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La lingua del gatto e la meccanica dei fluidi

CRONACA – Anche nel modo di bere cane e gatto non potrebbero essere più diversi: un ricercatore italiano descrive in dettaglio la raffinatissima “tecnica” del piccolo felino di casa

Ci avete mai pensato? Osservare un gatto che beve è quasi un piacere estetico. Nessun movimento fuori posto, nessuna goccia sprecata: solo la grazia e l’eleganza di quella minuscola lingua rosa che fa su e giù dalla bocca alla ciotola. Per un ricercatore italiano questa azione aggraziata ma comune è diventata anche un problema di fisica, la cui soluzione ha meritato un articolo su  Science .

La domanda “come beve un gatto?” può sembrare banale, eppure la risposta non lo è affatto, al punto che per trovarla non è bastato un appassionato di gatti, ma ci è voluto un ingegnere appassionato di gatti: Roman Stocker, che è altoatesino e ha studiato ingegneria civile a Padova, ma ora è in forze al Massachusetts Institute of Technology, dove dirige il laboratorio di microfluidica ambientale.

Per saperne di più sul meccanismo con cui, leccata dopo leccata, il suo gatto prosciuga il latte della colazione, Stocker – con l’aiuto di alcuni colleghi – ha deciso di filmarlo con una telecamera per imaging ad alta velocità, che permette di cogliere singoli movimenti invisibili a occhio nudo. Il video ha svelato che cosa succede davvero: a differenza del cane, il gatto non usa la lingua come una sorta di cucchiaio con cui raccogliere acqua o latte per poi portarli alla bocca. Qui la fisica in gioco è ancora più complessa, e ha a che fare con un preciso equilibrio di forze.

In dettaglio: con il muso rivolto verso il basso, il gatto estende la lingua verso la superficie del liquido da bere, incurvandola leggermente nell’ultimo tratto in modo che assuma una forma a J. La lingua non penetra mai nell’acqua o nel latte, ma si limita a sfiorarne la superficie con la porzione dorsale del tratto ricurvo, al quale il liquido stesso rimane adeso. Così, quando la lingua risale verso l’alto, finisce con il portarsi dietro una colonna di liquido, che viene imprigionata in bocca appena prima di spezzarsi.

Sappiamo tutti – o almeno tutti coloro che sono stati leccati da un gatto – che la lingua del piccolo felino domestico è molto ruvida e si potrebbe pensare che le minutissime strutture anatomiche responsabili di questa ruvidezza siano coinvolte nel fenomeno, ma non è così: a entrare in contatto con l’acqua è solo la punta della lingua, che è priva di queste strutture ed è molto liscia.

Ma quali sono esattamente le forze coinvolte? Da una parte c’è la forza di gravità, che tende a tirare la colonna di liquido verso il basso, cioè verso la ciotola. Dall’altra l’inerzia, cioè la tendenza della colonna di liquido a seguire una forza che stia agendo su di essa, come la forza di trazione esercitata dalla lingua verso l’alto, cioè verso la bocca. A lungo andare prevale la gravità, ma c’è un intervallo di tempo in cui l’inerzia è sufficiente a far arrivare acqua o latte alla bocca del gatto. Ed è proprio l’equilibrio tra queste due forze a determinare la frequenza con cui il gatto lecca il liquido.

Ricostruendo questa attività in laboratorio con un piccolo dispositivo, inoltre, Stocker e colleghi hanno verificato che il gatto tira indietro la lingua alla velocità giusta per portare il massimo volume possibile di liquido alla sua bocca.

I gatti di casa comunque non sono i soli felini a usare questo meccanismo per bere: andando a filmare felini piu’grandi allo Zoo New England e osservando video disponibili su YouTube, Stocker e colleghi hanno scoperto che anche tigri, leopardi e leoni si comportano allo stesso modo. Un comportamento che, molto probabilmente, ha un preciso significato evolutivo: bere in questo modo “pulito”, infatti, permette di mantenere asciutte le vibrisse dei felini (quelle che comunemente chiamiamo baffi, e che sono veri e propri organi tattili) e di massimizzare la visione periferica anche durante la bevuta.

Davvero non c’è male, per un problema nato da una comune osservazione casalinga, e per il quale non sono da escludere possibili risvolti applicativi nella meccanica dei fluidi. Ma a me resta un dubbio: chissà che cosa penserebbe Stocker del modo “apocalittico” con cui beve il mio cane, infilando nella ciotola l’intero muso (quando non tutta la testa) e spargendo acqua sul pavimento nel raggio di mezzo metro, per poi rotolarcisi dentro.

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Valentina Murelli
Giornalista scientifica, science writer, editor freelance