TECNOLOGIA

Sogno di un androide di mezza estate

Ovvero, come un'intelligenza artificiale può creare opere suggestive (dopo averle sognate)

gioconda

TECNOLOGIA Ma gli androidi sognano pecore elettriche? Non è una semplice domanda bizzarra, bensì la traduzione del titolo originale di un celebre romanzo di Philip K. Dick, da cui è stato tratto il film Blade Runner. Secondo Google, la risposta a questa domanda è senz’altro sì.

Un gruppo di ricercatori del colosso di Mountain View ha infatti sviluppato una nuova creatura, Deep Dream, ossia una rete neurale innovativa in grado di “deformare” le immagini reali, trasformandole in visioni oniriche. In altri termini, Deep Dream sogna.
E per farlo, sfrutta un fenomeno noto come pareidolia, ossia l’illusione subcosciente che tende a ricondurre a forme note oggetti o profili (naturali o artificiali) dalla forma casuale. Se mai vi è capitato, fissando a lungo un pavimento o una parete decorata, di cominciare a intravedere volti o corpi umani, allora sapete benissimo di che cosa si stia parlando.

Sogno di dipingere e poi dipingo il mio sogno, soleva dire Vincent Van Gogh. E allora, perché non sfruttare Deep Dream e le sue visioni per creare arte? Ci ha già pensato un gruppo di studenti di ingegneria, che ha sviluppato Dreamify, un’applicazione in grado di utilizzare il codice sorgente di Deep Dream per creare arte psichedelica a partire da immagini di oggetti ordinari.

In effetti, in fase di test, i ricercatori di Google si sono resi conto che Deep Dream era in grado di generare risultati davvero sorprendenti, e quindi hanno deciso di diffondere pubblicamente l’algoritmo per consentire a chiunque di sfruttarne le capacità per fini artistici.

Un esempio molto suggestivo: dando in pasto a Deep Dream l’immagine di un cielo striato di nuvole, l’intelligenza artificiale ha iniziato a creare immagini surreali di creature fantastiche che fluttuano nell’aria come cammelli volanti e maiali-lumaca, fondendo insieme nel suo “sogno” elementi differenti provenienti dal mondo reale.

La condivisione pubblica del codice di Deep Dream ha causato una significativa proliferazione in rete di applicazioni, come la stessa Dreamify e Dreamscope, le cui immagini alterate e psichedeliche ormai sono divenute vere e proprie icone del web. Un esempio? La rielaborazione dell’immagine dell’incontro tra il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon ed Elvis Presley:

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È lecito considerare i risultati dei “sogni artificiali” di Deep Dream e dei suoi derivati come arte? Naturalmente, per poter rispondere ad una domanda del genere, occorre avere in mente una definizione del concetto stesso di arte. E qui il percorso diviene tortuoso, perché esistono centinaia di definizioni, tutte rilevanti e condivisibili.
Secondo lo stesso Vincent Van Gogh:

A tutt’oggi, non ho trovato miglior definizione dell’arte di questa, L’arte è l’uomo aggiunto alla natura – natura, realtà, verità. Ma col significato, il concetto, il carattere che l’artista sa trarne, che libera e interpreta.

Consideriamo, a questo punto, l’esempio di AARON, un programma sviluppato dallo scienziato e artista Harold Cohen, le cui opere sono state esposte anche alla Tate Gallery di Londra.

Se le macchine sono in grado di concepire tecniche ed opere originali e creative, fondendo aspetti tipicamente umani a oggetti ispirati alla natura, come nelle immagini di Deep Dream o AARON, che cosa impedisce di considerarle degli artisti in accordo con la definizione di Van Gogh?

Un altro esempio è costituito dal Pittore pazzo, un algoritmo sviluppato dallo scienziato Simon Colton: l’intelligenza artificiale è in grado di fotografare soggetti umani e, basandosi su un proprio “umore”, modificarle per ricavare opere originali. O rifiutarsi di creare, se il suo umore è troppo nero.

Leggi anche: Da soli a pensare? No grazie, meglio fare altro
Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: immagine realizzata con Dreamscope

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Gianpiero Negri
Laureato in Ingegneria Elettronica, un master CNR in meccatronica e robotica e uno in sicurezza funzionale di macchine industriali. Si occupa di ricerca, sviluppo e innovazione di funzioni meccatroniche di sicurezza presso una grande multinazionale del settore automotive. Membro di comitati scientifici (SPS Italia) e di commissioni tecniche ISO, è esperto scientifico del MIUR e della European Commission e revisore di riviste scientifiche internazionali (IEEE Computer society). Sta seguendo attualmente un corso dottorato in matematica e fisica applicata. Appassionato di scienza, tecnologia, in particolare meccatronica, robotica, intelligenza artificiale e matematica applicata, letteratura, cinema e divulgazione scientifica, scrive per Oggiscienza dal 2015.