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La rivincita dei “bruttini”

Due esemplari di Callosobruchus maculatus durante l'accoppiamentoSecondo una ricerca pubblicata su Science nelle specie poliandriche non è il maschio migliore ad avere più successo nella riproduzione


Le blatte femmina quando si tratta di accoppiarsi si danno un gran daffare e anziché scegliere un pretendente, ne provano diversi. Questo comportamento poliandrico, che dovrebbe aumentare la probabilità di avere figli con qualità genetiche superiori, non sempre però da i risultati sperati: secondo un studio dell’Università di Uppsala in Svezia e dell’Università di Aarhus in Danimarca, nell’harem della blatta non è il maschio “migliore” ad avere un maggior numero di figli.

Trine Bilde, biologa dell’Università di Aarhus, e colleghi hanno determinato la qualità genetica di un certo numero di esemplari di Callosobruchus maculatus, maschi e femmina, e successivamente hanno fatto accoppiare una femmina o con un singolo esemplare, oppure con due, uno di bassa e uno di alta qualità.

Il Callosobruchus maculatus pratica normalmente la poliandria: la femmina cioè si accoppia successivamente con più partner. In questo modo ha luogo una competizione spermatica fra i maschi che influirà sulla percentuale di geni di ciascun individuo trasmessi alle generazioni future.

Secondo molti scienziati la poliandria, molto diffusa in natura, è stata selezionata perché favorirebbe la sopravvivenza della prole, e quindi sarebbe vantaggiosa per la femmina che la pratica: la femmina infatti selezionerebbe lo sperma migliore attraverso dei meccanismi di scelta “criptica”. In questo modo verrebbe anche favorito, a discapito degli altri, il maschio “migliore” che avrebbe garantita la discendenza più folta. Bilde però sottolinea che finora nessuno studio ha dimostrato questo fatto.

I risultati di Bilde e colleghi dimostrano in effetti il contrario: il maschio geneticamente migliore negli esperimenti quando è l’unico ad accoppiarsi con la femmina ha un numero maggiore di figli rispetto a quando è in competizione con un altro maschio, più scarso dal punto di vista genetico. Secondo questo risultato la femmina avrebbe risultati migliori se si accoppiasse soltanto con il maschio migliore, anziché con tutti e due. Secondo Bilde dunque, non è il vantaggio genetico della prole la forza evolutiva che ha spinto a selezionare la poliandria, ma qualche altro tipo di benefit che studi futuri dovranno chiarire.

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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.