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Morti cardiache improvvise nei giovani atleti: qual è la causa?

Un nuovo studio dell'Istituto Monzino apre la strada a nuove ipotesi per capire meglio questa malattia misteriosa

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RICERCA – Non è raro che la cronaca si occupi dei casi di morti improvvise di giovani atleti al culmine della loro carriera, apparentemente inspiegabili e dovute a gravi episodi di insufficienza cardiaca. Giovani che fino a quel momento avevano sempre goduto di ottima salute, e molto seguiti a livello medico. Si tratta nella maggior parte dei casi della cardiomiopatia aritmogena, malattia che rappresenta quasi il 20% delle morti in giovani atleti nel mondo, con un’incidenza di circa 1 su 10 000 negli Stati Uniti, ma con una particolare densità di casi nel Nord-Est della nostra penisola: circa 1 su 2000.

Di questa malattia e della sua origine si sa poco, ma un importante passo in avanti viene dal Centro Cardiologico Monzino di Milano. Secondo uno studio pubblicato su European Heart Journal, le cellule responsabili dell’accumulo di grasso nel ventricolo destro, che porta alla disfunzione cardiaca, in realtà non sarebbero le cellule muscolari del cuore (chiamate cardiomiociti), come si è sempre pensato, ma cellule stromali, quelle che garantiscono il supporto e l’impalcatura del nostro cuore. Una scoperta che apre la strada a nuove ricerche che potrebbero permettere ai ricercatori di capire finalmente la causa di una malattia così grave, diffusa, ma ancora inspiegabile.

La cardiomiopatia aritmogena è causata da una mutazione nel DNA che per ragioni oggi ancora ignote provoca un progressivo accumulo di grasso nel cuore, che ne impedisce il corretto funzionamento e dà origine a cortocircuiti elettrici che possono determinare l’arresto cardiaco. “La morte cardiaca improvvisa è come un Giano bifronte”, ci spiega Giulio Pompilio, Responsabile dell’Unità di Biologia Vascolare e Medicina Rigenerativa al Monzino e professore dell’Università di Milano. “Da un lato i pazienti sviluppano aritmie maligne, dall’altro, nella sua fase progressiva, nel ventricolo destro, ai cardiomiociti si sostituiscono gli adipociti, cioè cellule grasse.”

Siamo dunque di fronte a due problemi distinti: gestire le aritmie, cosa che al momento è possibile solo per via farmacologica e con defibrillatori, e affrontare la disfunzione ventricolare. “Ci siamo concentrati su quest’ultimo punto – prosegue Pompilio – chiedendoci come mai il cuore a un certo punto sostituisse le proprie cellule con cellule grasse e soprattutto quali fossero queste cellule che vengono sostituite.”

Anche se le ipotesi comunemente accettate suggerivano che fossero i cardiomiociti a essere sostituiti, il gruppo di ricerca milanese ha deciso di partire da tutt’altra ipotesi. “Questo perché dai nostri studi è emerso che non ci sono evidenze scientifiche solide tali da farci dare per scontato questo fatto”, precisa Pompilio.

L’idea è stata dunque di sondare la possibilità che un altro tipo di cellule, quelle stromali, che sono le più presenti nel cuore, potessero essere considerate come valide candidate per la formazione di cellule adipose, e i risultati hanno dato ragione a questa ipotesi. Sono state analizzate le biopsie di pazienti e di individui sani, e si è notato che in pazienti con cardiomiopatia aritmogena le cellule stromali hanno una spiccata propensione a diventare adipociti, cioè cellule grasse. “Un risultato che ci fa ragionevolmente supporre che siano queste le vere cellule responsabili della disfunzione cardiaca spesso fatale”.

Il problema al momento è quello della diagnosi precoce della malattia, che non esiste. Per questo uno degli obiettivi per il futuro è mettere a punto una piattaforma di screening farmacologico per capire quali molecole potrebbero rallentare la trasformazione. “Ora abbiamo introdotto un nuovo concetto – conclude Pompilio – ma non è detto che non ci siano altre cellule coinvolte nella genesi della malattia. Bisognerà capire per esempio l’interazione fra le cellule stromali e quelle muscolari, studiare come si influenzano reciprocamente.”

Vi è poi la possibile correlazione con la malattia di Brugada (OggiScienza ne aveva parlato un mese fa), un’altra malattia di cui non si conoscono i meccanismi di causa. La malattia di Brugada si manifesta fra le persone giovani con intense aritmie che non danno né sintomi né avvisaglie, ma che nella maggior parte dei casi si concludono con esito infausto per il paziente.“Potrebbe esserci – ma è tutto da verificare – una correlazione fra la cardiomiopatia aritmogena e il Brugada, che andremo a studiare”, precisa Pompilio.

@CristinaDaRold

Leggi anche: Avere la sindrome di Brugada e non saperlo

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.
Crediti immagine: Roberto Faccenda, Flickr

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.