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Che tempo che farà?

Un altro esempio di citizen science, questa volta applicato alle previsioni meteorologiche e climatiche. Che tempo farà nei prossimi decenni? I nostri computer possono dare una mano a scoprirlo.

FUTURO – Con l’avvento dei primi computer, verso la fine degli anni ’40, si pensava che non ci sarebbe voluto molto perché potessero essere in grado di prevedere l’andamento di qualunque fenomeno semplicemente dando loro in pasto i dati giusti. Nei primi anni ’60, Edward Norton Lorenz, un matematico americano prestatosi alla meteorologia, si rese però conto che, purtroppo, le cose non erano così facili.

In breve, un sistema complesso, come appunto il tempo meteorologico ha troppe variabili in gioco perché valga il principio che, note le condizioni di partenza, si comporti sempre allo stesso modo. La summa della tesi di Lorenz (che così gettò le basi della Teoria del Caos) si può riassumere con la popolarissima metafora dell’Effetto Farfalla: “Una farfalla batte le ali a Pechino, e a New York piove invece di essere sereno”.

Se però si pensa che all’epoca il più potente computer, aveva le prestazioni di un orologio digitale, e quindi la sfiducia nei confronti di previsioni a lungo termine poteva essere giustificata, ora non è certo più così. Per questo non c’è da stupirsi se da tempo, grazie alla piattaforma di calcolo distribuito BOINC esiste il progetto Climateprediction che, nomen omen, cerca di prevedere addirittura il clima globale, fino all’anno 2100.

Il progetto, come gli altri che usano BOINC, è composto da diversi esperimenti e ai volontari si chiede di mettere a disposizione il proprio computer per analizzare i dati raccolti.

Il 16 novembre Climateprediction ha varato un nuovo esperimento, weatherathome, che invece si propone di studiare il clima su scala molto più ridotta, in modo da poter prevedere in particolare come i cambiamenti climatici influiranno sui fenomeni meteorologici estremi.

L’esperimento è composto da cinque parti:

  1. studio di un modello climatico che ricalchi il periodo tra il 1960 e il 2010 da confrontare con dati reali in modo da renderlo più accurato e quindi farlo diventare predittivo
  2. previsioni per il decennio 2020-2030
  3. stima dell’influenza delle attività antropiche sul clima degli ultimi 50 anni
  4. simile al secondo punto, ma con modelli in cui la Terra è 3 o 4 volte più calda di adesso e che si spingono fino alla fine del secolo
  5. studio del clima durante l’intero l’Olocene, il periodo geologico nel quale ci troviamo oggi, a partire quindi dal suo inizio (circa 10.000 anni fa)

Al momento, le elaborazioni si limitano a tre aree: Africa meridionale, Europa e Stati Uniti Occidentali.

Suzanne Rozier, come coordinatrice del progetto Climateprediction.net e membro del team di ricerca, ha registrato un video dove spiega weatherathome e invita a prendervi parte. Weatherathome è finanziato dal NERC (Natural Environment Research Council, Gran Bretagna), dalla Commissione Europea e da Microsoft Research,  Anche il quotidiano inglese The Guardian, che ha una sezione specificamente dedicata a tematiche ambientali, supporta il progetto ospitando un articolo di presentazione scritto dalla stessa Rozier.

Le istruzioni per partecipare sono a questa pagina.

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Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, mi sono formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrivo abitualmente sull’Aula di Scienze Zanichelli, Wired.it, OggiScienza e collaboro con Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione. Ho scritto col pilota di rover marziani Paolo Bellutta il libro di divulgazione "Autisti marziani" (Zanichelli, 2014). Su twitter sono @Radioprozac