SALUTE

Smog ed epigenetica: dove colpisce l’aria inquinata

Si cominciano a scoprire gli effetti molecolari e cellulari delle polveri sottili, con la speranza di identificare nuove strategie di protezione. OggiScienza ne parla con l’epidemiologo Andrea Baccarelli, pioniere degli studi su inquinamento atmosferico, epigenetica e salute.

SALUTE – Una dieta anti-smog. Potrebbe essere questo il punto d’arrivo di un nuovo filone di ricerca nell’ambito degli studi su inquinamento dell’aria e salute, filone che si occupa di capire quali sono gli effetti molecolari dell’aria inquinata, facendo leva sulla disciplina del momento: l’epigenetica.
In Italia abbiamo un pioniere di queste indagini: è Andrea Baccarelli, responsabile del Centro di epidemiologia molecolare e genetica del policlinico di Milano e professore associato all’Harvard School of Public Health di Boston. Un pioniere giovane (39 anni), soprattutto per gli standard italiani, che domani riceverà un premio dell’Istituto lombardo Accademia di scienze e lettere per i suoi studi su inquinamento ambientale e salute.

Tempismo migliore per la cerimonia non lo si poteva trovare, con il grande blocco delle auto di domenica 28 febbraio alle porte e – è notizia di oggi – la spaccatura tra Milano, promotrice dell’iniziativa, e il suo hinterland che di fermare il traffico non ne vuole proprio sapere. Per Baccarelli il blocco è positivo: “Non so se possa avere effetti concreti sulla salute, ma è sicuramente un’occasione per sensibilizzare la popolazione e aiutarci a capire che tutti possiamo fare qualcosa per ridurre il livello di inquinamento ambientale”.

A proposito di livelli, tuttavia, l’epidemiologo propone subito una precisazione: “Quasi tutti pensano che l’inquinamento dell’aria stia peggiorando, ma non è vero. A Milano, per esempio, 20-30 anni fa ce n’era molto di più, con le polveri sottili che arrivavano a 200 o 300 microgrammi per metro cubo. Però allora non ce ne preoccupavamo, perché non sapevamo che fossero nocive. Oggi lo sappiamo, e sappiamo che anche livelli sopra i 50 microgrammi per metro cubo (o addirittura sopra i 25) fanno male, per questo ci occupiamo del problema”.

Colpevoli sono appunto le polveri sottili, o particolato: un insieme di sostanze che provengono da processi di combustione – e quindi da traffico automobilistico, riscaldamento domestico e, in misura minore, attività industriali – e che, specie a basse temperature, tendono a condensare in atmosferma formando una specie di nebbia. Grazie alle piccole dimensioni, queste particelle penetrano con facilità nelle nostre vie aeree, dove possono cominciare a provocare danni: malattie respiratorie e cardiovascolari in primis, ma anche tumori ai polmoni. Ma come ci riescono? In un primo momento ci si è concentrati sui possibili effetti di queste sostanze sul DNA: effetti che sembrano tuttavia poco frequenti. Così, qualche anno fa Baccarelli ha deciso di andare a vedere se  c’entrassero qualcosa i meccanismi di regolazione epigenetica del DNA, quei meccanismi che modulano l’espressione genica (cioè il fatto che i geni siano accesi o spenti) senza intaccare la sequenza del DNA stesso.

Uno dei meccanismi epigenetici più diffusi è la metilazione, l’aggiunta di particolari gruppi chimici a regioni specifiche di DNA: se un gene è molto ricco di questi gruppi chimici sarà tendenzialmente inattivo e viceversa. “Abbiamo trovato che in cellule di persone esposte all’inquinamento dell’aria il livello di metilazione del DNA cambia rispetto a persone non esposte”, racconta Baccarelli. Lo studio è stato effettuato a Boston e la cosa interessante è che nella stessa popolazione in cui si è  osservata una consistente diminuzione della metilazione di particolari regioni del genoma in  concomitanza di picchi di inquinamento si è anche osservato un aumento della frequenza di infarti e ictus. “Questo ci fa sospettare che i due fenomeni siano legati”, commenta l’epidemiologo. “E sembra che queste modificazione epigenetiche siano anche associate all’aumento del rischio di alcuni tumori”. In altri studi, l’équipe di Baccarelli ha osservato l’alterazione dei livelli di metilazione di un gene coinvolto nell’insorgenza di asma, sempre in associazione a picchi di inquinamento.

L’aspetto interessante è che questi cambiamenti nella metilazione tendono a verificarsi  spontaneamente, fisiologicamente, con l’invecchiamento. Quindi, è come se vivere esposti al traffico e allo smog ci facesse invecchiare prima. “Lo abbiamo verificato anche con altre osservazioni, relative questa volta alla lunghezza dei telomeri, le strutture che costituiscono le estremità dei cromosomi. Sappiamo da tempo che i telomeri tendono ad accorciarsi con l’età e che, a parità di anni, persone con telomeri più corti hanno maggior rischio di ammalarsi di malattie cardiovascolari o tumori”, afferma Baccarelli. “Abbiamo scoperto che lo stesso succede con l’esposizione all’aria inquinata: persone maggiormente esposte al traffico hanno telomeri più corti”.

Si tratta di risultati importanti non solo per definire meglio i meccanismi che legano l’inquinamento alle malattie, ma anche per trovare possibili soluzioni. “Il bello dei cambiamenti epigenetici è che sono reversibili. Quindi, se troviamo un modo per invertirne la rotta possiamo pensare di ridurre gli effetti nocivi dell’aria inquinata, pur non riuscendo a ridurre l’inquinamento di per sé”. E qui entra in gioco la dieta: molti studi (per ora condotti soprattuto su modelli animali) dicono che l’assunzione di vitamine antiossidanti sembra prevenire sia l’alterazione dello stato di metilazione del DNA sia l’accorciamento dei telomeri. Se l’effetto venisse definitivamente dimostrato, un domani le amministrazioni locali potrebbero puntare su campagne di sensibilizzazione alimentare piuttosto che sui blocchi del traffico.

Nel frattempo, quella di stare attenti alla dieta e di fare sano esercizio fisico continua a rimanere un’indicazione fondamentale. “La salute dipende da un insieme di fattori positivi. Lo smog è solo uno di questi fattori, e neppure dei più rilevanti. Decisamente peggiore è l’effetto sulla nostra salute del fumo di sigaretta”, conclude Baccarelli.

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Valentina Murelli
Giornalista scientifica, science writer, editor freelance