CRONACA

Poker d’assi: quattro italiani alla guida dell’LHC

Con la recente nomina di Pierluigi Campana a portavoce dell’esperimento LHCb, sono diventati quattro gli italiani alla guida dei quattro esperimenti dell’LHC di Ginevra. Fabiola Gianotti ad ATLAS, Guido Tonelli a CMS, Paolo Giubellino ad ALICE, e ora Campana. Uno per ogni esperimento: un fantastico quanto insolito en plein made in Italy. Soltanto un caso o c’è di più?

INTERVISTE – Pierluigi Campana, portavoce di LHCb a partire dal prossimo maggio, ci scherza su: “Se misuriamo questa coincidenza con le leggi della statistica (la probabilità di fare poker e’ circa l’1 per mille), un osservatore esterno direbbe che il mazzo di carte è truccato. Qual è la probabilità che, dovendo la UE assegnare le sedi diplomatiche ai suoi stati membri, all’Italia capitino contemporaneamente Washington, Berlino, Londra e Parigi? Zero, come si è visto. O che quattro squadre di calcio italiane vadano in semifinale di Champions League? Ancora zero”.

 

Di sicuro c’è una componente aleatoria nell’episodio, ma quali altri fattori hanno avuto un ruolo nella scelta dei quattro? “La scelta è determinata da libere votazioni all’interno delle grandi collaborazioni, per cui si possono fare anche delle considerazioni di carattere generale”, spiega Guido Tonelli, portavoce di CMS. “Ci sono dietro sicuramente una buona scuola ed una buona organizzazione del sistema ricerca. La buona scuola nasce dalla tradizione italiana nella fisica delle alte energie, da Enrico Fermi a Carlo Rubbia, ed è la prova che alcune delle nostre migliori università danno una formazione scientifica di base che risulta competitiva, in questo campo, con le migliori università del mondo”.

 

“I giovani usciti dai nostri dottorati non temono il confronto con i loro colleghi di università dal grande nome come l’MIT o Oxford”, aggiunge Paolo Giubellino, portavoce di ALICE a partire dal gennaio 2011. Una considerazione su cui concordano anche Fabiola Gianotti, portavoce di ATLAS, e Campana.  Giubellino non esita a formulare un richiamo alla cautela ai sostenitori a spada tratta del sistema nordamericano: “Quando, per la riforma delle nostre università, si dice che dobbiamo prendere esempio dagli Stati Uniti, be’, pensate che fisici e ingegneri dell’MIT, che molto numerosi in CMS, hanno eletto Guido Tonelli come loro portavoce. Quindi, la necessità di adeguarsi a queste istituzioni andrebbe valutata con molta attenzione”.

 

Altro aspetto la cui importanza è sottolineata dai quattro è il contributo dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) ai lavori dell’LHC. “Una struttura indipendente, molto agile, governata da scienziati nominati da colleghi su base dei loro meriti, e in cui tutte le decisioni sono prese in modo trasparente e pubblico, il che permette di avere il controllo della comunità su cosa viene fatto”, chiarisce Giubellino. “Senza l’organizzazione dell’Infn e i finanziamenti del Ministero della Ricerca sarebbe stato impossibile partecipare alla costruzione dei grandi esperimenti di LHC, trovare soluzioni ai problemi tecnologici più difficili e organizzare una grande partecipazione della comunità dei fisici italiani”, gli fa quasi eco Tonelli, mentre Gianotti precisa: “Quello dato dall’Infn a LHC è uno dei contributi dominanti a livello mondiale in termini di cervelli, di tecnologia e di idee”.

 

Approfittiamo dell’evento per chiedere ai quattro assi le loro opinioni sul futuro della ricerca italiana in fisica delle alte energie, e arrivano le note dolenti: “I quattro portavoce italiani  rappresentano  in qualche modo il riconoscimento del ruolo decisivo svolto dalla comunità scientifica del nostro paese in questa impresa. È un patrimonio che e’ importante salvaguardare. Dico questo in un momento in cui da molte parti si avvertono rischi di tagli ai finanziamenti, procedure più  complicate per partecipare alle attività al Cern e difficili prospettive di offrire lavori stabili ai nostri giovani migliori nell’università e negli enti di ricerca”, afferma Tonelli. Di una classe politica più attenta alla ricerca in passato che attualmente parla anche Campana: “Senza fondi e senza opportunità di lavoro per i giovani, tutto ciò che facciamo non ha molto senso, e il futuro stesso del nostro Paese è seriamente compromesso”, spiega. Gianotti aggiunge alle considerazioni dei colleghi la necessità di un sistema meritocratico, “altrimenti la sola strada possibile sarà andare all’estero”.

 

“Per uno scienziato, il sogno più grande è contribuire alla ricerca del proprio Paese, ovviamente in collaborazione con gli altri paesi del mondo: il nostro ambiente, dal punto di vista della formazione e degli stimoli intellettuali, non è secondo a nessuno; il problema sono le condizioni al contorno. Non mi sentirei di consigliare ai giovani di andare all’estero, ma constato che è ciò che avviene attualmente”, ammette con una nota di realismo la portavoce di ATLAS. Per Giubellino, obbligare i giovani a lavorare all’estero “per il Paese è una perdita: il sistema italiano li forma e, al momento in cui potrebbe raccoglierne i frutti, li cede al mondo”.

 

Un problema specifico dell’Italia, perché nonostante la crisi economica, altri Paesi come Germania e Stati Uniti, locomotive dello sviluppo economico mondiale, non hanno tagliato i fondi alla ricerca, ma anzi li hanno incrementati, considerando la ricerca una via d’uscita proprio dalla crisi. “Il problema è che questi tagli hanno in generale effetti molto ritardati: un taglio oggi porta alla non-assunzione di un giovane capace, che potrebbe essere un portavoce tra quindici anni. Noi, come paese, stiamo facendo danni che vedremo solo tra qualche tempo”, conclude Giubellino.

Condividi su