CRONACA

Interrompere il ciclo della violenza

Uno studio condotto su più di superstiti del conflitto nei Balcani mette in evidenza i meccanismi che provocano l’escalation della violenza

NOTIZIE – È come minimo dal 2001 che l’attenzione mondiale è puntata sul terrorismo globale, un timore che non sembra destinato ad attenuarsi.  Qualche giorno fa sulla rivista Journal of the American Medical Association è uscito uno studio che analizza la relazione fra la violenza subita da un individuo e il desiderio di vendetta (e la probabilità di compiere atti violenti, estremi fino al sacrifico).

Di fatto lo studio di Metin Başoğlu, direttore del Centro per la ricerca comportamentale e terapia di Istanbul in Turchia, non fa altro che ripetere il proverbio popolare “violenza genera altra violenza”, ma lo fa in maniera chiara ed intellegibile, oltreché scientificamente provata – i dati quando si tratta di promuovere specifiche politiche sociali sono preziosi alleati.

Başoğlu e colleghi hanno preso in esame 1358 individui fra bosniaci musulmani, bosniaci serbi, croati e serbi provenienti dall’area della ex-Yugoslavia. Questi individui avevano avuto esperienze traumatiche di guerra, combattimenti, tortura, bombardamenti e molto altro.  Lo studio secondo gli autori può aiutare a chiarire i processi che portano da una convivenza pacifica in una società multietnica a “un’orgia di uccisioni, tortura e altre atrocità.”

Oltre l’80% delle persone intervistate ha dichiarato una carenza di giustizia nei loro confronti. Quando è stato loro chiesto come si sentissero rispetto a questo, il 98% di coloro che avevano riportato questo dato ha risposto di sentirsi profondamente frustrata, e l’80% riportava rabbia, stress, senso di inutilità, sfiducia nel prossimo, pessimismo. 3 su 5 manifestavano il desiderio di vendicarsi, e se avessero avuto la possibilità avrebbero punito i responsabili con le loro stesse mani.

Il desiderio di vendetta più intenso era riportato da coloro che avevano visto i loro cari soffrire, seguiti subito dopo da chi aveva sofferto in prima persona.

Non è solo la violenza fisica a provocare il desiderio di vendetta, spiega Başoğlu. Anche le politiche sociali ingiuste per esempio lo fanno, o le invasioni nel nome della democrazia, le armi ipertecnologiche lanciate dal cielo, l’umiliazione, la prigionia e molto altro. La religione inoltre non avrebbe un ruolo scantenante, ma solo facilitatore.

Esiste anche un effetto “vicario” della violenza, continua lo scienziato. Basta vederla alla televisione per portare un normale cittadino a sostenere la causa delle persone offese, talvolta al punto estremo di sacrificare la propria vita.

Başoğlu ritiene che l’accurata comprensione di queste dinamiche dovrebbe spingere i governi ad adottare politiche verso l’immigrazione che non si basino sullo stereotipo e sullo stigma e che interrompano il circolo vizioso della violenza. Başoğlu è anche cosciente che al giorno d’oggi sperare in un cambio radicale e rapido di queste politiche da parte dei governi è pura utopia, ma che ciononostante lavori come il suo e molti altri possono aiutare i cittadini a fare pressione dal basso.

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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.