CRONACA

Umano, (non sempre) troppo umano

Non tutti i bambini partono da un modello antropocentrico per interpretare la natura

NOTIZIE – Nonostante sia universalmente accettata da psicologi e scienziati cognitivi, la nozione che i bambini sviluppano (universalmente) le loro conoscenze e credenze riguardo agli esseri animati (biologia) partendo da una visione antropocentrica potrebbe non essere corretta, sostiene una ricerca pubblicata sulla rivista Cognitive Development. Al contrario questo tipo di modelli antropocentrici sarebbero fortemente influenzati dalla cultura e dall’esperienza.

Uno studio del 1985, considerato un classico, aveva stabilito che i bambini più piccoli vedono il mondo naturale attraverso la prospettiva della psicologia ingenua (e cioè vedono l’essere umano come paragone e prototipo di tutto) e solo maturando assumono invece la prospettiva della biologia ingenua (dove l’uomo è visto come un tipo biologico in mezzo a tanti). Questi stadi cognitivi sarebbero universali in ogni cultura (implicitamente suggerendo una loro base innata).

Studi successivi però hanno tratto conclusioni molto meno chiare, arrivando persino ad ipotizzare un’importante apporto culturale. Lo studio recente condotto da Douglas Medin e Sandra Waxman, della Northwerster University, negli Stati Uniti, e colleghi ha confrontato la prestazione in test classici di ragionamento antropocentrico in bambini di diversa origine: un gruppo proveniva da un ambiente cittadino (Chicago, negli Stati Uniti), e altri due dal Wisconsin rurale, con la differenza che un gruppo aveva provenienza culturale europeo-americana e l’altro nativa indiana (del popolo dei Menominee).

I risultati sono stati chiari: i bambini “urbani” avevano dei pattern di ragionamento chiaramente antropocentrici, mentre gli altri no.

Secondo gli autori l’esperienza intesa sia come interazione quotidiana con la natura che come sistema di credenze tramandato dalla propria comunità, influenza fortemente i processi di ragionamento sul mondo naturale.

Per esempio i ricercatori hanno osservato che mentre i bambini normalmente imparano a scuola che solo piante e animali sono “vivi”, la nozione tradizionale del popolo  Menominee include anche oggetti inanimati, pietre e acqua, ma anche manufatti, a seconda di quale sia il loro uso.

Gli scienziati dunque concludono che il pattern cognitivo che vuole l’uomo al centro di tutto (che si osserva nei bambini cittadini) non è uno stadio universale di sviluppo cognitivo, come si credeva finora. “Questo stile di ragionamento antropocentrico invece è declinato culturalmente,” spiega Waxman. “Potrebbe in effetti riflettere un modello culturale che viene proposto dai media per i bambini piccoli, per esempio, storie e film in cui gli animali parlano, cantano e recitano come gli esseri umani.,”

Condividi su
Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.