CRONACA

Riforma approvata alla camera

NOTIZIE – Ieri la Camera dei deputati ha approvato la riforma universitaria, con 307 voti a favore e 252 contrari. Intanto per le strade di Roma infuriavano gli scontri. Studenti e ricercatori non hanno gradito il blocco militare che impediva l’accesso a Piazza Montecitorio. E come biasimarli? Il corteo che doveva terminare proprio lì era stato regolarmente autorizzato e la nutrita folla aveva tutto il diritto di entrare nella piazza di fronte al palazzo dove la Camera dei deputati era riunita appunto per discutere la controversa legge.

“Lavoro in centro a Roma da quasi 4 anni, la città così blindata non l’avevo mai vista”, uno dei tanti commenti che ho letto ieri su Facebook. Massimiliano Tabusi, ricercatore dell’Università per stranieri di Siena con cui abbiamo parlato anche ieri,  conferma: “la città era militarizzata.”

“La cosa più sconcertante è che invece di discutere e aprire un dialogo con i manifestanti ci si barrica.”

Tabusi riassume alcuni punti “controversi” della riforma:

Rapporto pubblico/privato: in generale questa riforma vuole creare un sistema di “transizione”, rendendo progressivamente marginali gli istituti pubblici in favore di quelli privati (compromettendo così il diritto allo studio)

La cultura gestita dall’economia: gli istituti potranno essere commissariati dal ministero dell’economia (nonostante un emendamento “cosmetico” di FLI). Inoltre i poteri dei CDA vengono estesi arrivando al risultato che a decidere sulla ricerca sarà un organo con funzioni essenzialmente economiche. Secondo il movimento, e non solo, in materia di cultura e ricerca non si può pensare in termini esclusivamente economici.

Non è inoltre chiaro chi dovrà entrare in questi CDA: dovranno essere infatti composti almeno da 3 (su 11) figure esterne. “Almeno” significa che potrebbero essere anche 10 su 11. Il problema è che non verranno pagati e dovrà trattarsi di persone volenterose e disinteressate che dedicheranno il loro lavoro all’università. Chissà da dove sbucheranno questi volenterosi. Se poi la riforma a dicembre verrà approvata definitivamente si dovranno cercare circa 1000 di questi “volenterosi” in un tempo brevissimo. Un bel bacino dove imboscare orde di politucoli locali, insinua qualcuno.

I “disinteressati” non pagati avranno grandi poteri. Per esempio il potere di decidere se, a quanto e a chi vendere i beni delle università (che possiedono per esempio molti beni immobiliari). Un altro potere futuro del CDA sarà quello di assumere anche il personale scientifico, visto che i concorsi verranno fatti su base locale (vedi più avanti)

Concorsi per i ricercatori: con la riforma sparisce la figura del ricercatore a tempo indeterminato. Alla carriera universitaria si potrà accedere solo passando per un posto di ricercatore a tempo determinato di tre anni, che può essere riconfermato per altri due, poi eventualmente altri tre, per poi infine (per i più fortunati) passare a un posto di professore associato a tempo indeterminato (gli altri “a casa”). L’unico concorso previsto in questo iter riguarda il primo step, cioè quello per i primi tre anni di ricerca. Il grosso problema è che fino a oggi questo tipo di concorsi erano stabiliti a livello nazionale, ma se la legge verrà approvata i concorsi verranno stabiliti su base locale e in accordo con i regolamenti di ateneo. Questo vuol dire che non esisterà più una regola uniforme e ognuno farà un po’ quel cavolo che gli pare. Il governo parla di una riforma che premia il merito, ma una regola del genere apre di fatto  la porta ad abusi di ogni tipo.

Borse di studio: spariranno a favore dei “prestiti”. Anche qui molti storcono il naso

Rottamazione del ricercatore: i ricercatori a tempo indeterminato, oltre a sparire come figura, verranno progressivamente eliminati, nel senso che quelli oggi assunti non verranno rimpiazzati. Questo è un problema perché in questo modo la massa di precari dentro all’università crescerà ulteriormente, creando una base di manodopera ricattabile, prevenendo di fatto qualsiasi voce di dissenso.

Il testo approvato ieri per diventare legge dello Stato dovrà passare al Senato. Il governo intende fare in fretta, per il 13 dicembre, cioè il giorno prima del voto di sfiducia. Se non ce la dovesse fare e si avesse una crisi di governo, la legge finirà per arenarsi un bel po’. Intanto la protesta continua.

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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.