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L’incubo delle corone di spine

Dal 1981, la Grande Barriera Corallina lungo la costa del Queensland, in Australia, è patrimonio mondiale dell’umanità. L’anno scorso, sulla rivista Coral Reefs, una ricerca di Katherine Fabricius – dell’Australian Institute of Marine Science – collegava le invasioni più frequenti di Acanthaster planci all’aumento degli effluenti carichi di pesticidi e altri inquinanti. E questi sono riversati in mare a dosi massicce dalle alluvioni

Negli ultimi 200 anni, le invasioni della stella a corona di spine sono passate da una ogni mezzo secolo a una ogni 15 anni; dal 1985 riducono in media dello 0,5% all’anno l’estensione della barriera (qui in un video del National Geographic). Può sembrare poco, su 344.000 chilometri quadrati, ma si aggiunge ad altri guai. L’Oceano indiano diventa più caldo, e meno basico via via che assorbe la CO2 che ne modifica il pH, i coralli. Alluvioni più frequenti riversano in mare acqua dolce, nutrienti e inquinanti tossici per i coralli, ma che favoriscono, oltre alla crescita del fitoplancton e di alghe opportuniste, la riproduzione di quella stella marina, grande e velenosa. In un anno rilascia fino a 60 milioni di larve all’anno che crescono per tre anni in mezzo ai coralli e da adulte li mangiano.

Di solito, dopo due  generazioni le corone di spine tornano rare e in 25 anni i coralli si riprendono. Questa volta ce la faranno? Patiscono ancora delle alluvioni del 1991, delle perdite di petrolio, di incidenti come quello della Shen Neng 1 affondata con il suo carico di carbone  nell’aprile scorso. L’anno prossimo, le larve nate dalle alluvioni dell’inverno 2008-2009 saranno adulte, e nel 2014 quelle che nascono ora. L’Australian Institute for Marine Science ha annunciato di aver “attivato un programma coordinato di monitoraggio della qualità delle acque”. Non può fare altro che star a guardare, perciò in un’intervistaNature, Katherine Fabricius parla di “incubo”: l’unico modo per controllare l’esplosione demografica dell’A. planci senza inquinare ulteriormente la barriera è di iniettare loro, una per volta, una soluzione di idrosolfato di sodio.

Foto: Paleos.org

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