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Piccole mamme

Programmi come '16 anni e incinta' puntano i riflettori sulle gravidanze in età adolescenziale. Che hanno particolari fattori di rischio, per la mamma e il bambino

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GRAVIDANZA E DINTORNI – C’è Marta, 17 anni, che studia ragioneria e vive sola con la madre. Come Alessia, 15 anni, che però ha lasciato la scuola. E ancora, ci sono Giulia, 18 anni, che si è appena sposata, e Cristina, stessa età, rimasta a vivere con i genitori. Sono alcune delle protagoniste di 16 anni e incinta, il reality di MTV che racconta vicende ed emozioni di ragazze giovani o giovanissime che stanno per diventare mamme. Teen mom le chiamano negli Stati Uniti, dove – tra mille polemiche – qualche anno fa è nato il format del programma tv. E dove il fenomeno, per quanto in leggero declino, ha le dimensioni di una piaga sociale: nel 2013, sono state 26,5 ogni 1000 le nascite da madri tra i 15 e i 19 anni.

In Italia le cose vanno decisamente meglio, con poco più di 6 nascite ogni 1000 per la stessa fascia d’età (lo abbiamo raccontato anche qui), ma questo non significa che si possa abbassare la guardia. Intanto perché, nonostante un trend generale decrescente, ci sono aree in cui le teen mom sembrano aumentare. È il caso della Lombardia, passata in dieci anni (2002 e 2012) da 1663 a 2033 nascite da mamme con meno di 21 anni (dati Istat ripresi nell’articolo Madri adolescenti: due minori a rischio, pubblicato nel 2014 in Mondo Pediatrico) in parte anche per il contributo dato dalle giovani mamme di origine straniera. E poi perché la gravidanza in adolescenza presenta complicazioni e fattori di rischio specifici, sia per la mamma sia per il bambino.

“Dal punto di vista ostetrico, quella in età adolescenziale, intorno ai 15-16 anni, viene considerata gravidanza a rischio” spiega Cinzia Paolini, ginecologa dell’ambulatorio per le adolescenti in gravidanza dell’Ospedale San Paolo di Milano. “Sono infatti più probabili eventi come parto pretermine, restrizione della crescita fetale, basso peso alla nascita del bambino”. Condizioni che possono dipendere sia dall’immaturità fisica della mamma sia dal fatto che un’adolescente può essere meno propensa ad adottare stili di vita salutari, che possono migliorare l’esito della gravidanza. “Spesso si tratta di ragazze che fumano, non seguono una dieta adeguata, anche rispetto alla possibilità di contrarre infezioni come la toxoplasmosi, hanno comportamenti sessuali che le mettono a rischio di infezioni sessualmente trasmesse”.

Senza contare che tendono a fare meno controlli del previsto. Anche senza prendere in considerazione i casi di negazione della gravidanza, che pure ci sono, è molto frequente che le mamme teen si presentino dal medico a gestazione già avanzata, a volte addirittura nel terzo trimestre. E se vanno a scuola, ogni controllo o esame può diventare un problema.

Anche il parto può rappresentare un momento critico. Certo, i dati di letteratura e le esperienze riportate al San Paolo, come pure al Policlinico Umberto I di Roma, dicono che il parto naturale, per via vaginale, è molto frequente, ma questo non significa che sia una passeggiata. “Spesso le ragazze molto giovani fanno davvero fatica ad affrontare il travaglio e non sempre il loro sviluppo corporeo, che può essere anche incompleto, le rende adatte a partorire in modo naturale” sottolinea Paolini. “Tuttavia, se possibile è preferibile puntare su questo tipo di parto, magari anche con l’aiuto di analgesia (l’epidurale) per evitare la ferita di un taglio cesareo“.

Poi, naturalmente, ci sono tutti gli aspetti psicologici del caso. “La gravidanza durante l’adolescenza porta a un conflitto tra il processo di costruzione della propria identità adulta, che è in piena evoluzione, e la necessità di ristrutturare la propria mente per far posto all’idea di un bambino da accudire e al cambiamento di ruolo, da figlia a genitore” spiega Cristina Riva Crugnola, psicologa dell’Università di Milano Bicocca e responsabile scientifico del progetto SAGA (Servizio di accompagnamento della genitorialità in adolescenza), sviluppato in collaborazione con Regione Lombardia e Ospedale San Paolo proprio per accompagnare e sostenere le giovani mamme durante la gravidanza e nei primi anni di vita del bambino.

Del resto è inevitabile che sia così: per definizione, l’adolescenza è un’età di egoismo, in cui si è molto concentrati su sé stessi, sulle proprie emozioni e sul proprio percorso. Non è per niente facile in questo periodo “sintonizzarsi” sulle esigenze degli altri, specialmente se sono totalizzanti come quelle di un neonato. “Il risultato – commenta la psicologa – è che, rispetto alle donne adulte, queste mamme in attesa hanno poco in mente il loro bambino, oppure hanno aspettative irrealistiche sulla gravidanza e sulla crescita del loro figlio. In genere, faticano a immaginare come sarà, e come sarà prendersi cura di lui”.

“Non è solo una questione di accudimento: di nutrire il piccolo, pulirlo, vestirlo” spiega Riva Crugnola. “In questo, le giovani mamme sono spesso efficienti. La difficoltà sta nel sintonizzarsi sui suoi bisogni emotivi, nel rispondere in modo pronto e intuitivo alle sue emozioni e ai suoi cambiamenti (per esempio trovando il modo giusto per consolarlo quando piange): abilità che vengono considerate alla base del fenomeno dell’attaccamento sicuro, dal quale dipenderebbero un maggior equilibrio psicologico del bambino e migliori competenze sociali”.

Tutto ciò è complicato dalle condizioni sociali, economiche e ambientali in cui, in genere, le mamme adolescenti – specie quelle giovanissime – vivono le loro gravidanze. “Tutti i casi che abbiamo intercettato nei nostri progetti sono casi ‘difficili’, caratterizzati da un livello socioeconomico basso o bassissimo, e spesso da situazioni di trascuratezza quando non proprio di maltrattamenti e abusi” sottolinea la psicologa. Si tratta di condizioni che costituiscono tipici fattori di rischio per una gravidanza in età adolescenziale, insieme al fatto di essere a propria volta figlie di madri giovanissime, di appartenere a una famiglia multiproblematica, in cui spesso il padre è assente, o di avere un basso livello di istruzione. “Di frequente le teen mom non studiano più e magari non lavorano ancora: sono in una situazione di vuoto identitario”.

Con un quadro del genere e in situazioni familiari decisamente complicate – spesso le giovani mamme e i loro bambini rimangono nella famiglia d’origine, il che rappresenta un aiuto fondamentale dal punto di vista economico, ma può costituire una fonte inesauribile di conflitti e tensioni – è inevitabile che le ragazze abbiano difficoltà sia a interagire con il bambino sia a immaginare il proprio futuro e che tendano a soffrire di depressione, prima e dopo il parto, più delle coetanee senza figli e delle mamme adulte. In effetti, se è vero che molti studi indicano un’assocazione tra gravidanza in giovane età e disturbi mentali della mamma (depressione in primis), è anche vero che questa associazione viene molto ridimensionata quando si corregge per fattori confondenti come status socioeconomico e situazione familiare. Allo stesso modo, è difficile anche discriminare quanto alcuni aspetti problematici della vita dei figli di madri adolescenti (per esempio il fatto che tendano a raggiungere punteggi più bassi in test su abilità linguistiche e congnitive, o che tendano ad avere, da adulti, bassi livello di istruzione e di reddito e rischio più alto per abuso di sostanze) dipendano dall’età di mamma  e quanto dal contesto in cui sono sono cresciuti.

Resta comunque il fatto che la gravidanza in giovane età è una situazione fortemente critica – che tra l’altro predispone a ulteriori gravidanze: non sono rare mamme adolescenti con più di un bambino – da prendere in carico in modo il più accurato e multidisciplinare possibile. E rispetto alla quale vale la pena investire in prevenzione. Da questo punto di vista, forse inaspettatamente, sembra che programmi come 16 anni e incinta possano dare una mano. La loro comparsa negli Usa era stata salutata da un coro di critiche: il timore era che la rappresentazione del fenomeno lo avrebbe fatto crescere ulteriormente. Secondo uno studio condotto da Melissa Kearney e Phil Levine del dipartimento di Economia dell’Università del Maryland, però, le cose non sono andate così. Se è vero che il tasso di gravidanze adolescenziali negli Stati Uniti era già in discesa a partire dalla fine degli anni novanta, i dati raccolti dai ricercatori mostrano che questa discesa è andata accelerando proprio a partire dal 2009, l’anno della messa in onda del programma. Secondo Kearney e Levine il reality renderebbe conto – da solo – di un terzo di questo declino.

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Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   Crediti Immagine: Polina Sergeeva, Flickr

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Valentina Murelli
Giornalista scientifica, science writer, editor freelance