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Sequenziato il genoma dei tumori del pancreas

I risultati, pubblicati su Nature, aprono la strada a nuove possibili terapie personalizzate per i tumori neuroendocrini.

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Conoscere il genoma dei diversi tipi di tumore potrebbe permettere di identificare le mutazioni responsabili delle patologie, e intervenire con terapie personalizzate. Crediti immagine: Shaury Nash, Flickr

SCOPERTE – Uno degli elementi cardine della moderna oncologia è la possibilità di mettere a punto delle terapie sempre più specifiche a seconda delle caratteristiche, anche genetiche, del paziente: il tentativo che può riassumersi con il nome di medicina personalizzata. Si tratta di un paradigma che comprende in sé una serie di obiettivi, fra cui la codifica del genoma dei diversi tumori per decriptarne il panorama delle possibili mutazioni genetiche. Non dimentichiamo, per fare un paragone, che le mutazioni dei tumori sono tantissime, nell’ordine delle migliaia, contro le poche decine responsabili delle altre patologie, mutazioni che possono avvenire in diversi processi cellulari.

Un gruppo di scienziati del centro di ricerca Università di Verona e dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata, diretto dall’anatomopatologo Aldo Scarpa, è riuscito a sequenziare il genoma dei tumori neuroendocrini del pancreas, uno dei più aggressivi tra i tumori neuroendocrini che colpiscono l’apparato digerente e dalla prognosi attualmente più infausta. Si tratta di una scoperta di grande importanza, che è valsa ai ricercatori la pubblicazione su Nature, poiché consentirà di indirizzare lo sviluppo in futuro di specifiche terapie che vadano a contrastare le diverse tipologie di alterazioni individuate in questi tumori neuroendocrini.

I tumori neuroendocrini – indicati anche come Net (dall’inglese neuroendocrine tumor) – hanno le caratteristiche tipiche sia delle cellule endocrine, che producono gli ormoni, sia di quelle nervose. Sono relativamente rari, rappresentando meno dello 0,5% di tutti i tumori maligni. In Italia si registrano 5 nuovi casi ogni 100 000 persone in un anno, che equivalgono a circa 3000 nuovi casi all’anno. Possono interessare potenzialmente qualsiasi organo, anche se sono per il 70% tumori del pancreas o dell’intestino, per il 20% tumori di polmoni e bronchi e per un 10% tumori di rene, tiroide e altro.

Il gruppo di ricerca guidato da Scarpa è un punto di riferimento per gli studi genomici dei tumori, in particolare dei tumori neuroendocrini dell’intestino e del polmone nonchè di diversi tipi di tumori del pancreas. Proprio l’anno scorso, nel marzo 2016, il gruppo era risultato vincitore del Jeremy Jass Prize, un premio per l’eccellenza nella ricerca in patologia oncologica, dedicato alla ricerca scientifica più citata nell’anno appena concluso, proprio per i risultati ottenuti nell’ambito della genomica del tumore al pancreas. OggiScienza lo aveva raccontato qui.

“Quello che abbiamo fatto nel lavoro su Nature è stato studiare 160 tumori neuroendocrini del pancreas del tipo cosiddetto ben differenziato – spiega Aldo Scarpa – che sono i più frequenti, circa 9 casi su 10, ma al contempo potenzialmente curabili data la lentezza del loro sviluppo. Il problema è che l’istologia classica non ci permette di conoscere a priori l’aggressività di questi tumori, che possono essere da benigni ad altamente maligni, per poi intervenire nel modo migliore.”

Un altro aspetto molto interessante che emerge da questo studio, durato 4 anni, è l’ereditarietà delle mutazioni di questi tumori neuroendocrini, che significa la necessità di porre particolare attenzione alle famiglie dei malati: un’ereditarietà compresa fra il 15 e il 17%, percentuali molto più elevate, circa il triplo, di quanto ci si aspettasse, e non solo dei due geni noti MEN1 e VHL, ma anche dei geni MUTYH, CHEK2 e BRCA2.

Un primo obiettivo è dunque riuscire a individuare i pazienti che possono trarre beneficio da una terapia aggressiva come quella chemioterapica, chirurgica o radioterapica, e quelli che invece non ne hanno bisogno, per evitare a questi ultimi terapie troppo aggressive che possono quindi portare più danni che benefici. “Prima ancora di una terapia di precisione abbiamo bisogno di una diagnosi di precisione – prosegue Scarpa – che sarà finalmente possibile ora che abbiamo scoperto come individuare i marcatori di questi tumori, e nel giro di un anno ci aspettiamo di riuscire a eseguire routinariamente l’esame contemporaneo delle alterazioni di questi geni.” Non si tratta certo di una missione semplice, dal momento che le mutazioni genetiche hanno luogo in 4 processi: nella riparazione del DNA, nell’invecchiamento cellulare, nel mantenimento dei cromosomi e nei processi funzionali che portano all’accrescimento del tumore stesso. Tuttavia, le tecnologie a disposizione e il know-how sviluppato rendono questo un obiettivo raggiungibile nel giro dei prossimi 6-9 mesi.

“Nel frattempo lavoreremo nella direzione di studiare la risposta dei vari gruppi di pazienti a farmaci esistenti o già in studio presso le case farmaceutiche – continua Scarpa – in modo da rendere sempre più efficaci le terapie ora che sappiamo quali sono i bersagli e aumentare la percentuale di risposta alle terapie, che ora si assesta solo al 25% dei pazienti”.

@CristinaDaRold

Leggi anche: Uno studio italiano sul tumore al pancreas vince il Jeremy Jass Prize

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.