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La seconda volta di Denisova

Il metodo reference-free permette di confrontare interi genomi e ci aiuterà a studiare le ibridazioni dei nostri antenati con Denisoviani e Neanderthal

uomo denisova evoluzione
Le popolazioni umane si sono incrociate con almeno due distinte popolazioni di Denisova (immagine: Sharon R. Browning et al., Cell, 2018)

SCOPERTE – I fossili dell’uomo di Denisova trovati fino a questo momento potrebbero stare nel palmo di una mano: quattro individui ci hanno lasciato tre molari e un frammento di falange, ma sono bastati a cambiare la storia dell’antropologia. Nel freddo di una grotta sui Monti Altai, dove sono stati scoperti nel 2008, il loro DNA si è conservato in eccellenti condizioni ed è stato possibile sequenziarlo. Non possiamo sapere di preciso che faccia avessero, ma non erano né Homo neanderthalensis, da cui si sono separati 400.000 anni fa, né Homo sapiens. Di sicuro i nostri antenati li hanno incontrati e una nuova ricerca pubblicata su Cell ci conferma che non è successo una sola volta.

Da tempo gli antropologi sanno che il genoma delle popolazioni in Eurasia mantiene le tracce, in proporzione variabile, di ibridazione con i Neanderthal. In Asia Orientale e nelle isole della cosiddetta Melanesia, in Oceania, si trovano invece popolazioni con tracce sia di Neanderthal sia di Denisova. Grazie alla bioinformatica ora è possibile guardare alla storia di questi “amori proibiti” ancora più nel dettaglio.

I genomi arcaici sono merce rara, ma oggi gli scienziati possono analizzare i genomi moderni alla ricerca di sequenze di altri ominidi senza confrontarle direttamente con un genoma di riferimento. Questo approccio, chiamato reference-free o fossil-free, permette di trovare nei genomi attuali anche sequenze arcaiche che altrimenti non riconosceremmo, perché il DNA antico non è mai arrivato fino a noi.

Sharon R. Browning, biostatistica all’ Università di Washington, insieme ai colleghi ha sviluppato e applicato un nuovo metodo reference-free a oltre 5 600 genomi di popolazioni attuali provenienti dall’Eurasia e dall’Oceania. I risultati hanno confermato gli eventi di ibridazione già  noti (Neanderthal e popolazioni in Eurasia, Denisova e popolazioni in Oceania e Asia Orientale), ma ha rivelato un evento della storia evolutiva della nostra specie finora sconosciuto: antenati di popolazioni dell’Asia Orientale si sono ibridati anche con un altro gruppo di Denisova, distinto rispetto a quello dell’Oceania. I genomi delle popolazioni attuali del Giappone e della Cina conservano quindi, oltre al “contributo” neanderthaliano, le tracce di due diverse popolazioni di Denisova: quella degli Altai (l’unica di cui è stato sequenziato il genoma) e un’altra geneticamente più distante.

Secondo Serena Tucci, genetista alla Princeton University negli Stati Uniti e tra gli autori dell’articolo, l’approccio reference-free sta cambiando il modo di conoscere le nostre radici. Ci consente di scoprire tracce genomiche di ibridazione con altre specie umane ancora sconosciute da un punto di vista morfologico e genetico. Metodi fossil-free potrebbero consentirci di svelare altri eventi di ibridazione con specie umane arcaiche, che hanno convissuto per migliaia di anni con la nostra ma delle quali non conosciamo il DNA, ad esempio Homo erectus o Homo floresiensis.

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Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, mi sono formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrivo abitualmente sull’Aula di Scienze Zanichelli, Wired.it, OggiScienza e collaboro con Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione. Ho scritto col pilota di rover marziani Paolo Bellutta il libro di divulgazione "Autisti marziani" (Zanichelli, 2014). Su twitter sono @Radioprozac