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Piovono note

Anche la filosofia dell’industria musicale si muove in direzione della “nuvola”: saremo pronti ad alleggerire i nostri dispositivi da GB di Mp3?

FUTURO – Pochi giorni fa Nokia annunciava la chiusura di Ovi music, il servizio che permetteva di scaricare musica gratis per un anno acquistando alcuni modelli di cellulare. Il colosso dei telefoni non ha retto alla concorrenza di iTunes, il negozio di musica on-line della Apple e gli analisti danno la colpa al DRM (Digital Rights Management), il sistema di protezione del diritto d’autore che limita fortemente la libertà dell’utente, ad esempio impedendogli di esportare il file (di cui è regolare proprietario) su alcuni dispositivi e esercitando di fatto un controllo a distanza che impedisce la creazione e la distribuzione via Internet di copie non autorizzate.

Immaginate invece di avere a disposizione una libreria on-line di brani musicali e di ascoltarli in streaming ovunque vi troviate  semplicemente collegandovi al vostro account via Internet da televisori, smartphone e console.

Musica on demand quindi, ma con un limite: la musica è nella nuvola (cioè distribuita nei server della Rete) e lì rimane, non potete scaricarla e archiviarla su un hard disk o su un lettore MP3.

Potrebbe suonare come una fregatura, ma pensiamo a Youtube: quando ci imbattiamo in un video che ci piace, la maggior parte delle volte non lo scarichiamo di certo sul nostro PC, sappiamo che il video è tra i nostri preferiti o che, con pochi secondi di ricerca, lo possiamo rivedere ovunque ci troviamo.

Da tempo esistono dei servizi cloud-based per lo streaming musicale e anche Google Music (simile ad iTunes) ne offre uno, ma ora anche il colosso Sony lancia a livello internazionale il servizio Qriocity Music Unlimited, tramite il quale (sottoscrivendo un abbonamento) si accede alla propria libreria multimediale a patto che lo si faccia da un dispositivo Sony. Come detto in precedenza, l’azienda ha scelto di non consentire in alcun modo il download delle canzoni (6 milioni di brani, a cui si aggiungono le web-radio), ma sarà possibile sincronizzare la musica già in nostro possesso con quella nella nuvola, sempre che non sia protetta da DRM e che sia già tra i milioni di brani in possesso della Sony.

Nell’attesa di vedere se questo approccio radicale avrà più successo di Ovi Music, bisogna riconoscere comunque un certo coraggio alla Sony per aver lanciato un servizio totalmente cloud nel nostro paese, dove c’è ancora tanta strada da fare per colmare il digital divide.

Da Napster in poi il rapporto fra musica e internet è andato complicandosi sempre di più.

Le major hanno capito che la lotta senza quartiere alla pirateria è una battaglia persa in partenza e che per rilanciare il mercato si deve entrare nella tana del leone (la Rete) e proporre servizi nuovi non versioni a pagamento di quello che, arrangiandosi, si può ottenere gratis.

Da ricordare a questo proposito una scena del film The Social Network (2010) dove il fondatore di Napster, Sean Parker, sta parlando col fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, sostenendo di aver cambiato il mondo con il suo sistema di file-sharing per la musica.

Quando il socio di Mark, Eduardo Severin, interviene facendogli notare che il sito è stato chiuso e quindi l’idea è stata un fallimento, Parker ribatte:

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Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, mi sono formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrivo abitualmente sull’Aula di Scienze Zanichelli, Wired.it, OggiScienza e collaboro con Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione. Ho scritto col pilota di rover marziani Paolo Bellutta il libro di divulgazione "Autisti marziani" (Zanichelli, 2014). Su twitter sono @Radioprozac