FOTOGRAFIAPOLITICA

La città della Pazzia

«La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere»

POLITICA – Parole di Franco Basaglia (1924-1980). Dal quale prende il nome la legge 180 del 13 maggio 1978 che in Italia sancisce la chiusura dei manicomi, regolamentando il trattamento sanitario obbligatorio. Manicomi intesi, nella testa di Basaglia, come ideologia sociale di costrizione. Riuscì a provare che esisteva un modo diverso di stare vicino alle persone.

Sono passati 32 anni da quella legge. Cosa è successo alle strutture che ospitavano i pazienti? Cosa rimane dei manicomi italiani?

Una delle strutture più grosse dell’epoca sorge a pochi chilometri da Milano, dove inizia la Brianza sulla collina di Mombello, nel comune di Limbiate, all’interno di un parco dove sorge la settecentesca Villa Pusterla-Crivelli.  Da bambino sentivo parlare del manicomio ma non sapevo neanche con esattezza dove si trovasse, nascosto dal bosco e da una certa diffidenza (mal celata) delle persone a rivelarmi particolari più dettagliati del luogo. Era arrivato il momento di vedere con i miei occhi e l’ho fatto con il modo che mi viene più naturale; la fotografia. In questo caso declinata in stile moderno; non una mostra fotografica (a cui però sto pensando) ma una galleria di immagini digitali.

Oggi la struttura sanitaria Giuseppe Antonini è stata quasi del tutto smantellata: rimangono le mura che circondano un parco, edifici spesso inagibili, le sale spoglie, armadietti vuoti, materassi di chi qui trova un rifugio per la notte, vetri rotti e i nomi di qualche paziente anneriti dalla polvere. E tanto silenzio. Il vuoto di una memoria che rimanda ai nomi di Napoleone Bonaparte che in questi edifici fissò la sua dimora durante la campagna d’Italia e di Benito Albino Bernardi, classe 1915, «di razza ariana». Che  muore alle ore 8 del 26 agosto del 1942 nel manicomio di Limbiate. Era il primogenito maschio del duce.

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