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AAA VOLONTARI CERCASI

I progetti di calcolo distribuito basati su contributi volontari stanno cambiando il volto della ricerca scientifica. In queste reti di collaborazione le distinzioni tra “specialisti” e “non specialisti” si annullano, e i risultati sono tangibili. Basta possedere un Personal Computer, una connessione Internet, e un po’ di spirito di competizione

Tutto parti con il SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence), cioè con quei progetti che dagli anni ’60 cercano di scoprire scientificamente se esistano (o siano esistite) forme di vita intelligenti nello spazio, principalmente analizzando le onde elettromagnetiche captate dai radiotelescopi.

Chi ha visto il film Contatc, basato sul romanzo omonimo Carl Sagan, che è stato tra i più appasionati sostenitori dell’impresa, conosce già la triste realtà di un progetto di ricerca così speculativo: i fondi pubblici possono essere tolti da un momento all’altro, con la motivazione che questi servano più alla ricerca applicata che a quella pura.

Impegnare risorse computazionali di proprietà del governo (i primi grandi progetti iniziarono grazie al sostegno degli Stati Uniti) per un progetto così triviale non era più accettabile: i dati raccolti dai radiotelescopi, in particolare quello di Arecibo devono infatti essere analizzati al calcolatore.

Nel 1999 nasce il progetto seti@home. L’idea alla base era semplice: volontariamente si poteva installare un piccolo programma sul proprio Personal Computer, che avrebbe analizzato pacchetti di dati grezzi scaricati da Internet provenienti dai radiotelescopi, dati che poi erano inviati “raffinati” ai server dell’Università di Berkeley in California per essere integrati.

Il radiotelescopio di Arecibo. La sua parabola misura 305 metri di diametro

Il principio era quello del calcolo distribuito: tanti computer tra loro coordinati sullo stesso scopo potevano dare gli stessi risultati dei singoli, costosissimi, supercomputer. Tutto questo avveniva inoltre nei cosiddetti “tempi morti” del computer, quelli in cui di solito scatta lo screen saver (è anche possibile impostare seti@home per fare da screensaver, visualizzando così una rappresentazione grafica dell’elaborazione).

lo screensaver di Seti@home

Il successo fu immediato, e in breve Seti@home divenne il più popolare programma di calcolo distribuito e si gettarono così le basi per successivi progetti, primo fra tutti Rosetta@home che cerca di prevedere il ripiegamento delle proteine: un’impresa che definire mastodontica è un pallido eufemismo.

Da allora, tramite la piattaforma BOINC, sempre progettata a Berkeley, è possibile aderire a dozzine di progetti, la maggior parte no-profit, che utilizzano i processori in base alle preferenze dell’utente, in background, e senza compromettere in alcun modo la funzionalità della macchina.

Finora, non si sono scoperti altri inquilini del Cosmo, ma i risultati raggiunti dai vari progetti sono citati sempre più spesso nelle pubblicazioni scientifiche, comprese quelle ad alto Impact Factor.

Lo sanno bene gli utenti di Einstein@home, che cerca di confermare l’esistenza delle onde gravitazionali previste appunto da Albert Einstein: il 27 agosto di quest’anno hanno ricevuto un’e-mail che iniziava così:

Caro volontario di Einstein@home,

ho delle ottime notizie.

Per più di un anno, Einstein@home ha utilizzato circa un terzo del tempo di computazione disponibile alla ricerca di pulsar tra i dati raccolti dall’Osservatorio di Arecibo. Sono felice di annunciarti che il mese scorso abbiamo trovato la nostra prima pulsar: PSR J2007+2722.

Non è ancora confermato, ma sembra che si tratti di una raro tipo di oggetto chiamato pulsar riciclata. La scoperta è stata pubblicata on-line sulla rivista Science Giovedì 12 Agosto.

[…]

Cordialmente,
Bruce Allen
Direttore, Einstein@Home

Ironia della sorte, non solo i dati sono stati raccolti dal radiotelescopio di Arecibo, simbolo del SETI, ma il software di Einstein@home è plasmato sul modello di quello di Seti@home.

Di questo successo, ha parlato diffusamente anche la rivista divulgativa Scientific American.

Per stimolare la partecipazione, è stato inserito un aspetto competitivo: per ogni progetto a cui si aderisce è possibile creare e iscriversi a dei team, scaricare attestati con il dettaglio della quantità di dati elaborati fino a quel momento e, naturalmente, entrare in varie classifiche.

Ma questa Citizen Science può andare anche oltre, tanto che ha attirato l’attenzione della rivista Nature: esistono alcuni progetti nei quali i volontari possono avere un ruolo attivo, prestando non solo il proprio processore alla ricerca scientifica, ma anche il proprio cervello.

FoldIT, dagli stessi creatori di Rosetta@home è un vero e proprio gioco dove i partecipanti cercano la configurazione migliore con la quale ripiegare una proteina. In pratica è un puzzle tridimensionale, in cui vince chi crea la struttura più stabile, cioè quella a minore energia. Anche in questo caso, i risultati del gioco sono analizzati. Il principio alla base è che gli esseri umani hanno l’innata capacità  di ragionare in tre dimensioni.

Gli utenti infatti sono in grado di capire istintivamente dove dovrebbe andare un certo pezzo di proteina, e scartano velocemente quelle configurazioni che chiaramente sono instabili. I software attuali, per raggiungere queste conclusioni, devono provare e riprovare miriadi di possibili varianti.
Sebbene le proteine del gioco siano estremamente semplificate, i risultati ottenuti servono a costruire algoritmi di analisi più efficienti.

Qui di seguito uno dei tutorial video per iniziare imparare a giocare.

Alcuni giocatori si sono dimostrati talmente in gamba che David Baker, il biochimico dell’Università di Washington dietro a Rosetta, li ha “promossi” al protein design, chiedendo loro di trovare delle varianti di proteine già note.

Come racconta Nature, il texano Scott Zaccanelli ha progettato una versione di fibronectina nel tentativo di ottenere una molecola più stabile: l’idea di base era talmente convincente che Baker ha deciso di provare a sintetizzarla.

Alla fine, la proteina non si è dimostrata più stabile, ma è stata la prima volta che la partita si è spostata in laboratorio.

Insomma, il gioco si fa di giorno in giorno più serio e ora, oltre che di calcolo distribuito, possiamo parlare anche di pensiero distribuito e ognuno può dare il suo contributo.

Commenta Zaccanelli:

Forse qualcosa di quello che faccio sarà di aiuto nel trovare una strada per la cura del cancro, o dell’AIDS, o del semplice raffreddore

Il software BOINC si può scaricare, per tutti i sistemi operativi, a questo URL

http://boinc.berkeley.edu/download_all.php

Foldit invece si scarica dalla home page del progetto

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Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, mi sono formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrivo abitualmente sull’Aula di Scienze Zanichelli, Wired.it, OggiScienza e collaboro con Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione. Ho scritto col pilota di rover marziani Paolo Bellutta il libro di divulgazione "Autisti marziani" (Zanichelli, 2014). Su twitter sono @Radioprozac