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Ricchezza che dà, ricchezza che toglie

I soldi possono garantire l’accesso a piaceri esclusivi, a scapito però dei piccoli piaceri quotidiani:ecco l’ultima novità dal ricco filone di indagini sul rapporto tra felicità e ricchezza.

CRONACA – Una birra ghiacciata con gli amici, un bel pomeriggio di sole, una tavoletta di cioccolata gustata mentre si legge o si guarda un bel film: sono piccoli, dolcissimi, piaceri della vita, ma chi è ricco rischia di perderseli. La prova? In uno studio appena pubblicato sulla rivista Psychological Science da un gruppo di ricercatori dell’Università di Liegi, in Belgio.
“La ricchezza apre le porte a un’ampia possibilità di esperienze: dai viaggi intorno al mondo ai soggiorni nelle Spa, alle cene di lusso. E basta pensare ai soldi per prefigurarsi questi costosi piaceri”, scrivono gli autori nell’introduzione del loro articolo scientifico. Ma che effetto fa tutto questo sulla possibilità di godere delle piccole gioie di tutti i giorni? Per scoprirlo, Jordi Quoidbach e colleghi hanno allestito due studi differenti .

Nel primo, hanno sottoposto 374 adulti con differenti professioni a un questionario utile a valutare la loro capacità di assaporare (e quindi farle durare nel tempo) emozioni positive. Ai partecipanti, inoltre, sono state poste domande sul loro reddito, i risparmi e il livello di felicità (percepita). Metà dei questionari era corredata dall’immagine di una mazzetta di euro, l’altra da una versione resa irriconoscibile della stessa immagine. Dalle risposte è emerso che chi dichiarava una maggior ricchezza si dimostrava anche meno capace di assaporare emozioni positive. I ricercatori, inoltre, hanno osservato lo stesso trend in chi aveva ricevuto il questionario con l’immagine dei soldi, rispetto a chi aveva solo un’immagine indefinita.

Il secondo studio ha coinvolto 40 studenti universitari, a cui è stato chiesto di mangiare una tavoletta di cioccolato, dopo aver compilato un altro tipo di questionario. Anche in questo caso, metà dei questionari mostrava un’immagine di soldi e metà un’immagine neutra. Ebbene: i ragazzi che avevano il questionario con la foto del denaro hanno impiegato molto meno tempo degli altri a mangiare il loro cioccolato (32 secondi in media rispetto a 45): un primo chiaro indizio che lo abbiano assaporato meno. Non solo: due ricercatori li hanno osservati attentamente mentre mangiavano, scoprendo che gli studenti del secondo gruppo mostravano atteggiamenti ed espressioni molto più soddisfatti di quelli del primo.

“Avere più soldi o concentrarsi troppo sui soldi, quindi, fa perdere di vista i piccoli piaceri della vita”, concludono gli autori. Come dire: se posso andare a cena da Gordon Ramsay a Manhattan è inutile che mi concentri sul piacere che mi può dare del “semplice” cioccolato. “Lo studio si colloca nell’ampio filoni di indagini che, da una decina d’anni a questa parte, cerca di stabilire una correlazione tra soldi e felicità”, commenta Paolo Legrenzi, docente di psicologia cognitiva all’Università di Venezia e autore di un piccolo saggio intitolato proprio La felicità (Il Mulino, Bologna 1998). “In particolare, si inserisce nel filone di studi relativi ai meccanismi alla base della felicità cosiddetta puntuale, quella che si prova “qui e ora”, arrivando a concludere che questa felicità non dipende dai soldi. Anzi!”.

In realtà, tutto il filone di studi sembra affermare che il denaro non serve a essere felici (a patto, ovviamente, che siano soddisfatte tutte le necessità di base. Il discorso cambia se prendiamo in considerazione situazioni di povertà). Certo, di questi tempi, con la crisi calata come una mannaia sulle teste di molti e con i nuovi sacrifici che ci attendono al varco, questa conclusione può apparire una consolazione provocatoria e beffarda. Ma forse può anche essere un modo per collocare le cose in una nuova prospettiva ed evitare di essere travolti dall’ansia e dalla preoccupazione. “I dati Istat ci dicono che oggi abbiamo lo stesso potere d’acquisto che avevamo 10 anni fa”, afferma Legrenzi. “Allora, questo ci rendeva felicissimi (perché avevamo fatto un balzo enorme rispetto a 10 anni prima); oggi invece ci sembra una pessima notizia, perché ci dà l’impressione di tornare indietro. Anche se di fatto, 10 anni fa non stavamo affatto male”. Insomma, la ricetta per la felicità non esiste, ma vedere le cose nella giusta prospettiva, e cercare di godere anche delle piccole cose di tutti i giorni, sicuramente aiuta.

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Valentina Murelli
Giornalista scientifica, science writer, editor freelance