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Due secoli di tecnologia in una bicicletta

La storia della bici inizia nel 1817 in Germania con la “Laufmachine" inventata dal barone Karl von Drais e prosegue con innovazioni tecnologiche per i materiali e le forme fino alla bicicletta attuale.

Elisa Longo Borghini, medaglia di bronzo nella prova in linea alle olimpiadi di Rio e oggi impegnata nella prova a cronometro. Crediti immagine: André Karwath aka, Wikimedia Commons

APPROFONDIMENTO – La tappa di apertura del primo Tour de France nel 1903 era lunga 471 km e fu percorsa alla media di 35 km/h, ma le bici usate erano ben diverse da quelle attuali. Quelle che si usano in questi giorni alle olimpiadi, per esempio oggi nella prova a cronometro (e che hanno tradito Nibali), sono infatti una raccolta di invenzioni e innovazioni introdotte nel tempo che le hanno profondamente trasformate rispetto alle loro antenate. La storia della bici inizia nel 1817 in Germania con la “Laufmachine” (macchina da corsa), inventata dal barone Karl von Drais e chiamata in seguito dalla draisine (in Italia velocipede). Con essa il barone percorse la distanza di 13 km in meno di un’ora. Come le bici odierne aveva un manubrio e due ruote allineate, ma solo il freno posteriore. Fu il primo mezzo del genere a essere effettivamente usato per il trasporto ed ebbe anche un certo successo anche se di breve durata. Era di legno, pesava 22 kg, per muoversi bisognava spingersi con i piedi ed era dotato di boccole d’ottone come cuscinetti.

La prima fondamentale innovazione, i pedali, arrivarono solo 40 anni più tardi con il biciclo che ebbe un notevole successo negli anni ’60 del 1800 a Parigi. Aveva la ruota anteriore molto più grande della posteriore e i pedali la azionavano direttamente. L’utilizzo dell’acciaio al posto del legno aveva portato il peso a 45 kg ma l’introduzione dei cuscinetti a sfera e quella dei copertoni di gomma solida (prima le ruote, in legno, erano foderate di acciaio) aveva reso più agevole il suo utilizzo. L’introduzione delle ruote a raggi rese queste ultime più solide e rigide.

Lo sviluppo di ruote anteriori sempre più grandi in modo da garantire la maggior efficienza di pedalata aveva reso i bicicli insicuri: il ciclista doveva stare appollaiato sopra la ruota anteriore a oltre un metro d’altezza. Senza contare che era molto difficile continuare a pedalare mentre si era in curva con la ruota girata.

Fu nel 1884 che l’inglese John K. Starley costruì un modello a trazione posteriore efficace, migliorando nettamente la sicurezza, grazie alla catena di trasmissione che trasmetteva il moto dei pedali alla ruota posteriore. Fu la prima “safety bicycle” di successo e fu denominata “Rover” da Starley: aveva ruote di pari grandezza, risultando molto simile alle attuali biciclette. La successiva innovazione fondamentale consentì invece di aumentare la comodità: gli pneumatici, inventati da John Boyd Dunlop nel 1888 andarono a sostituire la gomma piena e furono un vero toccasana per i ciclisti. Le biciclette erano così diventate confortevoli, sicure e veloci e questo le rese molto popolari e un diffuso mezzo di trasporto. Nel frattempo erano migliorati anche i freni e si era passati dai freni a cucchiaio, che facevano attrito direttamente sulla gomma, ai moderni freni a tamburo che invece agiscono direttamente sul cerchio.

Con il Modello K della Ford e l’imposizione dell’automobile, nei primi del ‘900 la bicicletta come mezzo di trasporto di massa andò in crisi e fu relegata progressivamente allo sport e a giocattolo per bambini. È come mezzo sportivo però che la bici continuò la sua evoluzione. Fu in questo periodo che le biciclette cominciarono a differenziarsi sempre di più a seconda dell’uso: nacquero così le bici da passaggio e da corsa.

Le gare ciclistiche stavano diventando in quegli anni sempre più popolari. Erano corse massacranti, lunghe occasionalmente fino a mille km, che si correvano anche di notte su strade spesso sterrate. Il Tour de France fu la prima corsa a tappe, seguita nel 1909 dal Giro d’Italia. La bici con cui Garin vinse il primo Tour pesava ben 18 kg ed era senza marce. In seguito diventò possibile utilizzare due marce. La ruota posteriore aveva due corone, una per lato, di diversa grandezza e per cambiare marcia bisognava fermarsi e cambiare lato alla catena. In realtà già dagli anni ’10 del ‘900 erano stati inventati i primi cambi, ma il loro utilizzo non fu concesso nelle corse fino al 1930. Fu con biciclette come quella di Garin che si affrontarono per la prima volta i Pirenei al Tour de France tra cui il colle del Tourmalet (la strada cattiva), una salita all’epoca sterrata di 19 km con un dislivello 1400 m.  “Assassini!” fu l’accusa rivolta agli organizzatori da Lapize, che poi vinse quell’edizione. Solo un ciclista, Garrigou, riuscì a non mettere i piedi a terra. I primi cambi avevano poche marce ed erano di difficile utilizzo, ma ben presto fu sviluppato l’attuale sistema del deragliatore collegato tramite fili alle leve per effettuare la cambiata, all’epoca poste sul tubo obliquo del telaio.

Fino agli anni ’70 le biciclette non subirono più particolari innovazioni se non un continuo calo del peso e un aumento del numero di marce. Durante gli anni ’70 cominciò a diffondersi in America il ciclismo fuori strada che portò alla nascita delle mountain bike che per prime montarono le leve del cambio sul manubrio, soluzione che negli anni successivi si diffuse in tutti gli altri tipi di bici. Sulle mountain bike tra gli anni ’80 e gli anni ’90 comparvero anche gli ammortizzatori. Un’innovazione che invece interessò il ciclismo su strada furono i primi studi di aerodinamica che portarono all’introduzione delle ruote lenticolari, ideate dal professor Antonio Dal Monte. Queste, anche se più pesanti, sono molto più aerodinamiche rispetto alle ruote a raggi e furono utilizzate per la prima volta da Moser nel 1984 nella vittoria della cronometro decisiva al Giro d’Italia e nella conquista del record dell’ora. Questi studi hanno portato anche all’introduzione delle ruote ad alto profilo, ruote con un cerchio molto alto che tendono a combinare le caratteristiche di ruote lenticolari e ruote a raggi.

La maggiore innovazione nelle biciclette moderne riguarda però i materiali. Già negli anni ’70 erano iniziati esperimenti sull’uso dell’alluminio, molto più leggero dell’acciaio*, ma molto più complesso da lavorare. Negli anni ’90, grazie a un abbassamento dei costi e un miglioramento delle tecniche di lavorazione, l’alluminio si impose prima nel ciclismo professionista poi in quello amatoriale portando una notevolissima diminuzione del peso. A seguito dell’alluminio arrivarono anche il titanio, il magnesio e soprattutto il carbonio, ancora più leggero e molto più rigido. Questi hanno sostituito l’acciaio quasi ovunque dal manubrio ai raggi delle ruote, portando le bici a pesi complessivi inferiori ai 6 kg (i più moderni telai in carbonio pesano meno di 1 kg). L’utilizzo dei nuovi materiali ha consentito inoltre di sperimentare diverse geometrie di telaio e nuove sezioni dei tubi che lo compongono rendendoli più aerodinamici. Nel 2004 l’UCI (Unione Ciclistica Internazionale) decise per ragioni di costi e di sicurezza di imporre un peso minimo di 6,8 kg alle bici da corsa.

Il grande sviluppo delle discipline fuori strada ha portato invece a un notevole miglioramento dei freni. Oggi i freni a disco stanno soppiantando quelli classici ovunque anche se sembra che l’UCI voglia proibirli nelle competizioni su strada a causa della loro pericolosità nelle cadute in gruppo.

Anche le selle nel corso degli anni hanno subito cambiamenti drastici. I vecchi sellini erano in pelle, molto rigidi e pesanti. Nel corso degli anni l’imbottitura è migliorata e il rivestimento è diventato sintetico. Negli ultimi 20 anni anche i sellini sono diventati un vero prodotto tecnologico, con design e materiali attentamente studiati per migliorare il comfort e ridurre il peso.

Gli anni ’90 sono anche il periodo che vede l’affermazione dei primi modelli di bicicletta a pedalata assistita, che tramite una batteria e un motogeneratore supportano il ciclista nello sforzo fisico. Nel corso degli ultimi 20 anni la capacità delle batterie è notevolmente aumentata e il peso diminuito al punto che oggi l’UCI esegue controlli sulle bici con telecamere termiche durante le corse dato che è possibile nascondere batterie e motogeneratore all’interno del telaio falsando le prestazioni.

L’innovazione più recente nel ciclismo è il cambio elettronico, che negli ultimissimi anni nel ciclismo professionista ha soppiantato il cambio meccanico. Questo cambio permette di fare a meno dei fili in quanto il comando dato dal ciclista sul manubrio viene trasmesso via wireless al meccanismo del cambio ed è quello che useranno i ciclisti nella prova a cronometro di quest’oggi.

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Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

* 11 agosto 2016: eliminato “e più rigido”

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Vincenzo Senzatela
Appassionato di scienze fin da giovane ho studiato astrofisica e cosmologia a Bologna. In seguito ho conseguito il master in Comunicazione della Scienza alla SISSA e ora mi occupo di divulgazione scientifica e giornalismo ambientale