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Cathleen Synge Morawetz: matematica, aerei e flussi transonici

I risultati dei suoi studi matematici hanno avuto numerose applicazioni in ambito aerospaziale, per realizzare in modo ottimale le ali degli aerei.

La matematica Cathleen Synge Morawetz Crediti ha lavorato per gran parte della sua carriera alla risoluzione delle complesse equazioni differenziali attraverso cui è possibile descrivere il moto dei fluidi. immagine: Courant Institute, NYU

IPAZIA – Il flusso d’aria attorno alle ali degli aeroplani segue leggi particolari. Quando un aereo si avvicina alla velocità del suono, l’aria non scorre in maniera omogenea: in alcune zone dell’ala raggiunge velocità supersoniche, in altre resta a un livello subsonico. Questa differenza di velocità dà luogo al cosiddetto flusso transonico, a causa del quale vengono prodotte onde d’urto in grado di rallentare notevolmente l’aereo. Le ali possono essere progettate in modo che il flusso transonico rimanga regolare a determinate velocità, senza generare alcuna onda d’urto. Ali del genere, però, possono esistere solo sulla carta, non nel mondo reale. La minima perturbazione – un piccolo difetto di costruzione, un refolo di vento, un insetto che si posa sull’ala – può sconvolgere il flusso e provocare terribili onde d’urto. A dimostrarlo è stata, negli anni Cinquanta del secolo scorso, la matematica canadese Cathleen Synge Morawetz. Grazie alla sua geniale intuizione, gli ingegneri aerospaziali oggi progettano le ali per minimizzare gli shock anziché per cercare di eliminarli.

Cathleen Synge nasce nel 1923 a Toronto, da genitori irlandesi, entrambi laureati in matematica. La madre era stata costretta ad abbandonare gli studi per dedicarsi alla famiglia; il padre invece aveva fatto carriera e aveva lasciato Dublino per accettare un incarico come professore all’università di Toronto. In seguito sarebbe diventato famoso per l’introduzione di un approccio geometrico alla teoria della relatività di Einstein. Con due genitori così, non stupisce l’interesse precoce di Cathleen per i numeri e la sua naturale predisposizione al calcolo matematico. La madre la incoraggia sin dalla più tenera età a coltivare e a far crescere il suo talento. Il padre, dal canto suo, scherza con la figlia: “se diventerai una matematica”, le dice, “finiremo per litigare come i fratelli Bernoulli”. Sarà però un’amica di famiglia, Cecilia Krieger, a trasformare la passione di Cathleen in qualcosa di più solido e ad aiutarla concretamente a scegliere la strada della carriera accademica. Dopo la laurea breve in matematica, conseguita col massimo dei voti nel 1945, Cathleen pensa di iscriversi al Caltech di Pasadena, ma l’istituto californiano non accetta studentesse. L’ambiente universitario nel suo complesso è respingente nei confronti  delle donne, così la giovane canadese decide di abbandonare gli studi. Coltiva l’idea di cambiare radicalmente vita e andare a insegnare matematica in India. Sulla sua strada incontra però Cecilia Krieger, all’epoca professoressa di matematica all’università di Toronto, la quale conosce bene le sue capacità e riesce a convincerla a fare domanda per una borsa di studio presso il Canadian University Women’s Club. Cathleen ottiene la borsa e decide di restare all’università. Si iscrive al MIT di Boston e nel 1946, dopo appena un anno, ottiene la specializzazione in matematica. Nel frattempo, nell’autunno del 1945, sposa il chimico Herbert Morawetz.

Dopo la laurea al MIT, la giovane matematica canadese si trova nuovamente di fronte a un bivio: proseguire gli studi o cercare lavoro? Pur avendo una prospettiva lavorativa immediata presso i Bell Laboratories del New Jersey, fa domanda per frequentare i corsi di dottorato del Courant Institute of Mathematical Sciences della New York University. È Cecilia Krieger, ancora una volta, a convincerla a prendere questa decisione. Durante gli anni del dottorato le viene affidato il compito di correggere le bozze di Supersonic Flow and Shock Waves, un importante lavoro dei matematici Richard Courant e Kurt Otto Friedrichs. Scopre così il flusso transonico, restandone profondamente affascinata. Nel 1951 consegue il dottorato in matematica con una tesi sulle onde d’urto implosive. “All’epoca sembrava qualcosa di astratto e senza alcuna ricaduta pratica, a cui nessuno sarebbe mai stato interessato”, dichiarerà in un’intervista. Dopo un breve periodo al MIT, torna a lavorare come ricercatrice al Courant Institute. Professoressa associata nel 1960 e ordinaria nel 1965, resterà al Courant per oltre trent’anni, divenendone direttrice tra il 1984 e il 1988, prima donna a ricoprire questo incarico.

Gran parte del suo lavoro è costituito dalla risoluzione delle complesse equazioni differenziali attraverso cui è possibile descrivere il moto dei fluidi. Nel corso della sua carriera si occupa soprattutto della matematica del flusso transonico e delle onde d’urto, un settore di ricerca che – al contrario di quanto in molti ritenevano all’epoca del suo dottorato – avrà numerose applicazioni in ambito aerospaziale. Nel 1956 pubblica On the non-existence of continuous transonic flows past profiles, articolo in cui dimostra un teorema che conduce a una importante predizione: se si produce un flusso transonico regolare intorno a un profilo aerodinamico come un’ala, modificando leggermente la forma del profilo il flusso cesserà di essere uniforme. Il teorema di Morawetz viene confermato successivamente da esperimenti e simulazioni numeriche che indicano la comparsa di onde d’urto nel flusso transonico quando il profilo viene modificato.

Nei decenni successivi Morawetz allarga il suo campo di ricerca ad altri settori della fluidodinamica, la disciplina che studia il comportamento dei fluidi in movimento. Negli anni Settanta elabora una dimostrazione matematica attraverso cui viene descritta la quantità massima di energia ondulatoria vicino a un oggetto in un dato momento, conosciuta oggi come disuguaglianza di Morawetz. Membro della National Academy of Sciences e dell’American Academy of Arts and Sciences, nel 1995 viene eletta presidente della American Mathematical Society e nel 1998 diventa la prima matematica a ricevere la National Medal of Science.

Donna dotata di una profonda ironia, in un’intervista pubblicata su Science nel 1979 ricorda la sua risposta quando – giovane madre agli inizi della carriera – in molti le chiedevano se si preoccupasse per i suoi quattro figli mentre era al lavoro: “No, è più probabile che mi preoccupi per un teorema mentre sono con i miei figli”. Scienziata infaticabile, ha continuato a lavorare alle sue equazioni fin quasi alla sua morte, avvenuta nell’agosto del 2017 all’età di 94 anni.

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.