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Correlati neurali nel pesce morto

Bennett-Salmon-Figure1Un lavoro dell’Università della California a Santa Barbara raccomanda cautela nell’interpretare i dati delle risonanze magnetiche


“Neural correlates of interspecies perspective taking in the post-mortem Atlantic Salmon: An argument for multiple comparisons correction” questo è il titolo del poster presentato lo scorso giugno alla conferenza Human Brain Mapping che in questi giorni sta rimbalzando sui blog di tutto il mondo. In italiano il titolo suona pressapoco così: “Correlati neurali post-mortem del punto di vista interspecifico nel Salmone Atlantico: Un argomento a favore della multiple comparisons correction.”

In parole povere Graig Bennet e colleghi dell’Università della California di Santa Barbara hanno preso un salmone di circa un chilo e settecento grammi, rigorosamente deceduto, lo hanno piazzato in una macchina per la risonanza magnetica funzionale (fMRI), una tecnica di imaging cerebrale, e gli hanno mostrato un certo numero di fotografie di esseri umani chiedendogli di identificare le emozioni sul viso. I risultati della risonanza magnetica hanno mostrato una, pur modesta, attivazione nel cervello del pesce.

Buontemponi o attenti critici dei metodi oggi usati per comprendere il funzionamento del cervello? Nell’ultimo anno più di una ricerca ha puntato il dito sulla validità dei metodi di visualizzazione cerebrale che oggi dominano la scena della ricerca nueuroscientifica: una ricerca pubblicata quest’anno su Perspective of Psychological Science ha sottolineato il pericolo di correlazioni “voodoo” – così definite dagli autori – nelle ricerche nel campo della neurobiologia del comportamento sociale, mentre un’analisi condotta dall’Istituto Nazionale di Salute Mentale statunitense ha trovato che circa la metà dei lavori pubblicati su riviste prestigiose – Nature e Science incluse – contenevano errori non intenzionali che potevano portare a conclusioni errate.

Il lavoro di Bennet e colleghi, per ora non ancora pubblicato su alcuna rivisita specializzata, dimostra chiaramente che certi dati vanno presi con cautela. I test statistici vengono fatti su un numero enorme di piccole immagini tridimensionali (i cosiddetti voxel) che vanno a costituire il puzzle prodotto dalla fMRI ed è probabile che qualcuna di queste vada a segnalare un falso positivo, cioè che indichi un’attivazione neuronale dove questa non esiste, determinato unicamente dalla casualità. Nel caso del salmone il destino ha voluto che si accendessero dei pixel proprio in corrispondenza del cervello dell’animale morto. Per eliminare questi falsi positivi Bennet e colleghi suggeriscono di applicare sempre delle misure di correzione statistica, come per esempio la “multiple comparison correction” o altre simili. Questo tipo di verifiche sono ancora molto spesso ignorate dai ricercatori.

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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.