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Albinismo: la giornata mondiale e l’esperienza di una donna

«La giornata mondiale della consapevolezza sull’albinismo è e deve essere una giornata di festeggiamento, di solidarietà e di sensibilizzazione del pubblico verso questa condizione»

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ATTUALITÀ – Il 13 giugno è la giornata della consapevolezza sull’albinismo. Proclamata dall’ONU nel 2013, è stato un traguardo raggiunto grazie all’attività di molte associazioni nate per tutelare gli albini. La rappresentante della World Albino Alliance (WAA), uno dei promotori di questo risultato, ci racconta la sua esperienza.

«Vorrei tanto tornare indietro di vent’anni e rivedere la persona che all’esame di ammissione alla facoltà di medicina mi disse: ‘Tu non riuscirai mai a diventare un medico’». È sera a Sidney e Shari Parker, presidente della World Albinism Alliance (WAA), si sta preparando per un barby, come chiamano in Australia il barbecue, mentre in Italia sono le dieci del mattino. Shari Parker ha quarantuno anni e tre figli e, grazie a una combinazione tra circostanze fortunate e tenacia, è riuscita a raggiungere gli obiettivi che aveva sempre desiderato nella vita: diventare un medico specialista in riabilitazione e avere una famiglia.

La famiglia

«Sono la più giovane di tre figli. Ho una sorella albina più grande di me di sei anni, Fiona, e un fratello di otto anni maggiore che io chiamo pigmento perché è l’unico dei tre a non essere albino. I miei genitori sono medici e quando è nata mia sorella è stato detto loro di non preoccuparsi: era tutto normale, Fiona poteva esporsi al sole senza problemi. Tuttavia, non era proprio così. A cinque anni mia sorella si ustionò a causa dell’esposizione alle radiazioni solari e dopo accurati controlli le venne diagnosticato l’albinismo oculocutaneo. All’epoca si sapeva ancora poco di questa malattia e i miei genitori iniziarono a documentarsi, prendendo tutte le misure per evitare a Fiona ulteriori problemi. In un primo periodo, entrambe abbiamo frequentato una scuola per ciechi, ma poi i nostri genitori decisero di iscriverci a una scuola normale e ritengo sia stata davvero una scelta molto positiva».

La professione di medico

«Come sono riuscita a laurearmi in medicina? Ho studiato in modo diverso, non per forza più duro rispetto ad altri studenti, ma semplicemente con delle tecniche capaci di adattarsi alla mia condizione. Quando uno dei nostri cinque sensi viene meno, gli altri diventano più recettivi: nel caso della vista, l’udito e il tatto cercano di sopperire a questo deficit. Per cui, con il vecchio walkman, registravo tutte le lezioni e poi le riascoltavo. In ogni caso, dovevo usare l’ingranditore per studiare sui libri, affaticando oltremodo la mia vista, ma l’obiettivo che volevo raggiungere era così importante per me che non consideravo tutto questo come un limite. Poi gli sforzi mi hanno premiata: ho raggiunto la votazione più alta all’esame di specializzazione e ora sono responsabile di un team ospedaliero che si occupa di riabilitazione. Ogni giorno mi devo confrontare con persone affette da altre disabilità: pazienti reduci da ictus, malati di sclerosi multipla o di Alzheimer».

L’attività a tutela degli albini e l’Africa

«Nel corso degli anni, grazie alle opportunità di contatto e relazione che offre internet ho scoperto che esistevano associazioni di albini sparse un po’ in tutto il mondo: nel Regno Unito, negli Stati Uniti o in Canada per citare le più note. Ognuna di queste associazioni lavorava come se fosse un’isola a se stante mentre le problematiche dell’albinismo in Africa iniziavano a diventare sempre più prominenti. Decisi di fare un’esperienza come medico volontario in Tanzania, uno dei paesi africani dove la discriminazione verso gli albini è più forte ma, allora, non conoscevo realmente l’entità del problema. È qui, infatti, che l’albinismo registra la maggiore frequenza e dove persiste una situazione di discriminazione che raggiunge livelli impensabili.

Ero sempre più convinta che proprio grazie all’aiuto di internet sarebbe stato possibile raggiungere le associazioni che iniziavano a svolgere la propria attività a tutela degli albini in Africa e in tutto il resto del mondo. È nata quindi la World Albinism Alliance, una sorta di “Nazioni Unite” degli albini. Ed è stato proprio grazie all’impegno di tutte le associazioni che hanno aderito alla WAA che l’ONU, nel 2014, ha proclamato il 13 giugno di ogni anno come giornata mondiale della consapevolezza sull’albinismo».

I progressi della scienza e la giornata mondiale della consapevolezza

«La ricerca scientifica potrà dare dei contribuiti molto importanti nel miglioramento della vita delle persone con albinismo. Non parlo solo di diagnosi, ma anche di farmaci che sono in grado di stimolare l’attività della tirosinasi, l’enzima implicato nella sintesi della melanina. Si tratta di farmaci già utilizzati nella cura di altre malattie, come Levadopa per il Parkinson o Nitisinone per la tirosinemia.

La giornata mondiale della consapevolezza sull’albinismo è e deve essere una giornata di festeggiamento, di solidarietà e di sensibilizzazione del pubblico verso questa condizione. È la “nostra” giornata e, quindi, credo sia molto importante viverla come il momento per celebrare sia i progressi della scienza nella conoscenza di questa condizione rara, sia il desiderio e il diritto delle persone albine a non essere discriminate in nessun contesto sociale».

Leggi anche: La giornata internazionale dell’albinismo tra discriminazione, belleza e violazione dei diritti umani

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Federica Lavarini
Dopo aver conseguito la laurea in Lettere moderne, ho frequentato il master in Comunicazione della Scienza "Franco Prattico" alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste (SISSA). Sono giornalista pubblicista e scrivo, o ho scritto, su OggiScienza, Wired, La Lettura del Corriere della Sera, Rivista Micron, Il Bo Live, la Repubblica, Scienza in Rete.