SCOPERTE

Il condizionatore cosmico: un sistema di raffreddamento senza spesa di energia elettrica

Un gruppo di ricercatori della Stanford University ha sviluppato superfici ottiche specializzate che potrebbero diventare parte di un innovativo sistema di raffreddamento. Con molte possibili applicazioni anche nella vita di tutti i giorni.

Crediti immagine: Aaswath Raman

SCOPERTE – Il riscaldamento globale, un tema davvero cruciale per il futuro del pianeta: OggiScienza ne ha già parlato in diversi articoli, analizzando la questione da vari punti di vista.

Mentre nel mondo si dibatte sulle cause di un fenomeno che potrebbe avere impatti e conseguenze sempre più temibili, c’è chi si ingegna per inventare i sistemi di raffreddamento del prossimo futuro. Che spediranno il calore prodotto dalle nostre attività quotidiane direttamente nello spazio profondo.

Parliamo di Shanhui Fan, professore di Ingegneria Elettrica alla Stanford University, che con il suo gruppo di ricerca ha sviluppato un sistema di raffreddamento che funziona senza necessità di alimentazione elettrica. Praticamente, a costo energetico nullo.

L’impianto pilota assomiglia a un normale tetto, ma in realtà è costituito da un insieme di superfici, simili a specchi, con caratteristiche ottiche speciali. In pratica, il sistema è in grado di raffreddare l’acqua corrente ad una temperatura più bassa di quella ambiente, sfruttando un effetto noto come raffreddamento per irraggiamento termico.

Cerchiamo di capire più in dettaglio di che cosa si tratta.
L’atmosfera terrestre presenta un’emissione di radiazioni verso lo spazio esterno molto debole nel campo degli infrarossi, ma, al contrario, è altamente emissiva per le radiazioni al di fuori di tale intervallo. Questo implica che le radiazioni termiche possono facilmente fluire verso lo spazio esterno, determinando di fatto un raffreddamento del corpo che le emette, perché il loro scorrere consente l’eliminazione del calore e il suo trasporto verso una regione molto più fredda (appunto, l’intero cosmo). Si tratta di un fenomeno che può essere sperimentato facilmente, specialmente nelle notti invernali senza nubi, quando si può osservare una sorta di nebbia “schiacciata” al suolo, o che avvolge case ed edifici, mentre il cielo stellato appare particolarmente limpido.

Questo fenomeno in realtà è sempre presente, sebbene in condizioni atmosferiche e meteorologiche diverse da quelle sopra descritte. Per esempio, anche in pieno giorno il terreno irradia calore verso lo spazio, ma la presenza del Sole “maschera” l’effetto dell’irraggiamento; di notte, invece, il suolo e l’atmosfera possono raffreddarsi più facilmente. Altro aspetto rilevante è che la perdita di calore è tanto più rilevante quanto più lo strato di atmosfera è vicino al suolo. Questo perché la temperatura in prossimità del suolo è maggiore, quindi è più elevato il gradiente, ossia la variazione, rispetto alla temperatura del corpo “destinatario” (in questo caso lo spazio, che ha una temperatura molto bassa), e ciò comporta una entità maggiore del flusso termico. Sperimentalmente si può misurare anche una differenza di diversi gradi centigradi, per esempio tra la temperatura del suolo (sul quale nelle condizioni descritte si forma la foschia) rispetto ai piani più alti di un edificio.

Tornando alla ricerca condotta da Fan, già nel 2014 un articolo pubblicato da lui e dai suoi colleghi descriveva le potenzialità dell’approccio, ossia dell’utilizzo del principio dell’irraggiamento tramite superfici ottiche per i sistemi di raffreddamento, senza consumo di energia elettrica.

Tuttavia, con questa recente sperimentazione, i cui risultati sono stati pubblicati su Nature Energy, il gruppo di Stanford ha dimostrato qualcosa di molto più tangibile: la possibilità di realizzare un apparato fisico in grado di potenziare l’effetto naturale di raffreddamento, per renderlo utilizzabile per fini pratici, come il condizionamento degli ambienti domestici, per esempio.

Il punto fondamentale è che, come già descritto, il fenomeno naturale è sempre presente, e si basa sul semplice principio che qualcosa di molto freddo (in questo caso lo spazio) può essere utilizzato per dissipare del calore proveniente da un corpo più caldo senza alcuna spesa energetica: qualcosa di cui ci accorgiamo facilmente quando, malauguratamente, tocchiamo una superficie arroventata dal Sole.

Il problema principale è che, di giorno, il calore del Sole riscalda l’atmosfera molto più di quanto l’irraggiamento naturale verso il cosmo sia in grado di raffreddarla. Quindi l’effetto del fenomeno è assai meno sensibile. Qui entra in gioco l’invenzione di Fan: utilizzare un film ottico multistrato in grado di riflettere la maggior parte della luce solare, essendo allo stesso tempo non impermeabile rispetto alla radiazione termica proveniente dal corpo sui cui è disposto (in questo caso, il tetto dell’edificio di cui sopra). Usando questo ingegnoso sistema di riflessione dei raggi solari, l’applicabilità del fenomeno si estende anche alle giornate più calde e serene.

Le simulazioni degli scienziati dimostrano che, usando questo sistema sul tetto di un centro commerciale di una grande città come Las Vegas, si può risparmiare fino al 21% dell’energia elettrica necessaria per i sistemi di condizionamento dell’aria, nelle giornate estive, mentre il risparmio aumenta fino al 50% nel caso migliore (quindi, nei giorni più freddi).

Naturalmente, visto che l’energia riflessa deve finire da qualche parte, resta da capire se l’utilizzo massivo del sistema basato sugli specchi di Fan, pur consentendo la riduzione di consumo di energia elettrica, può portare ad effetti collaterali di riscaldamento dell’atmosfera che amplifichino le ben note problematiche di riscaldamento globale. Che sarebbe un po’ come vedere il problema uscire dalla finestra e rientrare dalla porta principale.

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Gianpiero Negri
Laureato in Ingegneria Elettronica, un master CNR in meccatronica e robotica e uno in sicurezza funzionale di macchine industriali. Si occupa di ricerca, sviluppo e innovazione di funzioni meccatroniche di sicurezza presso una grande multinazionale del settore automotive. Membro di comitati scientifici (SPS Italia) e di commissioni tecniche ISO, è esperto scientifico del MIUR e della European Commission e revisore di riviste scientifiche internazionali (IEEE Computer society). Sta seguendo attualmente un corso dottorato in matematica e fisica applicata. Appassionato di scienza, tecnologia, in particolare meccatronica, robotica, intelligenza artificiale e matematica applicata, letteratura, cinema e divulgazione scientifica, scrive per Oggiscienza dal 2015.