IN EVIDENZA

Da Kyoto a Copenhagen

Ascolta l’intervista a Oliver Tickell

Oliver Tickell, giornalista e ambientalista britannico, spiega ai microfoni del Corriere della Serra quali potrebbero essere delle soluzioni alternative per gestire i gas serra. Ma la strada per un accordo sostenibile sul futuro del pianetasi si scontra con la pragmaticità della politica e i ritardi di Obama

INTERVISTE – “Il protocollo di Kyoto è stato il primo tentativo di porre un freno alla minaccia dei cambiamenti climatici, ma ha fallito. Adesso dobbiamo intraprendere una strada nuova”. Non ha dubbi Oliver Tickell, giornalista e ambientalista britannico. Le proposte racchiuse nel suo libro Kyoto2 (Zed Book, 2008), uno acuto trattato di politica ed economia dei cambiamenti climatici, descrivono una serie di misure volte a definire un accordo sul clima, più equo, efficiente, ed economico. “Per affrontare il problema dei gas serra bisogna tornare alla sua fonte, andare lì dove le emissioni hanno origine. Chi produce gas inquinanti deve rispettare i limiti massimi di emissione e pagarne il prezzo”. Fin qui le idee di Tickell non sembrano discostarsi molto dal mercato delle emissioni, definito dal protocollo sotto accusa. Ma la nuova Kyoto si rivolge alla collettività e alla salute del pianeta e rinvestire i proventi di questo fiorente mercato in sviluppo sostenibile, nella lotta alla deforestazione, in ricerca e implementazione di infrastrutture a energie pulita.

Le proposte di Tickell fanno eco alle richieste degli ambientalisti che nei prossimi giorni si sposteranno dalle città di tutto il mondo per affollare le strade della capitale danese. Ma utopie e richieste della società civile dovranno fare i conti con la concretezza della politica e anche Copenhagen dovrà affrontare uno dei principali ostacoli di Kyoto: gli Stati Uniti.

La distanza tra le posizione dei paesi delle Nazioni Unite del Framework Convention on the Climate Change (UNFCCC) e gli USA , il maggiore emettitore globale che, a oggi, non ha ancora affiancato la sua firma a quella degli altri 189 paesi che hanno aderito al protocollo di Kyoto, potrebbe infatti rappresentare uno dei principali scogli al raggiungimento di un accordo. Pochi giorni fa Barak Obama dichiarava di essere pronto a un taglio di gas serra del 14-20% entro il 2020 ma la casa Bianca ha appena comunicato le variazioni di programma last minute: la visita del presidente degli Stati Uniti al summit, annunciata qualche giorno fa per il 9 dicembre, verrà posticipata. Insomma, il cammino da Kyoto per una nuova Copenhagen sembra essere ancora lungo e tortuoso.

Condividi su