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Piante antiterrorismo

Piante geneticamente modificate per rilevare la presenza di esplosivi e inquinanti diventano realtà

FUTURO – In apparenza sembrano normali piante di Arabidopsis o di Tabacco, ma se nelle vicinanze c’è del tritolo, i fusti e le foglie iniziano a scolorirsi e diventano bianchi. Hanno la stessa sensibilità del naso di un cane, ma non necessitano di alcun addestratore: tutto quello che serve loro per segnalare una bomba è stato scritto nel DNA.

Le hanno create all’Università del Colorado e rappresentano il coronamento di otto anni di ricerche che uniscono botanica e protein design.

L’idea di creare delle piante che funzionino da segnalatori viene direttamente dalla natura. […] Le piante non possono scappare o nascondersi dai pericoli, quindi hanno sviluppato sofisticati meccanismi per rilevare e reagire a ciò che si trova nel loro ambiente. Abbiamo “insegnato” alle piante a individuare quello che ci interessa e rispondere in modo che tutti possano vedere, per dirci se c’è qualcosa di pericoloso nei paraggi.

Così la prof. June Medford, Colorado State University (nella foto assieme Peter Bowerman, uno dei ricercatori coinvolti) riassume le premesse e i risultati del proprio lavoro pubblicato su PLoS ONE, ma come ci si è arrivati?

Il primo passo era fare in modo che la risposta delle piante fosse effettivamente visibile. Per questo è stato creato appositamente un gene che una volta attivato dà il via a una reazione che distrugge le molecole di clorofilla e contemporaneamente ne impedisce una nuova sintesi. Come risultato, gradualmente la pianta diventa bianca.

Questo traguardo era già stato raggiunto nel 2003, il passo successivo era fare in modo che le piante rispondessero a specifiche molecole e per iniziare ci si è concentrati sul tritolo (TNT).

I ricercatori hanno sfruttato una classe particolare di proteine comune nei batteri, cioè quella delle PBPs (proteine leganti le penicilline). Queste possono essere modificate per legarsi specificamente a moltissime molecole e i ricercatori le hanno appunto costruite per legarsi al TNT. Questo design non è però avvenuto in vitro in vivo, bensì in silico, cioè usando un programma per computer: solo dopo le istruzioni per sintetizzare le nuove PBPs, su misura per avere il tritolo come ligando, sono state inserite nel DNA di Escherichia coli e infine in quello della pianta.

Dopo anni di lavoro, il DNA è  stato riprogrammato per innescare, una volta formatosi il complesso PBP-ligando, lo “sbiancamento” della pianta, che si verifica nel giro di un paio d’ore (il tempo è variabile a seconda della concentrazione di TNT e quindi proporzionale alla distanza dalla fonte).

 

La ricerca è stata portata avanti grazie ai fondi del DARPA (Defense Advanced Research Project) nell’ambito del programma BIOS (Biological Input/Output Systems) mirato allo sviluppo di organismi geneticamente modificati affinché le loro reti metaboliche possano essere sfruttate per operazioni “logiche”, come appunto è la risposta visiva di una pianta alla presenza di una determinata molecola.

DARPA e gli altri finanziatori sono tutte agenzie legate alla difesa e all’antiterrorismo, ma nello studio gli autori sottolineano che con gli stessi metodi si possono creare PBPs specifiche per legarsi alla maggior parte delle molecole di piccole dimensioni, e che di conseguenza possono essere sviluppate piante che segnalino determinati agenti inquinanti.

Per ora le piante non sono uscite dal laboratorio e le ricerche di Medford e colleghi non si possono certo ritenere terminate, ma già nei prossimi anni i primi semi potrebbero essere messi in vendita e le piante collocate intorno a scuole, aeroporti o altri obiettivi sensibili, e avrebbero il vantaggio di essere molto più discrete di un pastore tedesco o di altre misure antiterrorismo.

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Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, mi sono formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrivo abitualmente sull’Aula di Scienze Zanichelli, Wired.it, OggiScienza e collaboro con Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione. Ho scritto col pilota di rover marziani Paolo Bellutta il libro di divulgazione "Autisti marziani" (Zanichelli, 2014). Su twitter sono @Radioprozac