COSTUME E SOCIETÀ

Il mercato dell’auto si elettrizza

COSTUME – Il mercato dell’auto conta. Basta vedere (e in questi giorni ahimè la vicenda diegli stabilimenti di Pomigliano sta focalizzando l’attenzione dell’intera nazione) quanto è presente sulle pagine dei giornali. È un mercato che ha costituito nel secolo scorso uno dei più importanti settori nell’economia dei paesi industrializzati. Oggi si dice, è in declino, complice la crisi economica. Certo è che in qualche modo questo settore “pesante” inizia a incarnare meno lo spirito del tempo. L’automobile, mezzo costoso, comincia forse a vacillare anche come status symbol – anche se la mania per i SUV mi fa venire qualche dubbio in proposito -. Eppure dati alla mano, il settore è in forte calo, e molte compagnie automobilistiche stanno cerando di reinventarsi tracciando nuove rotte occupando nuove nicchie.

Ringraziando il cielo, una delle nicchie adocchiata dai grandi produttori è quello delle auto ecologiche, per catturare quella grossa fetta di possibili acquirenti preoccupati per il riscaldamento globale, la vivibilità degli ambienti urbani, l’ambiente in genere. È possibile dunque che nei prossimi anni vedremo in giro sempre più auto elettriche (sarà questo il nuovo status symbol del millennio?).

A conti fatti, a livello di sostenibilità, i pro sembrano essere molti di più dei contro (ed è possibile che questi possano diminuire col migliorare della tecnologia). Vediamone un po’ qualcuno.

Emissioni zero? Ni. Nel senso che la macchina, è vero, non “emette” proprio niente, però bisogna vedere “a monte” come viene prodotta l’energia elettrica, e questo dipende ovviamente dal sistema energetico del paese. Studi hanno calcolato per esempio che con l’attuale sistema USA una macchina elettrica produce in media 115 grammi di C02 per chilometro, contro i circa 250 delle normali macchine a motore a scoppio. Non è male, ma in altri paesi la situazione è diversa. Uno studio per esempio ha calcolato che con il modello energetico attuale, l’introduzione in Germania di un milione di nuove auto elettriche, nel migliore dei casi, ridurrebbe le emissioni di CO2 solo dello 0.1%.

C’è da dire però che il motore elettrico ci “slega” dalla fonte energetica, nel senso che chiede semplicemente energia elettrica, non importa come questa venga prodotta. In questo modo se anche il sistema energetico di un paese evolve (per esempio verso un uso più massiccio delle rinnovabili) non c’è bisogno di cambiare il parco macchine.

Un altro aspetto importante delle zero emissioni del veicolo è l’impatto ridotto sull’ambiente urbano.  Basta respirare CO2 quando passeggiate, ma soprattutto basta maledette polveri sottili in città, così dannose per la nostra salute (e basta ecopass e giornate di chiusura al traffico nei grossi centri urbani).

Sul versante sostenibilità c’è un neo, abbastanza importante: le batterie. Queste macchine hanno bisogno di batterie dove tenere il “pieno” di energia elettrica. Le batterie ahimè (a seconda della tecnologia) richiedono metalli nobili come il litio (al momento l’elemento più usato). Si tratta di metalli le cui riserve in natura sono limitate, e la cui estrazione può avere effetti pesanti sull’ambiente, senza dimenticare gli aspetti etici, dato che spesso le riserve di metalli rari si trovano in paesi in via di sviluppo dove i minatori sono spesso sfruttati. C’è da sperare che la tecnologia delle batterie evolva rapidamente  (e anche le tecniche di riciclo delle stesse) – come in effetti sta avvenendo.

Un aspetto importante (che contribuisce a rendere il bilancio di emissione di CO2 favorevole per le macchine elettriche rispetto a quelle a combustione interna) è la maggior efficienza energetica. Studi hanno calcolato che il tipico motore a scoppio a benzina usa solo il 15% circa del contenuto energetico del combustibile consumato (il diesel arriva fino al 20%). I motori elettrici bypassano questo problema (che comunque rimane “a monte” a seconda di come sia stata prodotta quell’energia elettrica, ma c’è da dire che i grandi stabilimenti per la produzione di energia elettrica, restano comunque più efficienti del piccolo motore a scoppio dentro un veicolo). L’efficienza dei motori elettrici (le perdite sono dovute principalmente a inefficienze nell’approvvigionamento delle batterie) è invece dell’80%.

A conti fatti, l’impressione è che una riconversione del parco mondiale delle auto in elettriche avrebbe comunque un bilancio positivo dal punto di vista della sostenibilità ambientale, ma forse c’è qualche aspetto che mi sfugge, e chiedo ai lettori di dar voce a opinioni, dubbi, domande.

Una delle aziende europee che più decisamente sta puntando sui motori elettrici è la Renault. Fiat invece già da qualche anno, nel settore ecologico ha deciso di puntare tutto sulle auto a metano. Dal punto di vista ecologico non è il massimo, nel senso che ci lascia dipendenti dai combustibili fossili (anche se il metano rispetto alla benzina e  al gasolio produce meno gas serra). Se questa sia stata una mossa saggia, lo scopriremo presto (francamente  a me pare di no, ma smentitemi pure).

Una curiosità: le auto elettriche non sono un’invenzione dell’ultima ora, anzi proprio all’inizio della storia del mercato dell’automobile esistevano già. Negli Anni novanta del diciannovesimo secolo una macchina elettrica fu la prima a superare la barriera dei 100 chilometri orari, e questo tipo di macchine erano largamente usate in ambito urbano soprattutto. Successivamente furono soppiantate da quella con il motore a scoppio, perché in un’epoca in cui non c’era carenza di carburante e non ci si preoccupava dell’inquinamento, queste erano sicuramente più efficienti, più semplici da costruire e soprattutto era più semplice l’approvvigionamento energetico.

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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.