ECONOMIA

O la va o la spacca

Le tragiche conseguenze della crisi economica dovrebbero insegnarci a stare più attenti nelle scelte. Tuttavia secondo uno studio, chi nella vita è portato ad accettare i rischi continuerà a farlo anche in ambito finanziario.

ECONOMIA – Ma come diavolo è potuto succedere? Se lo saranno chiesto in molti, con le mani tra i capelli e lo sguardo fisso sulle schermate dei computer di Wall Street, osservando attoniti cifre e grafici in picchiata. Se lo sarà chiesto anche la gente comune, che a causa di pessimi investimenti altrui si è ritrovata con problemi economici di non poco conto.

Le cause della recente crisi economica sono complesse, ma ora una ricerca pubblicata su Psycological Science in the Public Interest, una rivista scientifica dell’Association for Psychological Science, cerca di far luce almeno su ciò che accade nella testa di quelli che negli anni Ottanta venivano definiti yuppie: come funzionano i processi decisionali in ambito finanziario?

Se infatti i grandi accusati sono le avide banche, i consulenti che consigliavano prestiti subprime e l’uso spensierato delle carte di credito, gran parte della responsabilità è da imputarsi anche ai singoli comportamenti.

In questo studio, gli autori Tommy Gärling (Università di Gothenberg, Svezia), Erich Kirchler (Università di Vienna, Austria), Alan Lewis (University of Bath, Inghilterra), e Fred van Raaij (Università Tilburg, Paesi Bassi) hanno notato che quando arriva il momento di prendere decisioni in un clima di incertezza, le persone tendono a essere maggiormente influenzate dal rischio percepito rispetto al rischio oggettivo.

Può sembrare una contraddizione, visto che stiamo parlando di un settore in cui, in teoria,  le cifre, i numeri e la fredda matematica sono i fondamenti. Tuttavia correre dei rischi rientra nella normalità per quanto riguarda il processo decisionale in ambito finanziario. Quando si richiede un prestito, piccolo o grande che sia, c’è sempre la possibilità di non riuscire a restituire i soldi, o, altro esempio, comperare azioni di una società sconosciuta ma di cui si intravedono le potenzialità prevede sempre una quota di imponderabilità.

“In generale si può dire che le crisi finanziarie possono comportare serie conseguenze per le persone che sono più propense ad accettare i rischi”, scrivono gli autori. In altre parole le persone estroverse e che cercano emozioni forti sono più disposte ad accettare rischi notevoli rispetto alle persone ansiose. I ricercatori hanno notato che, nonostante i mercati dovrebbero sempre basare gli scambi su reali valutazioni, gli investitori azionari sovrastimano le notizie (specialmente di eventi che minacciano il mondo economico), vendono azioni vincenti prematuramente, mentre mantengono azioni in perdita troppo a lungo, seguendo i leader del mercato azionario. Secondo Gärling e colleghi, gli investitori sono cognitivamente influenzati dalla troppa sicurezza in sé stessi, atteggiamento rinforzato dalle influenze affettive e sociali. Tutto questo contribuisce a fenomeni apparentemente strani osservati nei mercati azionari (per esempio la totale imprevedibilità dei prezzi, dovuti all’eccessiva contrattazione).

“Anche i nostri modelli statistici e finanziari evidenziano che il rischio percepito è più influente di quello oggettivo”, commenta Elke  Weber, direttrice del Center for Research On Environmental Decisions di New York (che fa parte della Columbia University). “Persone differenti percepiscono gli stessi rischi oggettivi in modi diversi, e le loro azioni saranno conseguentemente molto dissimili tra loro” Secondo la Weber c’è per esempio una notevole eterogeneità nelle risposte, a cui si aggiungono le variabili demografiche come l’età e il genere. La percezione del rischio delle persone più anziane e delle donne tende infatti ad essere più elevata.

Nella vita di tutti i giorni il debito è comune, non solo attraverso le carte di credito o il ricorso al prestito, ma anche nelle forme di finanziamento per l’acquisto di elettrodomestici o automobili. Gli autori della ricerca osservano che molti debitori affrontano sfide complesse quando decidono di affidarsi al credito e spesso cadono in errori cognitivi quando devono restituire il denaro. Errori dovuti proprio alla propensione al rischio, che non tiene conto dell’oggettività delle variabili in campo.

Le crisi finanziarie hanno poi una grande influenza non solo sui portafogli, ma anche sul comportamento a lungo termine: influiscono sulla sicurezza individuale. Il cambiamento delle abitudini, spesso radicale (dal vendere la propria automobile a rattoppare in casa i vestiti), per molte persone è molto difficile da affrontare. Cambiamenti di questo tipo segnalano chiaramente a sé stessi e agli altri che stanno soccombendo alla crisi e, più in generale, alla capacità di controllare le situazioni.

“Non bisogna però dimenticare anche altri fattori, più oggettivi, come la negligenza e gli incentivi perversi che, nel caso del disastro economico, sono entrati prepotentemente in gioco”, ricorda la Weber.

Le crisi finanziarie sono quindi inevitabili? Il cambiamento delle logiche insite nelle istituzioni finanziarie non è affatto facile, ma proprio per questo gli autori suggeriscono che bisognerebbe agire piuttosto sul meccanismo decisionale dei consumatori, educando i futuri investitori già dalle scuole elementari.

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