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Una scuola diversa

Il metodo Montessori, la scuola Steineriana, il Reggio Approach di Loris Malaguzzi o l'educazione democratica e libertaria sono alcune delle principali alternative che potrebbero scegliere i genitori che si apprestano a iscrivere un figlio a scuola

Molte famiglie scelgono metodi di insegnamento alternativi: non riconoscono più l’impostazione tradizionale capace di fornire un’istruzione solida o un’infanzia serena ai loro figli. Crediti immagine: mozlase, Pixabay

SPECIALE SETTEMBRE – La campanella è suonata ormai per tutti, ma tra i tradizionali banchi di scuola non hanno preso posto alcuni studenti, che hanno preferito seguire percorsi alternativi alla didattica comunemente offerta. E talvolta sono riusciti a scegliere questi percorsi senza dover rinunciare alle scuole pubbliche nazionali, che hanno abbracciato le alternative. Il metodo Montessori, la scuola Steineriana, il Reggio Approach di Loris Malaguzzi o l’educazione democratica e libertaria sono alcune delle principali alternative che potrebbero scegliere i genitori che si apprestano a iscrivere un figlio a scuola.

Ma vediamo in cosa consistono questi metodi e quanto sono diffusi in Italia. Il Metodo Montessori è fondato sulla massima fiducia nell’interesse spontaneo del bambino, nel suo impulso naturale ad agire e conoscere.  Secondo tale metodo, ogni bambino sarebbe in grado di predisporre un proprio percorso di apprendimento, se collocato in un ambiete organizzato per tale scopo. L’autonomia del bambino è in assoluto la caratteristica posta al centro di questo metodo educativo.

In una scuola montessoriana, l’adulto deve saper costruire un ambiente capace di  suscitare gli interessi che via via si manifestano e maturano nel bambino e deve evitare, con interventi inopportuni, un ruolo di disturbo allo svolgimento del lavoro, pratico e psichico, a cui ciascun bambino va dedicandosi. In tale contesto, il bimbo sviluppa le sue capacità psichiche e intellettuali secondo i ritmi individuali e con piacere, senza il ricorso a premi o punizioni. Nel mettere in pratica questo metodo non ci si può improvvisare: gli insegnanti che si dedicano a questo tipo di insegnamento hanno seguito corsi di formazione per cui l’Opera Nazionale Montessori è stata riconosciuta come ente accreditato a livello ministeriale. Presenti più a Nord che a Sud, le scuole montessoriane coprono soprattutto il periodo dell’infanzia e delle elementari, ma non mancano alcuni istituti dedicati agli adolescenti anche sul territorio nazionale.

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La suola Steineriana è diffusa soprattutto in Europa e, a livello mondiale, si contano circa un migliaio di scuole. In Italia sono 85, distribuite soprattutto nelle regioni settentrionali e sostenute da comitati di genitori che credono nel metodo. Ancora una volta tale metodo didattico prevede di lasciare libero il bambino di sviluppare tutte le sue potenzialità, senza imposizioni e condizionamenti. Nelle scuole inventate da Steiner trovano posto i lavori artigianali e le attività artistiche, cioè accanto ad attività di apprendimento condiviso con la classe e attraverso il rapporto con l’insegnante sono previste anche lezioni di pittura, scultura e musica,  maglia e cucito, lavorazione del legno o del metallo e giardinaggio. Steiner e Montessori hanno alcune visioni comuni: credono nel potenziale del bambino e nello sviluppo della sua autonomia; non pensano a una scuola fondata sul sistema dei voti; propongono un ambiente a misura di bambino; danno all’arte un ruolo importante.

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Anche la Rete per l’Educazione Libertaria rifugge un metodo di insegnamento adultocentrico, per spostare l’attenzione alle aspirazioni e alle decisioni prese dai ragazzi in merito alla propria istruzione. Le parole chiave sono di nuovo l’autonomia, la libertà e il riconoscimento delle capacità. L’educatore si colloca sullo stesso piano del bambino e si limita ad accompagnarlo nel suo percorso di apprendimento. Sul territorio nazionale sono presenti vari gruppi che sostengono i principi dell’educazione libertaria e sono anche sorte sette scuole ispirate a tale metodo. Le scuole si trovano a Verona, Bologna, Genova, Brindisi, Ancona, Modena e Milano.

Il metodo Feuerstein è dedicato soprattutto ai bambini portatori di handicap, affinché possano raggiungere livelli di funzionamento cognitivo più elevati. Feuerstein è infatti responsabile della teoria della modificabilità cognitiva e dell’esperienza di apprendimento mediato. I fatti dell’Olocausto di cui è stato testimone il fondatore del metodo e l’evoluzione che i bambini e i ragazzi hanno dimostrato  anche dopo aver affrontato un’esperienza così terribile, hanno permesso a Feuerstein di elaborare questa teoria sulla capacità di modificarsi dei processi congnitivi.

Secondo il metodo Feurstein, ogni individuo non può che essere osservato nella sua integrità e deve sempre essere considerato come una persona con un potenziale latente, cioè con capacità ancora da sviluppare. La modificazione dei processi congnitivi  e il loro potenziamento possono avvenire attraverso un processo di apprendimento mediato. Nel metodo Feuerstein viene data grande importanza al processo, cioè al modo in cui un compito viene risolto, piuttosto che al risultato o al contenuto in sè. Anche in questo caso, per le insegnanti serve un percorso formativo particolare e difficile è quantificare la diffusione del metodo, dato che spesso si integra nel percorso scolastico tradizionale.

Il Reggio Approach, si è sviluppato nel territorio di Reggio Emilia sotto l’impulso di Loris Malaguzzi. Di nuovo al centro del metodo c’è il riconoscimento delle forti potenzialità dell’individuo. Proprio per lasciare libero sviluppo a tali potenzialità, le scuole del Comune di Reggio Emilia si sono dotate di spazi atelier, ossia di aree in cui viene offerta quotidianamente ai bambini la possibilità di avere incontri con più materiali, più linguaggi, più punti di vista. L’approccio sperimentale di questo modello è stato utilizzato come spunto in molti paesi, tanto che oggi si è costituito un network internazionale di scuole basate su tale modello in 32 Paesi a livello internazionale.

Sempre a sviluppo locale è il metodo della Scuola senza Zaino, inaugurato nella regione Toscana. Il modello prende spunto dal confronto tra la vita del lavoratore, che trova gli strumenti di lavoro in azienda, e il bambino che invece è costretto a portare i suoi “attrezzi” da casa a scuola ogni giorno. Creare a scuola ambienti più accoglienti e ospitali non è solo una questione di arredamento, ma si traduce in un approccio più attento alla comunità, dove ciascuno diventa responsabile dei talenti propri e degli altri, nel rispetto dell’originalità e dei bisogni di tutti.

Il metodo didattico praticato in queste scuole non è quindi di tipo trasmissivo e impartito dall’alto, ma è caratterizzato  dalla condivisione, dalla cooperazione e dalla co-costruzione del sapere, attraverso una varietà di strumenti sia tattili che digitali messi a disposizione all’interno della classe.
Oggi hanno aderito a questo metodo più di 160 scuole, collocate soprattutto nel territorio toscano, nel Nord Italia e in Puglia.

Accanto a questi metodi che comunque si collocano in un contesto scolastico, si stanno diffondendo anche scuole fuori dagli istituti tradizionali. Sotto il nome di HomeSchooling si riconosce il metodo secondo cui la scuola si può organizzare anche a casa, dove i genitori sono i responsabili dell’educazione dei propri figli. Se qualcuno sceglie questa strada per motivi personali, che vanno dalla lontananza fisica dalla scuola o da problemi familiari di altro tipo, sono sempre più numerose le famiglie che prendono una decisione consapevole in tale direzione.

In generale, molte famiglie scelgono questi metodi alternativi perché non riconoscono più l’impostazione tradizionale come un  sistema capace di fornire un’istruzione solida o un’infanzia serena ai loro figli. Affacciarsi a questi metodi scelti volontariamente da famiglie e insegnanti che credono nel potere di metodologie didattiche differenti, resta un’occasione per ripensare anche alle forme più tradizionali di insegnamento.

@AnnoviGiulia

Leggi anche: Orti didattici, mani tra le piante per imparare (anche a mangiare)

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Giulia Annovi
Mi occupo di scienza e innovazione, con un occhio speciale ai dati, al mondo della ricerca e all'uso dei social media in ambito accademico e sanitario. Sono interessata alla salute, all'ambiente e, nel mondo microscopico, alle proteine.