CRONACA

Lieto fine per l’albero più raro?

Ne resta un solo esemplare femminile, ma gli scienziati sperano di cambiare il suo destino

NOTIZIE – Sola. Dal 1945 l’esemplare di Pennantia Baylisiana cresce nel più totale isolamento su una delle Three Kings Islands, al largo delle coste Neozelandesi. Si tratta dell’unico individuo della specie esistente allo stato selvatico. Ora però un progetto scientifico potrebbe finalmente mettere fine allla sua solitudine.

La sua esistenza non è sempre stata così ascetica, ma a un certo punto gli esseri umani hanno pensato bene di introdurre sulle isole le capre che hanno mangiato tutti i suoi parenti. Da alcuni decenni a dire il vero molti hanno provato a riprodurla per talea (una tecnica botanica che parte dai rametti tagliati dal genitore) creando dei cloni della pianta madre, ma non è stato possibile fare di più: i biologi hanno sentenziato che si tratta di una femmina e che ha necessariamente bisogno di un maschio per creare dei veri figli.

La storia dei tentativi di salvataggio della P. Baylisiana è romanzesca. Nel 1990 Peter de Lange, uno scienziato del Dipartimento di conservazione della Nuova Zelanda ha scoperto diverse cose. In primo luogo molti giardinieri neozelandesi erano in possesso di un numero cospicuo di piantine di P. Baylisiana (tutti cloni della pianta solitaria). Le  analisi hanno anche provato che questi esemplari, a differenza di quel che si credeva, erano puri e non ibridati con altre specie di Pennantia. Altra cosa inteessante, una delle piantine grazie all’impollinazione manuale ha addirittura prodotto dei semi. De Lange ha concluso che forse allora l’esemplare originale non è una femmina pura, ma anche se mostra in maggioranza caratteristiche femminili porta anche una minoranza di qualità maschili, da qui la possibilità di autoimpollinarsi.

Dagli anni ’90 centinaia di piantine di P Baylisiana sono state vendute in Nuova Zelanda ma gli scienziati fino a oggi non hanno osato portare i semi sull’isola originaria per paura di contaminare la pianta madre con malattie o funghi che potrebbero danneggiarla, se non addirittura ucciderla.

Quest’anno però potrebbe essere quello della svolta. De Lange e colleghi intendono piantare 1.600 semi nell’isola, semi trattati per eliminare qualsiasi possibilità di contagio. Ci vorranno da sei a dieci anni perché le piantine crescano abbastanza per produrre fiori e dunque riprodursi. De Lange intende far crescere almeno 500 esemplari.

Resta il problema che tutta questa discendenza deriva di fatto da una sola pianta. Questo ne limita la variabilità genetica e potrebbe sul lungo periodo renderla vulnerabile alle malattie. “Sappiamo però che la specie è poliploide (ha un corredo genetico con diverse versioni dello stesso gene), quindi speriamo che questo la renda più resistente,” ha spiegato il biologo.

In questi anni Janeen Collings, una collega di de Lange, ha piantato sull’isola numerose talee della pianta madre, alcune delle quali sono cresciute fino a produrre frutti. Alcuni semi così prodotti sono riusciti a germinare e crescere, ma sono morti entro un anno.

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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.