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Depressione, non è tutta colpa della genetica

DNA (crediti: Adrian Ritchie)Le popolazioni orientali sono più predisposte geneticamente alla depressione, eppure la sviluppano più raramente. Il segreto starebbe nella cultura

Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences è un monito verso l’eccessivo riduzionismo genetico, che talvolta può farci credere che quel che siamo è in buona parte determinato dal nostro corredo genetico. In realtà fin dal concepimento ambiente e DNA – quello che gli inglesi chiamano “nature and nurture”  interagiscono nel plasmare ogni singolo essere vivente, animale o vegetale che sia, e i dati genetici vanno sempre maneggiati con cautela.

Secondo alcuni studi una particolare variante del gene trasportatore della serotonina (STG) è associato a una maggior incidenza di sindromi depressive in individui che abbiano avuto esperienze di vita negative, ma Joan Chiao e colleghi della Northwestern University, dimostrano che questa associazione è evidente solamente nei paesi occidentali, ed è molto probabilmente associata al fatto la cultura dominate in questi paesi privilegia l’individualità rispetto alla coesione sociale. Gli scienziati sono giunti a questa conclusione dopo aver comparato i dati genetici e i valori culturali in 29 paesi (i principali stati europei, il Sud Africa, i paesi dell’Est Europa, L’Asia del Sud, L’Asia dell’Est e l’America del Sud). Il dato che ha sorpreso i ricercatori è che addirittura l’80 percento delle persone provenienti dalle società definite “collettiviste” nello studio, come per esempio quelle dell’Asia dell’Est, sono portatori della variante corta dell’allele STG, che è proprio quella associata alla depressione. In realtà però l’incidenza della depressione nelle popolazioni asiatiche è significativamente inferiore di quella nelle popolazioni occidentali. In alcune culture deve dunque esistere un fattore protettivo che riduce la probabilità di accusare sindromi depressive. Secondo Chiao è proprio questo aspetto di condivisione, molto più presente nelle culture orientali, a mitigare l’effetto del gene: “rispetto alle persone nelle culture individualistiche, questi individui hanno più probabilità di mettere in atto comportamenti che aumentano la coesione sociale,” e per questo gli individui geneticamente più suscettibili alla depressione riceverebbero un tacito (o esplicito) supporto sociale.

Chiao è convinto che questi risultati forniranno chiare indicazione per la cura della depressione. Secondo lui infatti dei trattamenti che privilegino il supporto sociale potrebbero essere altrettanto, se non di più, efficaci rispetto alle cure tradizionali.

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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.