IL PARCO DELLE BUFALE

Fine della lista di Beall

Scholarly OA, il sito sul quale Jeffrey Beall denunciava le pratiche disoneste di riviste e conferenze pseudo-scientifiche, è stato cancellato dopo anni di minacce.

Sunto grafico delle linee guida per riconoscere gli editori predoni, dell’Università di Stonybrook

IL PARCO DELLE BUFALE – Jeffrey Beall è il professore associato e bibliotecario dell’Università del Colorado a Denver che dal 2010, impressionato dalla quantità di editori “scientifici” che in cambio di soldi pubblicano qualunque cosa, ne elencava via via le riviste sul sito Scholarly OA, durante il tempo libero. Era un suo volontariato in difesa dell’integrità della ricerca. Domenica ha cancellato il sito senza dare spiegazioni, poco dopo aver pubblicato l’elenco aggiornato al 2017.

Dalle riviste scoperte da Beall provengono alcune delle bufale più spettacolari mai entrate in questo Parco. Per fortuna della sua custode, e dei ricercatori che tengono alla propria reputazione, gran parte del suo lavoro è salvato dalla Wayback Machine

e ripubblicato da almeno un sito appena creato.

L’annuncio è stato dato da Federick Fenter, che sembra prelevare articoli da Nature in violazione del copyright, e dal 2015 guida l’offensiva anti-Beall, aveva rivelato Leonid Schneider, grande cacciatore di bufale (nota 1). Fenter è direttore editoriale di Frontiers, ora del gruppo Holtzbrinck, un predone secondo Beall e non solo lui.

Per l’integrità della scienza e della sua editoria è una brutta notizia. Si tratta dell’unico elenco non finanziato da editori e quindi non soggetto alle loro pressioni, anche se parecchi avevano minacciato querele e uno aveva addirittura chiesto risarcimenti per un miliardo di dollari. Le opinioni di Beall sull’open access, a suo avviso vittima in generale del modello “chi pubblica paga” hanno suscitato polemiche e molta ostilità. È testardo e poco diplomatico per di più, ma nessuno ha mai messo in dubbio la sua competenza e la sua l’onestà. E la custode del Parco conosce la pazienza con la quale aiuta gli estranei a non prendere lucciole per lanterne.

La sua decisione e il rifiuto di motivarla hanno fatto pensare molti commentatori a una causa legale persa o a un passaggio “nel privato”. Su twitter, il fondatore della Cabell’s, una società di servizi editoriali che intende fornire tra poco un elenco analogo e con la quale collaborava, dice di non essere coinvolta nella decisione, e aggiunge:

@CabellsPublish sta con l’amico personale @Jeffrey_Beall che è stato costretto a chiudere il blog a causa di minacce & politica #academicmafia

In un comunicato inviato a Retraction Watch, l’Università del Colorado scrive che non è stato licenziato, come chiedeva Fender e che non c’è stata alcuna causa legale. Da quest’anno, il professor Beall si dedicherà “ad altra ricerca” (2).

Note

  1. Leonid Schneider, costretto da un’ingiunzione del tribunale a cancellare da un suo post un paragrafo su (e tratto da un libro su) collaboratori di Paolo Macchiarini, raccoglie firme sotto una lettera di solidarietà del professor Cantera.
  2. Sono usciti parecchi articoli sulla “misteriosa” scomparsa di Scholarly O A, per esempio su Nature, Science Insider, Retraction Watch, Inside Higher Ed. Aggiornamenti da Emil Karlsson.

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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