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Acqua pubblica: a Parigi è (di nuovo) realtà

Parigi, 25 anni di gestione privata dell’acqua. Oggi però si ritorna al pubblico. Cosa ha provocato questa scelta in controtendenza rispetto al nostro Paese? OggiScienza ne parla con la consigliera parigina Anne Le Strat, promotrice del cambiamento

Ascolta l’intervistadi OggiScienza ad Anne Le Strat

Parigi – Nel novembre 2009, il governo italiano ha posto la fiducia sul “decreto Ronchi”, che ha dato il via libera alla privatizzazione dei servizi pubblici locali, tra i quali la gestione delle risorse idriche. Due mesi dopo, Parigi sperimenta, dopo 25 anni di gestione privata, la rimunicipalizzazione dell’acqua. Cos’ha spinto la capitale francese a questa scelta in controtendenza con ciò che accade in altri Paesi europei, ma che restituisce all’acqua la qualifica di “bene pubblico”? Lo chiediamo a chi, dell’iniziativa, è stata la promotrice, la consigliera Anne Le Strat.

OS: Consigliera Le Strat, ci fa un riassunto della gestione delle acque parigine dalla privatizzazione a oggi?

ALS: Il settore privato ha recuperato dei mercati di distribuzione nel 1985, e le multinazionali che gestivano il settore avevano contratti che terminavano nel 2009. Eravamo insoddisfatti dell’organizzazione del servizio: non c’era controllo da parte della collettività municipale, né c’era trasparenza finanziaria. C’era un’organizzazione piuttosto opaca, di cui approfittava il settore privato, che aveva un margine economico considerevole sui contratti; inoltre, l’organizzazione non era ottimale dal punto di vista tecnico, dal momento che, per la produzione e la distribuzione, c’erano più società che si sovrapponevano, creando problemi di contabilità. Abbiamo voluto creare un solo operatore per produzione e distribuzione, più logico in termini di gestione, e abbiamo voluto rendere il servizio pubblico perché, non essendo l’acqua una merce, un bene lucrativo, era opportuno che fosse gestita nell’interesse pubblico, non di società private.

OS: Come procede la messa in moto del progetto?

ALS: Al momento, abbiamo assunto 230 nuove persone nella distribuzione, e creato nuove figure professionali legate alla fatturzione e alla gestione della clientela, più le figure che già esistevano in precedenza.

OS: Avete trovato ostacoli al progetto?

ALS: No, non ci sono stati grandi ostacoli. Le multinazionali non hanno impedito il nostro lavoro, ma neppure lo hanno facilitato. Per esempio, hanno organizzato il trasferimento di alcuni impiegati ad altri settori delle stesse multinazionali, quando sapevano che ci sarebbero potuti essere utili. Quando chiedevamo informazioni, alla fine le ottenevamo, ma le cose andavano molto per le lunghe, più del necessario.

OS: In che stato avete trovato la rete idrica parigina al momento della municipalizzazione?

ALS: Globalmente, in buono stato. Nel 2004, il Comune aveva già rinegoziato i contratti con le società private, e aveva dato loro una serie di obiettivi da rispettare sui lavori di manutenzione della rete. Certo, da quando il sindaco ha preso la decisione del ritorno alla gestione pubblica, la qualità del lavoro dei privati è peggiorata.

OS: Cosa cambia per i parigini, a livello pratico?

ALS: In primo luogo, c’è una sola società, invece delle tre precedenti, il che rende le pratiche più snelle. Abbiamo stabilizzato il prezzo dell’acqua grazie ai guadagni economici della gestione pubblica, e l’abbiamo abbassato, mentre negli ultimi 25 anni aveva subito un rialzo del 200%.

OS: Pensa che l’esperienza di Parigi possa essere d’esempio per altre città europee o francesi?

ALS: Alcuni comuni francesi, dopo Parigi, hanno cominciato a porsi il problema, e hanno intrapreso la strada del ritorno alla gestione pubblica. Grenoble l’ha fatto prima di Parigi, mentre Brest e Tolosa sono sulla buona strada. Poi ci sono piccoli comuni nella periferia parigina.

Quanto agli altri Paesi, ci sono rappresentanti di molte città del mondo che vengono a vedere cosa succede a Parigi: non so se l’iniziativa si diffonderà a macchia d’olio, ma di certo è un esperimento a cui molti guardano in maniera positiva. Non so se la pressione politica sui privati si concretizzerà in termini pratici, ma vedo che l’impatto simbolico di Parigi, che è la capitale del Paese delle multinazionali, quello con il maggior numero di imprese private coinvolte nella gestione dell’acqua, è molto forte.

Tutti usano Parigi come esempio nelle negoziazioni per abbassare il prezzo dell’acqua o per passare alla gestione pubblica.

OS: In Italia esistono diversi movimenti e comitati che lottano per chiedere che l’acqua resti un bene pubblico. Pensa che queste collettività possa influire a livello decisionale sulle politiche di governo?

ALS: In Francia non ci sono iniziative simili a quelle italiane: m’impressiona molto vedere che una parte della società civile è così attiva, molto più che in Francia. Ci sono iniziative democratiche, cittadine, e credo che ciò sia indispensabile: non si può lasciare la gestione dell’acqua soltanto ai rappresentanti eletti. Occorre un dibattito democratico: se non si può fare nel quadro legislativo, si farà in quello dello spazio pubblico.

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