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Hack: “Voglio una scienza libera”

Ascolta l’intervista integrale di OggiScienza a Margherita Hack

INTERVISTE – Più grintosa. Più lucida. Più lungimirante di una ventenne. All’età di 88 anni, Margherita Hack è una terapia d’urto contro l’indolenza e la rassegnazione dei nostri tempi. Lei, che ha passato la vita a guardare lontano – la testa tra le stelle e i piedi ben piantati in terra – lei che ha lavorato alla Nasa e all’Esa, prima donna a dirigere un osservatorio astronomico, a Trieste, affermandosi in un mondo prevalentemente maschile (e maschilista), non ci sta. Non si rassegna a vedere colare a picco il suo paese.

Questa Italia la fa arrabbiare. Perché è un’Italia senza futuro. Che non crede nella ricerca scientifica. Che non investe sui giovani. Che mette in fuga i suoi migliori cervelli e non riesce ad attirarne dall’estero, nonostante atenei di alto livello. Ed è un’Italia sotto schiaffo della Chiesa che detta legge in un paese che pure si professa laico.

Nel suo ultimo libro “Libera scienza in libero Stato”, fresco di stampa per i tipi di Rizzoli, la grande astrofisica attacca frontalmente quelli che considera i due principali colpevoli del declino scientifico (e civile) del Belpaese: lo Stato e la Chiesa. Da una parte, se la prende con una classe politica miope, “papalina”, inetta, incapace di investire seriamente nella ricerca scientifica. Dall’altra, con il Vaticano, che con i suoi dettami religiosi condiziona le scelte pubbliche in materia di fecondazione assistita, ricerca sulle staminali embrionali, eutanasia per i malati terminali che lo desiderano, cure palliative, diritti civili alle coppie di fatto. “Libera scienza in libero Stato” è un titolo di buon auspicio e, soprattutto, un atto d’accusa. “Vorrei che la ricerca scientifica fosse libera, in uno Stato davvero laico, senza i veti e i condizionamenti imposti dalla Chiesa”.

“In questo paese si decanta tanto l’importanza dell’innovazione –  afferma la Hack – ma l’innovazione si fa con la scienza e la ricerca, che invece sono bistrattate. I governi di destra a sinistra hanno azzoppato l’Università”, tagliando fondi, sprecando risorse, ostacolando le carriere accademiche, senza spodestare i “baroni”. “È  stata una vergogna lasciar nascere decine di università in città senza una tradizione universitaria. Sarebbe stato più utile finanziare gli atenei consolidati, in grado di garantire una buona formazione. Si è scelto di portate le università agli studenti, quando sarebbe stato corretto portare gli studenti alle Università”, continua la scienziata nella sua implacabile disamina. “L’ultima? Non la definirei nemmeno una riforma”. “Spero solo  – è l’augurio della scienziata – che i politici si rendano conto che continuando così manderanno l’Italia in malora. E che il popolo se ne accorga quando vota”.

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