RICERCANDO ALL'ESTERO

Piccoli freni cellulari per le crisi epilettiche

Federica Bertaso racconta il suo lavoro al Dipartimento di neurobiologia dell’IGF di Montpellier, dove si occupa degli aspetti biologici e molecolari dell'epilessia.

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RICERCANDO ALL’ESTERO – L’epilessia è una condizione cronica caratterizzata da improvvise convulsioni dovute ad alterazioni dell’attività elettrica nel cervello. Rappresenta il quarto disturbo neurologico più comune: ci sono circa 50 milioni di epilettici in tutto il mondo e una persona su 100 può avere una crisi convulsiva, pur non essendo affetta da epilessia. L’epilessia colpisce persone di ogni età, anche se con forme molto diverse tra loro.

Federica Bertaso si occupa degli aspetti biologici e molecolari di questa malattia presso il Dipartimento di neurobiologia dell’IGF di Montpellier (Francia): la sua ricerca è mirata a comprenderne i meccanismi patologici e a individuare nuovi bersagli terapeutici.

Cosa rende l’epilessia una malattia tanto complessa?

Quando pensiamo all’epilessia, abbiamo sempre in mente l’immagine classica di un paziente che cade a terra in preda alle convulsioni: questa è la forma con le manifestazioni più drammatiche ma non è la più diffusa. Di epilessia non ce n’è una sola ma tante, i cui sintomi sono diversi a seconda delle aree del cervello interessate. Si parla di epilessia generalizzata se le crisi coinvolgono tutto il cervello; focale se riguardano piccole aree, con sintomi circoscritti a una sola parte del corpo e accompagnate da perdita di coscienza e manifestazioni non motorie.

Esistono diverse terapie per l’epilessia, principalmente mirate al controllo delle convulsioni, ma la farmacologia resta molto limitata perché la maggior parte dei composti sono stati scoperti decine di anni fa e i farmaci usciti ultimamente sul mercato sono davvero molto pochi. Inoltre, circa il 30% dei pazienti non risponde ai trattamenti medici, senza contare le polemiche su valproato, uno dei farmaci più usati ma dai pesanti effetti collaterali sulle donne incinte in quanto sembra interferire con lo sviluppo del bambino. Infine, molti composti hanno conseguenze secondarie molto pesanti.
Gli altri approcci sono abbastanza invasivi: quello classico prevede la rimozione chirurgica del focolaio epilettico, generalmente nell’ippocampo o nella corteccia temporale. La precisa zona del cervello viene individuata tramite un elettroencefalogramma profondo e l’operazione viene proposta solamente se assicura al paziente una buona qualità di vita.

Tutto questo per dire che c’è ancora tanto da fare per riuscire a migliorare le terapie di una malattia come l’epilessia, di cui si parla poco ma che è molto invalidante soprattutto a livello sociale.

Quali sono i bersagli terapeutici più comuni?
Pur essendo numerose, le medicine attuali colpiscono un numero limitato di bersagli biologici. In generale, visto che l’epilessia è caratterizzata da un’esagerata attività neuronale, i farmaci presenti sul mercato cercano di aumentare il tono inibitorio, la cosiddetta trasmissione gabaergica, o diminuire il tono eccitatorio, cioè la trasmissione glutammatergica. Esistono alcuni composti più sofisticati ma la maggior parte dei trattamenti sono limitati a questi due sistemi.

L’obiettivo della mia ricerca è proporre un nuovo tipo di farmacologia, quindi trovare un nuovo bersaglio terapeutico e cercare di diminuire il più possibile gli effetti collaterali. Nello specifico sto studiando un particolare tipo di recettori per il glutammato da usare per modulare l’attività cerebrale. Il glutammato è il principale neurotrasmettitore eccitatorio del cervello e agisce su due tipi di recettori: quelli ionotropici, come NMDA e AMPA, costituiscono la trasmissione sinaptica principale e sono i responsabili del segnale molto rapido tra un neurone e l’altro; quelli metabotropici (mGluR) sono accoppiati alle proteine G e agiscono attraverso un secondo messaggero.

Interferire con l’attività sinaptica principale è pericoloso per cui ci siamo focalizzati sui recettori mGluR che sono in grado di modulare, quindi aumentare e diminuire, in maniera delicata questa trasmissione sinaptica.

Qual è il ruolo dei recettori metabotropici del glutammato nell’epilessia?

Nel mio laboratorio li studiamo da molti anni, sia dal punto di vista molecolare sia farmacologico e cellulare. Ne esistono 8 tipi diversi, ciascuno con una particolare localizzazione nel cervello e ciascuno con la sua capacità di agire come piccolo freno o piccolo acceleratore della trasmissione cerebrale.
Da circa dieci anni facciamo esperimenti su modelli animali più integrati per cercare di capire qual è la vera azione degli mGluR nel topo vigile o addormentato e qual è il loro effetto su diversi comportamenti.

Sappiamo che nell’epilessia c’è un’accelerazione e ipersincronia di tutti i segnali nervosi, in pratica tutti i neuroni si mettono a segnalare allo stesso tempo e in maniera molto forte. Abbiamo visto che un particolare tipo di mGluR è fondamentale per la stabilità della trasmissione sinaptica: se rimuoviamo geneticamente questo recettore o ne blocchiamo l’attività con un farmaco, il topo manifesta crisi epilettiche e l’attività cerebrale diventa parossistica e incontrollabile. Ciò ci fa supporre che fisiologicamente questo mGluR agisca come piccolo freno della trasmissione cerebrale.

Ci siamo anche chiesti se in un cervello in cui l’attività è già esagerata e ipersincrona in modo patologico, l’attivazione di questo recettore riesce a frenare l’epilessia e dai primi risultati sembrerebbe proprio di sì. Per testare la nostra ipotesi, abbiamo stabilito due modelli di epilessia nel topo, uno farmacologico e uno con un decorso più simile a quello clinico, cioè un’epilessia a carico del lobo temporale che è una delle epilessie focali più frequenti. Abbiamo somministrato ai due tipi di topi alcuni nuovi composti capaci di attivare selettivamente il nostro recettore e i primi risultati sono molto incoraggianti. La cosa interessante è proprio riuscire a trovare una molecola selettiva per un tipo di recettore, in modo da colpire una sola funzione.

Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?

Stiamo cercando di valutare tutta una serie di parametri di comorbidità, ovvero le situazioni patologiche che accompagnano le convulsioni, come la depressione, i deficit cognitivi, l’ansietà. L’epilessia non viene da sola e vogliamo capire se questa nuova famiglia di composti che agisce selettivamente sul nostro mGluR è in grado di migliorare effettivamente tutti gli effetti collaterali della malattia. E in un futuro più lontano aprire il progetto allo studio clinico.

La priorità rimane capire meglio il funzionamento del cervello e studiare la disfunzione di un sistema fisiologico ci permette non solo di trovare una soluzione per una patologia complessa ma anche di comprendere meglio la fisiologia di tutto il sistema.

Nome: Federica Bertaso
Età: 46 anni
Nata a: Milano
Vivo a: Montpellier (Francia)
Dottorato: fisiologia cellulare (Londra, UK)
Ricerca: Fisiopatologia della trasmissione sinaptica
Istituto: Département de Neurobiologie, Institut de Génomique Fonctionnelle (Montpellier)
Interessi: i miei due bambini, il nuoto, Bruce Springsteen
Di Montpellier mi piace: il tempo, è una città molto giovane dove è facile vivere
Di Montpellier non mi piace: è piccola, la mentalità
Pensiero: Think out of the box

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3 Comments

  1. Ritengo l’articolo e gli studi della dott.ssa Bertaso molto interessanti. Potreste mettermi in contatto con lei ai fini di un’intervista? Lascio la mia email. Patrizia Carollo, giornalista palermitana

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.
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