Un supercomputer per studiare gli anelli di Saturno
Un gruppo di ricercatori ha sfruttato uno dei più potenti computer in Europa per studiare la composizione degli anelli di Saturno
RICERCA – “Non c’è niente di più pratico di una buona teoria” disse lo psicologo Kurt Lewin, e oggi un gruppo di ricercatori russi pare aver applicato la regola alla lettera, utilizzando un supercomputer per studiare gli anelli di Saturno.
Perché alcuni pianeti, come Saturno o Giove, hanno i loro anelli, mentre altri come la Terra o Marte no? È una delle domande più frequenti che ci si pone da bambini la prima volta che si impara come è fatto il Sistema Solare. Ecco una risposta plausibile: occasionalmente, in un passato lontano, alcuni pianeti avevano molto più materiale nelle loro vicinanze rispetto ad altri, sotto forma di polvere. Le particelle di polvere fuse insieme, grazie alle forze gravitazionali, si sono poi aggregate in sistemi più grandi.
Molto abbiamo appreso a proposito degli anelli di Saturno, ma molti altri aspetti sono da sempre un enigma, come la legge che regola la distribuzione della dimensione delle particelle al loro interno, nota come “inverse cube law”. Questa legge implica che l’abbondanza delle particelle di grandezza pari a 2 metri sia 8 volte minore rispetto a quella delle particelle grandi un metro, che l’abbondanza di particelle di 3 metri sia rispettivamente 27 volte minore, e così via. La natura di questa legge però era un mistero, almeno fino a oggi.
Da poco infatti gli scienziati hanno utilizzato uno strumento nuovo per indagare la questione: i supercomputer. A tentare questo approccio un gruppo della Lomonosov Moscow State University, che ha utilizzato Chebyshev, uno dei più potenti computer in Europa. I risultati sono apparsi su PNAS.
Quello che gli scienziati sono riusciti a fare oggi grazie ai supercomputer è costruire un modello matematico che vorrebbe spiegare tutti i processi in atto negli anelli di Saturno, e che al momento ha contribuito a risolvere un vasto sistema di equazioni differenziali.
La scoperta forse più importante è aver chiarito la natura della legge sugli inversi dei cubi. “Ogni volta che un sistema è composto da particelle che possono collidere a bassa velocità e sbriciolarsi in piccoli pezzi che poi si scontrano a grandi velocità – racconta uno degli autori – la distribuzione delle dimensioni delle particelle seguirà proprio la legge degli inverse cubes”.
Ma non solo. Gli anelli di Saturno sono costituiti da particelle di ghiaccio con una piccola aggiunta di materiale roccioso e orbitano attorno al pianeta a una velocità media orbitale molto elevata: 72 000 chilometri orari, mentre le singole velocità hanno valori leggermente diversi. Quando le particelle degli anelli si scontrano a queste basse velocità, si fondono, formando un unico aggregato di particelle. Ma vi è anche un percorso inverso: se una frazione molto piccola di particelle ha una deviazione significativa della sua velocità rispetto alla velocità media, queste particelle velocissime si scontrano con quelle vicine, sbriciolandosi. Questo fenomeno si verifica molto raramente, ma porta a un costante equilibrio fra aggregazione e frammentazione di materia.
Quello che il nuovo modello realizzato grazie al supercomputer suggerisce è la fondatezza dell’ipotesi secondo cui la distribuzione delle particelle a seconda della dimensione sarebbe universale in qualsiasi anello planetario. In altre parole, quello che si osserva su Saturno non sarebbe un’eccezione negli anelli planetari.
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Crediti immagine: NASA Goddard Space Flight Center