ESTERI

Geopolitica e scienza

Guerre, rivoluzioni, crisi influenzano significativamente la produttività scientifica di un paese. Un’indagine fotografa la situazione mondiale degli ultimi trent’anni.

ESTERI – Prima l’Iran, poi la Repubblica di Corea e a seguire la Turchia: ecco il podio dei paesi che, negli ultimi 30 anni, sono cresciuti di più dal punto di vista della produttività scientifica. In Europa, il primato spetta a Portogallo, Estonia e Lussemburgo, mentre nell’Africa subsahariana è il Botswana il paese con la crescita scientifica più spiccata. A fotografare la situazione è un’indagine appena pubblicata dalla società di valutazione e consulenza Science-Metrix: 30 years in science. Secular Movements in Knowledge Creation. Obiettivo dell’indagine: valutare se e come fattori geopolitici importanti (guerre, rivoluzioni, crisi e così via), verificatisi in vari paesi del mondo tra il 1980 e il 2009, hanno influenzato la produttività scientifica di questi paesi, misurata attraverso il numero delle loro pubblicazioni scientifiche .

Il rapporto di Science-Metrix prende le mosse da quello che viene definito come l’evento geopolitico più rilevante degli ultimi 30 anni: la caduta del muro di Berlino e il collasso dell’Unione Sovietica. Come hanno reagito all’evento, in termini di attività scientifica, i paesi dell’Urss? La risposta è piuttosto variegata: la maggior parte delle repubbliche dell’ex-Unione sovietica è andata incontro a un crollo netto. Solo Estonia e Lituania (entrate a far parte dell’Unione europea nel 2004) hanno mostrato di aver beneficiato del radicale cambiamento. Andamento positivo anche per gli altri paesi del Patto di Varsavia  (soprattutto Polonia, ma anche Ungheria, Bulgaria, Romania ed ex-Cecoslovacchia), il cui contributo alla scienza mondiale ha cominciato a crescere subito dopo la caduta della cortina di ferro. Alla ricerca di spiegazioni per questa tendenza, gli autori dell’indagine sottolineano, per questi paesi, la vicinanza con i confini dell’Europa occidentale e in particolare con paesi di tradizione germanica e protestante. Più travagliato invece il percorso della ex-Jugoslavia, funestata dalle guerre balcaniche degli anni Novanta.

E a proposito di guerre, l’indagine di Science-Metrix si sofferma anche sui conflitti in Medioriente, in particolare tra Iraq, Iran e Kuwait. Dopo trent’anni di conflitti e dittatura, l’Iraq sta mostrando solo ora segni di ripresa. Il Kuwait è tornato da poco ai livelli di produttività scientifica che aveva all’inizio degli anni Ottanta, ma non mostra ancora segni di crescita. Un grandissimo balzo in avanti lo ha invece compiuto l’Iran, specie per quanto riguarda discipline scientifiche che hanno a che fare con la tecnologia nucleare (ma crescono anche le ricerche nel settore della salute e della biologia).

A livello mondiale, è evidente la crescita esplosiva dell’Asia, come pure il costante rallentamento della produttività scientifica degli Stati Uniti. Nel 2009, la produzione asiatica ha superato quella nordamericana e ci si aspetta che la produzione della Cina da sola raggiunga i livelli statunitensi entro il 2015. Anche l’America latina sta acquistando velocità, benché il suo contributo complessivo  rimanga ancora piuttosto ridotto. E l’Europa? Secondo l’indagine si difende bene: rappresenta ancora il contributo più grande alla produzione scientifica mondiale e tende a mantenere la posizione, anche in virtù di un atteggiamento sempre più favorevole alla collaborazione internazionale.

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Valentina Murelli
Giornalista scientifica, science writer, editor freelance