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I suoni sulla Via della Seta

Il progetto Marco Polo 2010 prevede anche dei test audiometrici per studiare alcune caratteristiche uditive delle comunità attraversate dalla Via della Seta e le loro eventuali connessioni con la genetica. Un tema di ricerca ancora quasi completamente inesplorato. Ne parliamo con Giorgia Girotto, ora in Turkmenistan al seguito della spedizione.

MARCOPOLO2010 – Oltre ai test colori e degli odori per verificare le capacità percettive delle comunità che incontrate, sono previsti anche dei test audiometrici di cui tu sei la diretta responsabile. Di che cosa si tratta?

Le mie analisi sono essenzialmente gli esami audiometrici: noi facciamo un audiogramma per ogni individuo e segniamo ad ogni frequenza qual è la soglia uditiva, cioè a quanti decibel le persone riescono a sentire i vari suoni.

Inizialmente avevamo pensato di aggiungere a questo anche un piccolo test sui suoni relativi alla cucina,l’abbiamo fatto in Georgia ma poi abbiamo lasciato perdere perché i dati diventano troppo dispersivi: preferiamo fare solo l’audiogramma e analizzare quello.

L’esame audiometrico serve per analizzare l’udito come tratto quantitativo e quindi per studiare le singole frequenze, da 250 a 8000 hertz.

Ma che cosa fate ascoltare?

Dei suoni a diverse frequenze, e quando le persone rispondono vuol dire che sentono e quando non rispondono vuol dire che non sentono… Così verifichiamo per ogni frequenza, ogni individuo a quanti decibel sente.

Quindi aumentate via via il volume…

Esatto. E cerchiamo di individuare i geni potenzialmente coinvolti nell’udito che possono essere interessanti…

Poi cercheremo di fare un’analisi qualitativa della presbiacusia che è la malattia di cui mi occupo insieme a Paolo Gasparini. La presbiacusia è la perdita di udito in tarda l’età… perdita di udito patologica…

Come capita alla vista, che a un certo punto bisogna mettere gli occhiali per leggere, una specie di presbiopia dell’udito?

Esatto… e dovremmo quindi raggruppare, tra tutti i soggetti analizzati, quelli sopra i sessant’anni e suddividerli in base alla risposta che ci hanno dato alle diverse frequenze. Faremo infine un’analisi qualitativa — semplicemente “sento” o “non sento” — in base a degli standard che classificano i soggetti presbiacusici rispetto ai soggetti normali.

Ci sono delle correlazioni genetiche a questa predisposizione alla presbiopia? O viene semplicemente quando si invecchia…

È una malattia multifattoriale, quindi c’è una componente genetica e una componente ambientale. Ovviamente noi andiamo cercando di separare il più possibile la componente ambientale… escluderla naturalmente non è possibile, ma qui nelle popolazioni isolate la componente ambientale è molto più simile per ogni soggetto. Andiamo poi a vedere se ci sono dei geni potenzialmente coinvolti che predispongono a questa malattia. Ovviamente la componente ambientale è fortissima, perché se, per esempio, uno svolge un’attività lavorativa in cui è esposto a rumori tutto il giorno anche se non è predisposto geneticamente alla malattia probabilmente la svilupperà lo stesso. Nella malattie multifattoriali come questa è più difficile individuare quali sono i geni potenzialmente coinvolti.

C’è una correlazione con la genetica delle popolazioni? Ci sono popolazioni particolarmente predisposte?

Per ora non si è notata questa tendenza. Generalmente questa malattia viene studiata in popolazioni isolate dove la componente ambientale è più simile. In generale se ne sa ancora molto poco, ci sono alcuni studi sui sani e i geni sono ancora da definire… Mentre per quanto riguarda lo studio della funzione uditiva noi abbiamo bisogno del dato quantitativo, noi prendiamo tutti i soggetti sopra i 18 anni e vediamo come rispondono all’audiogramma, il loro tracciato…

Fate già un’analisi dei dati in loco, una prima passata delle informazioni grezze?

Stiamo scannerizzando tutto e con un software importiamo i dati in modo che sia tutto automatizzato e dopo, se avremo tempo, perché le nostre giornate sono impegnate dall’alba a notte inoltrata!, cercheremo di cominciare le prime analisi. Ma non prima che il DNA verrà estratto, perché per le analisi abbiamo bisogno sia della parte genotipica che della parte fenotipica…

E il DNA lo spedite a Trieste? C’è qualcuno che non è andato né in viaggio né in ferie per aspettare i vostri campioni, analizzarli e spedirvi i dati?

Sì, abbiamo spedito un pacco di dati della Georgia che sta arrivando in Italia… appena sarà estratto il DNA possiamo ricavare la parte genotipica, mentre la parte fenotipica ce l’abbiamo già sul computer. Potremo cominciare le analisi non appena viene estratto il DNA e vengono caricati i dati genotipici.

E dal punto di vista umano, qual è la tua impressione su questa impresa?

Questa esperienza è ricchissima. In Georgia c’è questa cordialità, questa gentilezza, questa voglia di aiutare il prossimo, questo senso dell’amicizia che è veramente fortissimo. Anche in Azerbaijan, ma meno… E sembra che a tutti questi test abbiano risposto anche molto favorevolmente, siano stati contenti di partecipare e di aiutarci, anche l’esame audiometrico, che potrebbe essere una scocciatura fare, l’hanno fatto volentieri e in modo giocoso… Insomma tutto positivo.

Simona Cerrato

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