CRONACAPOLITICA

Il placebo non è innocuo

NOTIZIE – E se usato a sproposito lede i diritti del cittadino.

Ahimè, è tutto in tedesco, per cui non sono in grado di leggere il report originale dell’Associazione dei Medici tedeschi (per chi masticasse la lingua, lo trovate qui). La notizia è però rimbalzata sui media in lingua inglese, e credo sia interessante rifletterci un po’. Almeno metà dei medici tedeschi dell’Università di Medicina di Hannover hanno dichiarato che prescriverebbero placebo ai loro pazienti (per esempio vitamine o rimedi omeopatici). Anche circa la metà dei medici che hanno partecipato a un’indagine Svizzera ha dichiarato lo stesso.

Che i medici ricorrano spesso al placebo per curare i piccoli malanni di pazienti che essenzialmente cercano un po’ di comprensione e “cura” dal proprio medico non è una novità. Una ricerca del genere in Italia non è stata fatta, ma l’anedottica medica vuole questa pratica diffusa anche nel nostro paese (bello sarebbe che qualcuno si occupasse di fare una verifica sistematica). Nel 2008 è uscita una ricerca negli Stati Uniti dove si riportano statistiche molto simili a quelle tedesche.

E ok, il fine giustificherebbe i mezzi: disturbi lievi inutile curarli con farmaci “veri” che hanno più controindicazioni della malattia che vanno a trattare.

Eppure, eppure… a me questo discorso indispone. Pesantemente. Sarà perché sono “rigida”, come ogni tanto le persone care mi fanno notare, ma credo che non tutti si rendano conto delle implicazioni pericolose che entrano in gioco quando un medico si permette di mentire al paziente.

L’atteggiamento paternalistico di chi si occupa di te, (a scapito della tua intelligenza e del tuo libero arbitrio, sciocchino, è per il tuo bene) può apparire (per cose di così poco conto come un raffreddore) “benefico”. È un po’ come quando mamma e papà ti dicono una piccola bugia per il tuo bene. A parte il fatto che in linea di massima non condivido questo atteggiamento nemmeno verso i minori (però, vabbé, rilassiamoci…) qui si parla di adulti senzienti. E non di poco conto, mentire ai pazienti è CONTRO LA LEGGE (a partire dall’articolo 32 della Costituzione Italiana e tutto quello che ne consegue), nonché in antitesi con le direttive europee in materia di consenso informato.

Ci si sta facendo un *** così per cambiare tutto un modo “vetero” di intendere l’assistenza medica, e cioè quello in cui il medico (o il sistema) la fa da padrone e impone al paziente/cittadino cure e pratiche che magari non desidera – si aprono qui fiumi di discorsi su terapia del dolore, testamento biologico, trattamento delle malattie (e soprattutto dei malati) terminali, vaccini, fecondazione assistita, ecc. Ci si sta adoperando in ogni modo perché finalmente il cittadino sia padrone e responsabile di se stesso. Una strada difficile, sulla quale è importante sviluppare un discorso in ambito etico che non sia dogmatico e che tenga conto con serietà del benessere e dei diritti di ciascuno. Non è facile cambiare (anche sul versante legislativo), ma passo dopo passo le nazioni (in questo caso mi riferisco a quelle europee, ma non siamo gli unici) si stanno adeguando, e pian piano anche la mentalità delle persone sta seguendo quest’onda di cambiamento.

Dicevo, ci si sta dando un gran daffare e cosa succede? I medici allegramente bypassano la legge, e come dei “buoni padri” (o madri, non voglio farne una questione di genere) si arrogano il diritto di decidere che una piccola bugia a fin di bene in fondo non è così grave. Io lo trovo gravissimo e mi fa arrabbiare. Le conseguenze saranno anche minime, e in questo caso positive, ma si tratta pur sempre di azioni “arbitrarie” non regolamentate dalla legge e che in qualche modo limitano la libertà del cittadino. È profondamente antietico far credere a qualcuno che sta assumendo un farmaco (che tra parentesi paga e nella quale ripone le sue speranze) quando invece si tratta di acqua fresca.

In più si tratta di un uso non scientifico del placebo, che viene prescritto a casaccio senza alcun parametro, basandosi sul buon senso del medico e poco più. Esiste (come non finirò mai di ribadire) un importante filone di ricerche sull’applicabilità dell’effetto placebo come terapia, dove ampio spazio viene dedicato al problema etico della “bugia” detta al paziente. Ci sono dati interessanti che dimostrano che tale effetto può funzionare anche se il paziente viene informato, ed è questo il fronte su cui si deve lavorare.

Il fine giustifica i mezzi, ribadirà qualcuno. Se serve a far prendere meno farmaci alla gente ben venga. Ma, chiedo io, è questo l’unico metodo? Dobbiamo violentare i diritti del cittadino per ottenere un uso comune dei farmaci meno scriteriato? Non sarebbe più giusto operare sul fronte dell’informazione e dell’educazione all’uso dei farmaci?

 

 

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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.