CRONACA

Vedere con le orecchie

Il cervello può trasformare i suoni in una vera e propria esperienza visiva. In questo modo possono essere studiati dispositivi per aiutare le persone ipovedenti

NOTIZIE – Un dispositivo chiamato vOICe permette alle persone cieche o ipovedenti di ricostruire un’immagine del mondo attraverso il suono. Alcuni soggetti che lo hanno provato dichiarano di vedere delle vere e proprie immagini, anche se lo stimolo è completamente uditivo. Questo secondo alcuni scienziati significa che la nostra idea di cosa per il cervello significhi “vedere” va completamente rivista: le aree che tradizionalmente pensiamo associate unicamente alle vie visive provenienti dalla retina servirebbero invece a costruire “immagini” dello spazio tridimensionale anche attraverso altri sensi, come il tatto e l’udito.

vOICe è composto da una piccola telecamera posta su un paio di occhiali che dialoga con un computer portatile che contiene il software per la conversione immagini-suono più un paio di cuffiette (oppure il software può essere scaricato su uno smartphone e si può usare la telecamera del cellulare). La telecamera registra continuamente la scena da sinistra a destra e il software trasforma le immagini  in suoni stereo secondo un codice fissato: gli oggetti chiari suonano più forte, e la frequenza del suono indica se l’oggetto e più in alto o più in basso nel campo visivo.

Peter Mejier, fisico olandese, ha prodotto il primo prototipo di vOICe nel 1982, ma ora il dispositivo è molto meno ingombrante, e chi lo usa ne è particolarmente soddisfatto.  Dopo un po’ infatti gli utenti imparano a decodificare i suoni  trasformarli in informazioni spaziali. Questo permette loro di navigare nello spazio in maniera piuttosto efficiente.

La cosa forse più sorprendente è che molti dicono di avere vere e proprie sensazioni visive, come se a un certo punto il loro cervello imparasse a trasformare i suoni in visione vera e propria.  Amir Amedi, dell’Università Ebraica di Gerusalemme, e Alvaro Pascual-Leone direttore del Berenson-Allen Center for Noninvasive Brain Stimulation di Boston, qualche tempo fa hanno osservato l’attivazione del cervello di alcuni soggetti mentre usavano vOICe e mentre udivano altri suoni caratteristici. Gli scienziati hanno osservato (lo studio è pubblicato su Nature Neuroscience) che solo mentre usano il dispositivo  nel cervello degli individui si attiva un’area associata al riconoscimento della forma tridimensionale degli oggetti. La cosa più interessante è che quest’area è situata nella corteccia occipitale che tradizionalmente si pensa associata solo alla vista. Secondo Amedi invece la corteccia occipitale servirebbe sì a formare immagini spaziali del mondo, principalmente basate sulle informazioni che arrivando dagli occhi ma che possono anche derivare da altri sensi.

In questo senso secondo alcuni scienziati il concetto stesso di come il cervello “vede” andrebbe ripensato. Secondo alcuni esperti i nostri sensi sarebbero definiti dal modo in cui l’informazione si modifica mentre interagiamo col nostro ambiante. In questo senso se per esempio l’informazione obbedisce in maniera fissata alle regole della prospettiva specie quando ci quando ci muoviamo avanti e indietro,  percepiremo quell’informazione come “immagine”. Per semplificare ulteriormente questa definizione proviamo a immaginare un pipistrello che si muove volando al buio. L’animale non può usare gli occhi per navigare nel suo ambiente, e in queste condizione si avvale del suo noto sistema sonar: emette continuamente dei fischi acuti e il suo cervello è in grado di usare l’eco di questi suoni per valutare la distanza degli oggetti evitando così di sbatterci contro. È ragionevole pensare che per il pipistrello questi suoni non siano percepiti allo stesso modo in cui noi sentiamo per esempio un brano musicale o la voce di qualcuno che parla. I pipistrello grazie a questi suoni ha una vera e propria immagine dello spazio circostante. Qualcosa di simile accadrebbe a chi usa lo struemnto vOICe, o altri simili.

Queste osservazioni sono importanti per comprendere la plasticità del sistema nervoso, e per sviluppare ulteriormente la tecnologia che va in aiuto delle persone ipovedenti.

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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.