CRONACA

Scoperti i depositi dell’eruzione che causò l’estinzione del Permiano

È stata trovata una correlazione tra l’eruzione del cosiddetto Trappo siberiano e l’estinzione di massa avvenuta circa 250 milioni di anni fa e i successivi sconvolgimenti dei cicli biologici e chimici.

NOTIZIE – Non è ancora una certezza, ma il motivo della più grande estinzione della storia della Terra potrebbe essere confermato: la gigantesca eruzione di una serie di vulcani noti come Trappo siberiano che coprono un’area di 2 milioni di chilometri quadrati, cioè più grande dell’Europa, e che si trovano dove oggi c’è la Siberia.

Nella grande estinzione del Permiano scomparvero in poco tempo oltre il 90% delle specie marine, il 70% dei vertebrati, e molti insetti. In totale furono distrutti il 57% di tutte le famiglie di organismi viventi e l’83% dei generi. Una tale perdita di biodiversità non si è mai più verificata nella storia del nostro pianeta.

Il mondo allora era molto diverso, i continenti non erano ancora suddivisi come adesso e formavano tutti insieme il supercontinente Pangea. Proprio all’estremo nord orientale del Pangea avvenne l’eruzione che scaraventò nell’atmosfera enormi quantità CO2, fumo e cenere, e rilasciò più di mille miliardi di tonnellate di lava e 1012 tonnellate di carbone. Le ceneri contenenti il carbone viaggiarono e si depositarono fino nella zona che è ora l’artico canadese e dove sono state appunto trovate dai ricercatori Stephen Grasby, Hamed Sanei, del Geological Survey del Canada, e Benoit Beauchamp dell’Arctic Institute of North America di Calgary.

Già si ipotizzava una relazione tra l’eruzione e l’estinzione ma non si erano mai trovate tracce concrete che ne testimoniassero il legame diretto. Ora invece i ricercatori canadesi hanno verificato la presenza di carbone di origine terrestre nei sedimenti marini. Questi depositi indicano che un grande quantitativo di residui sono stati depositati nelle rocce del Permiano in un periodo immediatamente precedente l’estinzione di massa. Questi depositi sono molto simili alle ceneri volanti che si ottengono dalla combustione del carbone, per esempio nelle centrali termoelettriche, e che sono tossiche per l’ambiene marino.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature Geoscience il 23 gennaio (Nature Geoscience, 2011; DOI: 10.1038/ngeo1069)

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