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Il doping in prima pagina

CRONACA – Vi è mai venuto in mente di conservare il vostro sangue in frigorifero per poi iniettarvelo e migliorare le prestazioni sportive? A voi forse no, ma sulle pagine dei giornali di questi giorni si sta parlando molto di autoemotrafusione, per il caso del ciclista Riccardo Riccò, il quale, colto da malore, ha dichiarato ai medici di essersi praticato una trasfusione utilizzando il proprio sangue, conservato in frigorifero per 25 giorni. Le condanne da parte di altri sportivi sono già arrivate, ma per emettere il verdetto definitivo aspettiamo i risultati delle indagini che stanno svolgendo sia la procura di Modena, sia quella sportiva del Coni.

Se l’ipotesi di doping fosse confermata, questa non sarebbe la prima volta che Riccò ricorre al doping, infatti nel 2008 era risutato positivo al test per rilevare il Cera nel corso del Tour de France e condannato dalla procura antidoping italiana. Oggi rischia una condanna civile per violazione della legge antidoping e la radiazione in ambito sportivo. Ma questo non è che  l’ultimo di una serie di casi (veri o presunti) che interessano tutti gli sport (o quasi).

I ciclisti positivi ai test antidoping non sono una novità. Sebbene non siano gli unici colpevoli, non possiamo non ricordare corridori famosi, come Ivan Basso e Marco Pantani, la cui splendida carriera fu interrotta nel 1999 da un valore di ematocrito troppo alto.

Il doping non è solo un male del ciclismo, come rivelano anche le statistiche pubblicate ogni anno da enti come la World Anti-Doping Agency (Wada), e anche l’atletica ha i suoi casi famosi, primo fra tutti Ben Johnson. All’abuso di steroidi rilevato nel corso dei giochi olimpici di Seul del 1988 è seguito il ritiro della medaglia d’oro e l’annullamento del record dei 100 metri piani. A seguito della confessione di Marion Jones che nel 2007 dichiarò di fare uso di sostanze dopanti dal 1999, il comitato olimpico internazionale ha ritirato e riassegnato le medaglie vinte dall’atleta.

Nell’atletica, come nel nuoto e in altri sport, sorprendono i continui miglioramenti delle prestazioni e il raggiungimento di sempre nuovi record. Gli atleti tagliano il traguardo secondi o frazioni di secondo in meno ad ogni gara e, secondo alcuni, questo non può essere spiegato sempre con le nuove tecnologie delle attrezzature e dell’abbigliamento.

Proprio per regolare e armonizzare normative e controlli a livello internazionale, nel 1999 è stata istituita la Wada, il cui scopo principale è di promuovere la cultura dello sport senza doping, la ricerca in questo campo e l’educazione sociale. Una delle campagne promosse riguarda ad esempio la definizione di linee di condotta comuni a livello internazionale per la lotta al doping, grazie anche alla stesura del World Anti-Doping Code e alla definizione di linee guida e standard condivisi in tutti gli sport e in tutti i paesi.

La Wada e la International Cycling Union hanno anche promosso l’utilizzo del passaporto biologico del ciclista, che registra i risultati dei test che l’associazione promuove anche in contesti differenti dalle competizioni ufficiali per tracciare il profilo personale di ciascun atleta.

Il ciclista Damiano Cunego è testimonial della campagna internazionale I’m doping free, il cui simbolo è una faccia che ride e, come dichiarato dallo stesso Cunego alla Gazzetta dello Sport, “L’abbiamo scelto perché il doping fa piangere. Chi porta il tatuaggio non avrà bisogno di piangere, perché non bara”. Sono molti gli sportivi che vi hanno aderito. Ciclisti, nuotatori e rugbisty, per cercare di sensibilizzare, soprattutto gli atleti più giovani, al fenomeno del doping, facendo capire che lo sport è sacrificio e che le vittorie si raggiungono con l’allenamento ed il sacrificio, ma soprattutto con il rispetto delle regole e degli avversari.

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