni di euro durante i due anni necessari per i lavori di costruzione, ma i vertici dell’amministrazione non hanno dubbi sui risvolti futuri positivi della decisione presa.

“Il nuovo centro rappresenta un investimento significativo per il futuro, sia per i profili clinici sia per quelli di ricerca scientifica” conclude Donata Borgonovo Re, assessore alla sanità della provincia autonoma di Trento. “Vogliamo coltivare il progetto in stretta collaborazione con istituti italiani, europei e internazionali. Inoltre, con la direttiva comunitaria che riconosce il diritto dei pazienti di tutta la Ue di curarsi anche nelle strutture pubbliche di Stati diversi dal proprio, puntiamo a trasformare il centro trentino in un punto di riferimento per i nostri concittadini europei”.

Qui il video di presentazione del nuovo centro di protonterapia, realizzato dall’agenzia GreenPress.

Crediti immagine: David.Monniaux, Wikimedia Commons

*Il titolo originale dell’articolo era “A Trento il primo centro italiano di protonterapia”. È stato modificato il 4 marzo 2014 alle ore 12.20. Come segnalato anche nei commenti, esistono in territorio italiano altre realtà che utilizzano tecniche simili a quella citata nell’articolo quali per esempio il CNAO di Pavia o il policlinico “Gaspare Rodolico” di Catania.
Ci scusiamo per l’imprecisione.
La redazione

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".