CRONACA

La scientifica in latteria

CRONACA – Entro la fine dell’anno le latterie europee potrebbero trasformarsi in laboratori da C.S.I. per individuare i residui di antibiotici nel latte. La tecnologia messa a punto dai ricercatori della Technische Universitaet di Monaco di Baviera (TUM), infatti, è simile a quella utilizzata dalla polizia scientifica per individuare le tracce di sangue nei campioni raccolti sulle scene del crimine e permette in pochi minuti di scoprire se il latte contiene concentrazioni di antibiotici che superano i livelli fissati dalla normativa europea.

Oggi anche nelle migliori fattorie biologiche, la vacche da latte possono ammalarsi e aver bisogno di essere curate con gli antibiotici. Per evitare che residui di questi farmaci finiscano nella catena produttiva della lattiere e dei caseifici, vengono condotti dei controlli casuali. Quando sul campione di latte i batteri usati come test non riescono a crescere, si ha il primo indizio che è presente dell’antibiotico e devono essere condotte ulteriori analisi. Gli svantaggi maggiori sono dati dai tempi piuttosto lunghi (si parla di ore per poter effettuare tutte le analisi necessarie) e i costi elevati. Il minilab messo a punto dai ricercatori tedeschi viene incontro alle esigenze dei produttori di latte, che da tempo cercavano una tecnologia semplice e veloce, e mette a disposizione probabilmente già dall’inizio del 2011 un’unità di analisi in grado di rintracciare con certezza in soli sei minuti i quattordici antibiotici più usati. Inoltre, “questo primo sistema completamente automatico per le analisi”, ha sottolineato Michael Seider della TUM, “permette di lavorare con campioni di latte che non sono stati pre-trattati” e di indicare anche la quantità di antibiotico, non solo la sua presenza.

La presenza di antibiotici nel latte non è un problema nuovo. Secondo alcune stime, ogni anno in Europa il latte contaminato rappresenta una perdita di circa 200 milioni di euro. Oltre che per curare infezioni negli allevamenti, “c’è stato un aumento dell’uso di farmaci ad attività antimicrobica impiegati in medicina veterinaria come additivi alimentari perché favorivano la crescita degli animali” ricorda Gianna Ferretti, docente della Scuola di Specializzazione in Scienze dell’Alimentazione dell’Università Politecnica delle Marche. “Nonostante le normative comunitarie, la presenza di residui antimicrobici nel latte e nella carne è un problema importante per la sicurezza alimentare”.

“Per quanto riguarda i potenziali effetti sui consumatori”, prosegue Gianna Ferretti, “vi sono possibili reazioni allergiche in individui sensibili, sebbene a questo proposito alcuni ricercatori ritengano che i livelli di residui non siano sufficienti a produrre conseguenze negative”. Più probabile appare, invece, un loro effetto sulla microflora e sul sistema immunitario dell’intestino. La situazione deve essere controllata con cautela. Spiega Gianna Ferretti che il cloramfenicolo, un antibiotico che agisce sui batteri impedendo la sintesi proteica, ”è vietato nell’Unione Europea, ma è ancora usato in altri Paesi. Uno studio del 2008 ha dimostrato una presenza di residui nel latte prodotto in Turchia per cui è una situazione che va monitorata in particolare per latte e derivati importati in UE. La possibilità di valutare la presenza qualitativa e quantitativa di residui di antibiotici nelle derrate alimentari in tempi rapidi rappresenta di certo un notevole vantaggio per il settore zootecnico per le implicazioni sulla qualità delle materie prime e per la salute dei consumatori”.

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Marco Boscolo
Science writer, datajournalist, music lover e divoratore di libri e fumetti datajournalism.it