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Gabon, in 10 anni sterminati 25000 elefanti

Gli scienziati spingono per un riconoscimento degli elefanti delle foreste come specie a sé stante, per poter dare loro il supporto necessario contro una crisi chiamata bracconaggio

elefante foreste gabon
Gli elefanti delle foreste sono più piccoli di quelli della savana e hanno zanne meno curvate. Crediti immagine: Nathan Williamson for Gabon National Parks

AMBIENTE – Nel giro di dieci anni il Gabon ha perso più dell’80% dei suoi elefanti africani delle foreste (Loxodonta cyclotis), qualcosa come 25 000 animali finiti vittime del bracconaggio. Sono i numeri impressionanti riportati da uno studio appena pubblicato su Current Biology: gli scienziati, amareggiati, sono rimasti stupiti di trovare un crollo simile in un periodo tanto breve e per di più in quello che è considerato un santuario per la popolazione degli elefanti, il Minkébé National Park, 7520 chilometri quadrati di area protetta. Secondo le stime, in tutta l’Africa Centrale sopravvivevano meno di 100 000 elefanti delle foreste. Il Gabon, dove vive almeno la metà dei superstiti, è la loro ultima roccaforte.

Nonostante il parco sia addirittura di oltre il 30% più grande rispetto ad altre aree protette dell’Africa centrale e occidentale, non è una garanzia. “Non possiamo più assumere che le grandi – e apparentemente remote – aree protette saranno in grado di proteggere le specie. I bracconieri vanno ovunque possa esserci un guadagno”, spiega in un comunicato John Poulsen della Duke University, membro della Agence Nationale des Parcs Nationaux in Gabon.

La maggior parte dei cacciatori di frodo arriva infatti dal confinante Camerun, la cui strada principale corre a poco più di cinque chilometri di distanza dal parco. Un’ulteriore prova che i governi e le agenzie di conservazione dovrebbero unire gli sforzi: “le specie attraversano i confini e lo stesso fanno i bracconieri”.

Nel 2004 la popolazione di elefanti del Gabon era stata stimata dal gruppo di Poulsen attraverso un classico metodo di monitoraggio, l’analisi degli escrementi. Confrontando con quei numeri la stima più recente a disposizione, effettuata sempre da loro nel 2014 con lo stesso metodo, gli scienziati si sono trovati di fronte questo quadro desolante e a dir poco allarmante.

Pachidermi sul filo del rasoio

Le analisi sugli escrementi sono una risorsa molto utile per monitorare gli elefanti della foresta, che sono praticamente impossibili da individuare da un aereo come si fa con gli elefanti di savana (Loxodonta africana) velocizzando il censimento. Il declino di questi ultimi è, come noto, gravissimo: nel 2016 il Great Elephant Census, il più ampio studio mai condotto sugli elefanti di savana attraverso l’intero continente africano, ha stimato che sopravvivessero poco più di 350 000 esemplari in 18 Paesi. Ogni anno vengono massacrati almeno 27 000 elefanti e anche in questo caso il Camerun spicca per la gravità del bracconaggio: i ricercatori hanno individuato meno di 150 elefanti della savana nella parte settentrionale del Paese, costellato in compenso di carcasse.

Di recente la Cina ha annunciato che entro la fine del 2017 metterà al bando il commercio interno di avorio, anche quello legale; la domanda del mercato cinese, dove si stima finisca ben oltre metà dell’avorio africano, finora non ha conosciuto limiti. Se questo divieto verrà messo in atto si tratterà di una decisione storica e probabilmente l’unico modo per cambiare davvero le sorti degli elefanti africani. “La comunità internazionale dovrebbe mettere pressioni sulle altre nazioni che ancora permettono il commercio, affinché quello legale venga fermato. Abbiamo bisogno di fondi per la conservazione, e che ci sia una volontà politica di metter fine al massacro”, conferma Poulsen.

Uno o due elefanti

Insieme al suo gruppo di ricerca, lo scienziato è anche un fervido sostenitore del riconoscimento degli elefanti della foresta come specie distinta, un passo che renderebbe più semplici i provvedimenti per la loro tutela ma che è oggetto di discussione ormai da moltissimi anni. Le evidenze genetiche (sei milioni di anni dalla separazione) e morfologiche (sono più piccoli, hanno zanne meno curvate) puntano in tale direzione e finalmente attirerebbero l’attenzione su questi elefanti che spesso passano in secondo piano.

“Per quanto ne so tutte le prove, e ora sono tante, supportano l’esistenza di due specie [di elefante africano] mentre non ci sono evidenze a supporto di un sola”, commentava in un’intervista al Guardian Nick Georgiadis, ricercatore del Puget Sound Institute e co-autore di un paper sul tema pubblicato nel 2015. Secondo lui non ci sono mai state prove obiettive a sostegno dell’esistenza di un’unica specie di elefante africano, ma solo “alcune preferenze soggettive che sono diventate un dogma”.

Il futuro dei pachidermi

Nonostante il tragico quadro emerso dal suo lavoro, Poulsen dice di essere ottimista riguardo alla sopravvivenza degli elefanti della foresta, anche se immagina che sarà circoscritta a piccole e ristrette aree protette. Il loro declino, in quanto specie ingegnere che plasma gli ecosistemi in modo unico, avrà importanti effetti su tutti gli habitat. “Sappiamo veramente poco su come rimuovere gli elefanti da grandi aree delle foreste dell’Africa centrale si rifletterà sulla composizione e sulla struttura delle foreste stesse, e di conseguenza sui servizi ecosistemici che forniscono”.

A ottobre 2016, alla conferenza CoP17 CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione) è fallito il tentativo di includere gli elefanti africani nell’Appendice 1 della convenzione, che riguarda specie gravemente a rischio per le quali è vietato il commercio in ogni forma. Il timore delle autorità era che il provvedimento avrebbe portato molte nazioni a chiamarsi fuori da qualsiasi tipo di restrizione sul commercio dell’avorio, lo stesso fattore che – scrivono Poulsen e colleghi nel loro articolo – contribuisce a far sì che l’African Elephant Specialist Group della IUCN non riconosca l’elefante delle foreste come specie a sé stante.

Inutile dire che i ricercatori sostengono caldamente entrambi i provvedimenti, affinché gli elefanti delle foreste possano ricevere il supporto di cui hanno bisogno per scongiurare l’estinzione.

@Eleonoraseeing

Leggi anche: Perché gli elefanti non hanno quasi mai il cancro

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".