CULTURAVIAGGI

Geni tra il deserto e il tetto del mondo

Circa 9000 i km percorsi, cinque le nazioni visitate, oltre 450 le campionature raccolte. Sono alcuni dei numeri di Marco Polo 2010, il progetto scientifico che ha come obiettivo quello di analizzare le caratteristiche genetiche e culturali delle popolazioni che vivono sulla Via della Seta, spesso in comunità isolate.

MARCOPOLO2010 – Hanno viaggiato nel deserto intravedendo, in mezzo alla tempesta di sabbia, i resti delle antiche torri di guardia che, dislocate a una certa distanza l’una dall’altra lungo l’antica Via della Seta, servivano per comunicare alle carovane l’eventuale presenza di predoni. Si sono inerpicati con le jeep sulla Pamir Highway, una vera e propria pietraia che connette le zone più remote del Pamir, passando lungo il confine dell’Afganistan. Hanno visitato la meravigliosa Samarcanda, con i suoi azzurri e gli immensi spazi. Hanno incontrato comunità di donne straordinarie e bambini che giocano con gli ossi degli animali o con bottiglie di plastica vuote… E hanno, lungo tutto il percorso, continuato a campionare le genti che incontravano. Popolazioni che sono rimaste isolate e che quindi sono interessantissime da studiare dal punto di vista genetico.

“La raccolta qui sta andando bene, — dice Pio D’Adamo. — Il numero di campioni sta crescendo. Le comunità sono sempre più calde e ospitali. Si cominciano a osservare delle peculiarità che distinguono una comunità dall’altra. Per il test dei colori ci sono delle comunità in cui la maggior parte delle persone il test lo fa perfetto: 15 colori su 15. Altre che invece sembrano avere dei problemi.” Il test dei colori richiede di accostare in ordine di gradazione 15 dischetti colorati. “Vedremo alla fine, analizzando il DNA e incrociando i dati, se questo ha effettivamente un riscontro,” conclude D’Adamo.

Oltre ai colori, il gruppo di scienziati testa anche la capacità di percepire certi odori. Si usano 12 pennarelli con dei profumi e degli odori diversi e si chiede alle persone di individuare l’odore corrispondente scegliendo tra alcune alternative. L’analisi sarà piuttosto complicata, perché la percezione di un odore dipende da un intreccio quasi inestricable di fattori ambientali, culturali e genetici.

I test audiometrici tendono invece a fare un’analisi qualitativa della presbiacusia, cioè la perdita di udito in tarda l’età, una malattia genetica multifattoriale. Anche qui i fattori ambientali sono difficilmente separabili da quelli genetici.

“Questa malattia viene studiata in popolazioni isolate dove la componente ambientale è più simile. In generale se ne sa ancora molto poco, ci sono alcuni studi sui sani e i geni sono ancora da definire…” ci dice Giorgia Girotto che nel team si occupa proprio di questo aspetto.

Per quanto riguarda il gusto, oltre all’aspetto gastronomico, vengono effettuati dei test con delle cartine imbevute di una sostanza amara e una sostanza salata, la cui percezione dipende dalla configurazione genetica di ognuno. “Siamo riusciti a mettere su un sistema che ci permette di fare i questionari senza quasi bisogno di parlare. È importante perché la barriera linguistica è forte, — ci spiega Nicola Pirastu, membro della comitiva e responsabile di questa parte di ricerca. — Ogni questionario è costituito da 80 domande, 80 cibi diversi di cui chiediamo un indice di gradimento da 1 a 5. Ci vorrà un po’ di tempo per elaborare i dati.”

Il gruppo di viandanti, composto da scienziati e comunicatori della scienza, in viaggio da circa 40 giorni, sta concludendo la tappa in Tajikistan. Ritorneranno poi in Uzbekistan, a Tashkent, per passare in Kazakistan e infine in Cina.

“Rispstto a qanto programmato prima della partenza, abbiamo dovuto adattarci a delle realtà locali che erano ben diverse da quelle previste, — racconta Paolo Gasparini, genetista e responsabile scientifico della spedizione. — Per esempio, noi pensavamo che avremmo fatto quasi tutto il lavoro di campionatura all’interno di edifici in muratura, indifferente che cosa: la casa di uno, il comune, la casa del popolo o quant’altro. Invece abbiamo avuto al massimo una o due stanze, e abbiamo campionato nei frutteti, negli orti, vicino alle stalle… Quindi abbiamo dovuto adattarci per campionare all’aria aperta, all’ombra di peri, di meli con i vitelli accanto… e questo ci ha costretto a un’organizzazione diversa da quanto avevamo pianificato. Detto questo, direi che le cose sono andate bene. Siamo soddisfatti.”

Questa è la prima volta che viene effettuato uno studio genetico sulle popolazioni di questi paesi, che proprio per il loro isolamento sono state finora escluse dalle rotte dei ricercatori. I risultati finali, quindi, avranno una notevole valenza scientifica e culturale.

Condividi su